“Vuoi sapere quando il dollaro crollerà? Guarda il sistema del petrodollaro e i fattori che lo influenzano”. Tale aspetto, a detta del Repubblicano Ron Paul , sarà di fondamentale importanza per l’economia mondiale, perché una volta che il dollaro perderà definitivamente il suo status di valuta di riserva, le conseguenze per gli Usa saranno disastrose.
“C’è di più: la distruzione del dollaro” ha proseguito Paul, “annullerà la ricchezza di molte persone, determinando conseguenze politiche e sociali probabilmente peggiori rispetto a quelle finanziarie”.
Il dollaro da e dopo Bretton Woods
Il ruolo del dollaro come valuta di riserva mondiale risale al 1944, con il sistema monetario internazionale di Bretton Woods . L’America, allora detentrice delle maggiori riserve d’oro al mondo (circa 717 milioni once), ha posto il dollaro al centro del sistema monetario mondiale, legando ogni valuta straniera al dollaro e il dollaro all’oro (con cambio fisso aureo a 35 dollari l’oncia).
Sul finire degli anni ‘60, la combinazione tra spesa pubblica esuberante e costi legati alle guerre, hanno portato la Federal Reserve a monetizzare i deficit, aumentato drasticamente il numero di dollari in circolazione per oro detenuto. La crescente inflazione generata ha dato una spinta ai Paesi esteri detentori di riserva monetaria statunitense, accelerando gli scambi tra dollari ed oro (ancora a $35 l’oncia). Il risultato è stato un grave salasso per la fornitura aurea degli Stati Uniti, che arrivarono a circa 290 milioni di once nel 1971.
Con la salita alla presidenza di Richard Nixon si è conclusa ufficialmente la convertibilità del dollaro in oro e, dunque, il sistema di Bretton Woods (15 agosto 1971): il valore preminente del dollaro nel commercio internazionale era sparito e la domanda di dollari da parte delle nazioni straniere iniziava a diminuire, così come il suo potere d’acquisto.
La creazione del sistema del petrodollaro
Con la necessità dell’ OPEC di trovare un metro di misurazione stabile per il petrolio, il dollaro ha reinventato il suo status di valuta di riserva mondiale, richiedendo d’essere utilizzato come moneta unica nelle transazioni internazionali.
Tra il 1972 e il 1974, gli Stati Uniti assieme al Governo saudita (scelto per le enormi quantità di petrolio a riserva e la sua rilevanza all’interno dell’OPEC) creano il sistema dei petrodollari. Da allora gli Usa attestano la loro influenza dominante sull’OPEC, garantendo che tutte le transazioni mondiali di petrolio avvenissero in dollari USA: chi non possedesse la divisa verde, dunque, non avrebbe più avuto accesso alla materia prima, motivo che ha reincentivato la detenzione di riserve in dollari.“Gli Stati Uniti sono solo un esattore, in una transazione che non ha nulla a che fare con un prodotto o un servizio offerto”. Questo, ha aggiunto Ron Paul, “si traduce in un aumento del potere d’acquisto statunitense e in un suo mercato più liquido e profondo”, che accostato al privilegio degli USA di poter stampare a volontà la propria moneta (per pagare i prodotti importati, oil compreso), li ha resi inattaccabili. “I vantaggi del sistema dei petrodollari negli Stati Uniti sono impossibili da eguagliare”.
Qualcosa (qualcuno) oggi è cambiato (e si chiama Putin)
Oggi, i fondamenti geopolitici del Medio Oriente stanno rapidamente cambiando: la posizione strategica regionale dell’ Arabia Saudita vacilla, l’Iran (che non fa parte del sistema di petrodollari) cresce e gli Stati Uniti non sono riusciti ad intervenire nel contrastare il potere della Russia come gigante dell’energia. Inoltre, la nascita delle nazioni BRICS (che racchiudono il potenziale dei futuri accordi economici) influenza la sostenibilità del sistema dei petrodollari.
“E’ necessario essere consapevoli di ciò che Vladimir Putin sta facendo. Putin desidera solo sabotare i petrodollari e sta stringendo alleanze in tutto il pianeta che, egli spera, lo aiuteranno a raggiungere il suo obiettivo”. E i dati parlano chiaro già fin da ora.
Arabia Saudita contro il dollaro: pro Cina e Russia
Allo stesso tempo, il rapporto tra gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita si sta deteriorando: i sauditi non sono soddisfatti dell’alleanza con gli Stati Uniti che, essi ritengono, non reggono la loro parte nell’accordo tra “petro” e “dollari”. Se infatti parte dell’impegno saudita consisteva nel commercio di petrolio nella sola divisa americana, gli Stati Uniti avrebbero dovuto mantenere la regione sicura dagli attacchi esterni e gli Stati Uniti avrebbero dunque già dovuto attaccare i rivali Siria e Iran .
Anche l’Arabia Saudita, primo produttore al mondo di petrolio (4.073 milioni di barili), inizia a non sentirsi più vincolata a sostenere la propria parte dell’accordo americano, vale a dire vendere il proprio petrolio esclusivamente in dollari. Questi, inoltre, sono già coinvolti in importati affari con la Cina e potrebbero presto espandersi verso la Russia: l’oli negoziato in rubli o yuan potrebbe presto dichiarare la morte del petrodollaro.
In conclusione, “Era evidente molto prima che Nixon chiudesse la finestra dell’oro e il sistema di Bretton Woods che un cambiamento di paradigmi nel sistema monetario globale sarebbe stato inevitabile prima o poi”.
“Sapremo che il giorno della fine si avvicina quando i Paesi produttori di petrolio richiederanno in pagamento oro, piuttosto che dollari o euro”. Una mattina, forse presto, gli americani si sveglieranno in una nuova realtà, come hanno fatto il 15 agosto del 1971.