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Crisi

Sapir: Francia, Disoccupazione e Rabbia

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Post da Voci dall’Estero

Sul suo blog, Sapir fa il punto della situazione francese, tra disoccupati in aumento e crescita ferma al palo. Ricorda come tutto questo fosse prevedibile (e da lui previsto) e che la situazione non potrà che peggiorare. L’unica soluzione alla  drammatica crisi francese (non  molto diversa dalla nostra) è l’uscita dall’eurozona. Una mossa che Hollande rifiuta per ragioni ideologiche, a danno dell’intera Francia e anche di se stesso, quando la rabbia popolare diventerà irrefrenabile. 
Le statistiche sulla disoccupazione sono state pessime per il mese di maggio. Per i lettori di questo blog, questa non è esattamente una sorpresa. E’ quasi da due anni che spiego, con argomenti a sostegno, perché la politica economica messa in atto dal governo non è capace di produrre un’inversione di tendenza. La crescita rimane ancora oggi molto bassa, L’INSEE la prevede per il 2014 allo 0,7%. Tenuto conto del rallentamento della crescita negli Stati Uniti, non è purtroppo impossibile che si scopra a fine anno che il dato reale sarà più vicino allo 0,5%. In ogni caso, questi numeri non sono in grado di fermare la marea nera della disoccupazione (ci vorrebbe una crescita di almeno 1,3%) e provocheranno automaticamente una crescita del disavanzo pubblico. Il governo ha rivisto il suo obiettivo al 3,8% del PIL. Tenuto conto dell’impatto di una crescita inferiore a quanto previsto, il dato reale sarà probabilmente compreso tra il 4% e il 4,2%. Ciò significa che la popolazione francese, che continua a crescere ad un ritmo costante, continuerà nel frattempo a impoverirsi.Disoccupazione_e_rabbia_grafico_1

Gli investimenti continuano a diminuire, la competitività dell’industria francese ne sarà anch’essa interessata. In realtà ci sono due ragioni per questo calo. In primo luogo, i margini delle aziende sono ai minimi, mentre i tassi di interesse reali (la differenza tra tasso d’interesse e inflazione) tendono a salire. Le aziende non hanno di che investire. Ma, d’altra parte, le prospettive in Francia e all’estero sono talmente deprimenti che se anche le aziende avessero liquidità non investirebbero comunque.  Aggiungiamo un terzo motivo, per buona misura. Gli investimenti privati dipendono in buona parte da quelli pubblici. Questi ultimi creano un ambiente psicologico favorevole e hanno anche effetti sulla riduzione dei costi (in particolare sviluppando le infrastrutture) incoraggiando le imprese private a investire. Tuttavia, per ridurre a tutti i costi il deficit e per conformarsi ai diktat delle autorità dell’eurozona, l’austerità ha tagliato soprattutto le spese per investimenti.
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Gli incrementi di produttività, che sono essenziali per la competitività dell’economia, dipendono dagli investimenti produttivi. Vediamo allora che nella situazione attuale la Francia sta in realtà erodendo il proprio capitale, il che significa, negli anni a venire, una deindustrializzazione accelerata, con conseguente ulteriore forte aumento della disoccupazione.
Comprendiamo allora perché le ultime cifre non sono sorprendenti. Ma esse non sono per questo meno drammatiche. Si può vedere che diverse categorie di candidati per i lavori (e non solo i ‘disoccupati’) sono in costante aumento: non solo la categoria ‘A’, che serve anche come riferimento, ma anche le categorie B e D (che corrispondono alle persone che hanno rinunciato alla ricerca di un lavoro o che lavorano meno di 70 ore al mese), e infine quelli che possiamo chiamare i “semi-disoccupati”, ossia le categorie C ed E, dove troviamo i dipendenti “aiutati” dal governo.
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Nel maggio 2014, la categoria “A” comprende 3.883.900 persone, le categorie B e D (che sono disoccupati ‘mascherati’) 944.400 persone, per un totale di 4,33 milioni di persone. Se aggiungiamo le persone depennate e scoraggiate dalla situazione economica, è probabile che in Francia a maggio ci fossero 4,8 milioni di disoccupati. Questi rappresentano il 16,7% della popolazione realmente attiva, mentre i calcoli ufficiali sono fatti solo sulla categoria “A”.
Quindi, dal mese di maggio 2012, data di elezione del Presidente Hollande, il numero dei disoccupati (ai sensi delle categorie A + B + D) è aumentato di 550.000 unità, ossia 764 disoccupati in più al giorno.
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Questa osservazione è certamente la critica peggiore e più radicale per un Presidente che è stato eletto proprio sul tema della lotta contro la disoccupazione (e anche della lotta contro la finanza,  bisogna ricordarlo?). In queste condizioni, è chiaro che la sua delegittimazione è ormai affermata e con essa, quella della maggioranza socialista uscita delle urne nel giugno 2012. È quindi più che probabile che lui e il suo primo ministro di (s)fortuna dovranno affrontare un aumento e una radicalizzazione della rabbia ad inizio autunno. La possibilità di una crisi parlamentare, che porti alle elezioni anticipate, è ormai reale. Ma la questione di fondo non è questa, pur se importante. L’unica soluzione per far uscire l’economia francese della crisi e la società francese del caos sarebbe un’uscita dell’eurozona (o il suo scioglimento) che permetterebbe una svalutazione, riportando il contatore della competitività indietro al livello del 1998-2000. Partendo da questo, e date le prospettive dell’economia francese, potremmo attenderci una ripresa e la creazione di nuovi posti di lavoro (entro 6 mesi) e nuovi investimenti (entro un anno). Questo è stato dimostrato molte volte, soprattutto in questo blog. È paradossale che un uomo abbia a portata di mano la soluzione dei problemi della Francia, e che la ignori per ragioni che sono essenzialmente ideologiche. A meno che, semplicemente, questa decisione gli ripugni. Se è così, deve trarne le conseguenze e andarsene di sua iniziativa, prima che la rabbia popolare commetta l’irreparabile.

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