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Sadomesochismo

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Viviamo in un mondo talmente complesso e iper-specialistico da aver perso il lume della ragione. “Ragione” intesa come capacità di mettere insieme il pranzo della logica con la cena del buon senso. Imbottiti come siamo di cifre, virgole, percentuali e tecnicismi, seppelliti come siamo da chilometri e chilometri di scartoffie, emendamenti, raccomandazioni, pareri, premesse, articoli e commi, non riusciamo più neppure a vedere i monumentali paradossi da cui siamo avviluppati. Il MES, da questo punto di vista, è davvero esemplare. Dovrebbe essere una specie di prestatore di ultima istanza per i paesi europei, cioè una istituzione deputata a rifornire di liquidità i membri della Ue in caso di grave crisi.

Solo che i denari li prende, a titolo gratuito e a fondo perduto, dagli stessi membri della Ue cui dovrebbe poi prestarli. E prestarli solo a prezzo di riforme che, al confronto, le lacrime e sangue promesse da Churchill erano passeggiate di salute. Il che ingenera una serie di interrogativi da commedia dell’assurdo: l’Italia non ha i soldi neanche per tenere in piedi un cavalcavia, le basterebbe qualche decina di miliardi per rendere dignitose la sanità e la scuola e magari rilanciare l’economia, ma – si dice da ogni dove – i soldi non li ha. Quindi langue l’economia; e casca il cavalcavia.

E tuttavia, la stessa Italia deve garantire la disponibilità di centoventicinque miliardi sull’unghia da regalare a una istituzione di fatto “straniera”, composta da soggetti non eletti e “legalmente irresponsabili”, per rimpinguare un fondo da cui – se mai dovesse averne bisogno – sarebbe messa a novanta gradi e frustata col gatto a nove code. Capite che, se non siamo sulla lunghezza d’onda del Marchese de Sade, poco ci manca. A chi rimane un po’ di sale in zucca, resta anche la magra consolazione di farsi qualche domanda. Tipo: perché? Perché siamo arrivati a questo livello di perversione sado-masochistica applicata alla politica? Una prima risposta è proprio nella parola “sado-masochismo”: dove, per definizione, se c’è qualcuno che soffre, c’è anche qualcuno che gode. Il sistema di cui parliamo fa soffrire noi, ma fa godere, come ricci, certi altri. Trovateli e comincerete a capirci qualcosa. Conta capire, soprattutto, che la pazzia da cui siamo circondati è solo apparente, ed è (molto) raffinatamente studiata.

Una seconda risposta ha a che fare con l’abbrivio di questo pezzo:  abbiamo smarrito la capacità di ragionare di cui, pure, dovremmo essere – per tradizione  di filosofia e dialettica e genialità greco-romana – se non monopolisti, quantomeno primatisti. Lo dimostra, in modo icastico, l’incredibile risposta data da Gualtieri alla Commissione del Senato: “Come il Parlamento aveva richiesto, comunque il testo finale sarebbe stato sottoposto alla valutazione del Parlamento”; e, poi, subito dopo: “Se mi chiedete se il testo del MES è emendabile vi dico di no”.

È evidentemente una risposta illogica perché la prima e la seconda affermazione confliggono tra loro (salvo ammettere l’esistenza di questioni su cui il Parlamento è libero di “valutare”, ma non di decidere).  Per la precisione, è una sfida al principio di non contraddizione di Aristotele: «È impossibile che il medesimo attributo, nel medesimo tempo, appartenga e non appartenga al medesimo oggetto e sotto il medesimo riguardo». Concludendo: la ragione che valeva per Aristotele, oggi non vale più. E dobbiamo, comunque, farcene una “ragione” perché tutti gli altri hanno capito che, agli italiani, soffrire piace da matti.

Avv. Francesco Carraro

www.avvocatocarraro.it


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