Attualità
Sanzioni sul carbone: si rischia di avere un mercato stretto e volatile
Ormai è chiaro che qualsiasi sanzione venga applicata alla Russia viene ad avere un contraccolpo anche sui paesi occidentali che le applicano che sarà tanto maggiore quanto più grandi erano i legami economici fra le parti.
In effetti, la minaccia rappresentata dalle sanzioni alla Russia per la sicurezza energetica dell’Europa ha lasciato i leader europei immobili e in difficoltà per concordare come, cosa e quanto boicottare. Incapace di raggiungere un accordo sul petrolio e gas russo, che forniscono quasi la metà delle importazioni di energia dell’Europa, l’Unione europea ha accettato di iniziare con un divieto di importazione di carbone russo a partire da agosto. Per quanto i valori in gioco fossero minori, comunque potevano creare degli squilibri fra i vari paesi UE
Il problema è che la stretta sul carbone viene a coincidere con un momento in cui il suo naturale sostituto, il petrolio, rimane ad un prezzo molto elevato, per cui il fossile solido rimane comunque al centro dell’offerta energetica per molti paesi. Nel solo 2021, le importazioni europee di carbone russo sono aumentate del 22,4%. I prezzi del carbone sono già vicini a un livello record e l’instaurazione del boicottaggio europeo non farà che peggiorare le cose.
La mossa danneggerà sicuramente Putin, ma restringerà il mercato. Ad aumentare la tensione sul mercato vi è la decisione del Giappone di Fumio Kishida di unirsi al blocco occidentale e bloccare gli acquisti di carbone e petrolio russo a causa del conflitto in Ucraina.
Ciò significa che alcuni dei maggiori consumatori di carbone del mondo competeranno in un mercato già ristretto per nuove forniture di carbone. I principali esportatori mondiali di carbone, Australia e Indonesia, hanno già raggiunto i propri limiti di produzione e il Sudafrica, un altro importante produttore di carbone, sta affrontando problemi logistici nelle proprie catene di approvvigionamento di carbone. Secondo Fortune, l’Unione Europea probabilmente guarderà agli Stati Uniti e alla Colombia per le importazioni di carbone ad agosto, e Germania, Polonia e Repubblica Ceca aumenteranno i loro livelli di produzione interna. Anche la Cina aumenterà enormemente i suoi livelli di produzione. Sebbene Pechino non esporterà carbone di produzione nazionale, l’aumento della produzione ridurrà la domanda di importazioni internazionali, liberando così una parte dell’offerta sul mercato globale per le altre nazioni che si affrettano a mantenere le luci accese senza tagliare un assegno al Cremlino. Comunque, tagliando fuori Russia e Ucraina, il mercato del carbone appare molto più sottile e quindi anche molto più volatile e costoso.
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