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Romano Prodi: “un bel giorno ci sarà una crisi”

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Dopo aver ricordato le frasi di Giuliano Amato è bene ricordare anche quelle di un altro padre fondatore di questa UE, Romano Prodi. Fondamentale tenere a mente le confessioni di chi ci ha portato in questa crisi economica. Dobbiamo tornare addirittura al 2001 per apprezzare una dichiarazione resa al Financial Times che ha davvero dell’incredibile e che non deve essere dimenticata. Dopo 14 anni è più attuale che mai.

Leggete con attenzione: “Sono sicuro che l’euro ci costringerà a introdurre un nuovo insieme di strumenti di politica economica. Proporli adesso è politicamente impossibile, ma un bel giorno ci sarà una crisi e si creeranno i nuovi strumenti”.
Dunque Prodi lo da per certo: è sicuro che l’euro ci costringerà ad introdurre nuovi strumenti di politica economica. Costrizione e non scelta democratica, anzi scelta contro la democrazia visto che ricorda anche che allora quegli strumenti erano invisi ai cittadini e dunque politicamente impossibili. Ma poi, in quello che Prodi chiama un “bel giorno”, verrà una crisi che ci obbligherà a giungere allo scopo finale per cui è stato creato l’euro.
Ovvio che il costo, anche in vite umane della crisi, pone una simile affermazione nel novero delle dichiarazioni pacificamente criminali. Una lucida follia. Ma qui mi interessa approfondire un altro tipo di concetto, ovvero come l’euro abbia potuto innescare la crisi economica desiderata da gente come Prodi.

È fondamentale
, anche alla luce dell’apparente follia che ha portato Tsipras ad accettare l’accordo con i creditori (dico apparente perché spero sia ancora solo un modo per prendere tempo ma probabilmente mi illudo), capire che dentro l’euro non vi sarà mai ripresa. E per euro intendo non già un nome di una moneta ma quelle regole economiche che la sua adozione impone, sono quelle a rendere matematica la crisi. Crisi che innesca una precisa conseguenza politica: la paura necessaria a vincere le resistenze alle cessioni delle sovranità nazionali.


Cosa rende matematica la recessione nell’area euro? Semplicemente è il rispetto dei criteri di convergenza unito all’assenza di una banca centrale che possa fungere da prestatore illimitato di ultima istanza per gli Stati. 

Il protocollo n. 12 allegato al Trattato di Maastricht, fortemente voluto anche da Prodi, impone due vincoli che diventano assolutamente letali in qualsiasi economia priva di sovranità monetaria, ovvero priva della possibilità di creare, ovviamente dal nulla e senza limiti quantitativi, tutta la moneta necessaria al proprio funzionamento. I vincoli stabiliti per creare la crisi sono il tetto al deficit/pil annuo fissato nella misura del 3% e quello del rapporto debito pil fissato nella misura del 60%. Praticamente nessuno Stato UE ha mai concretamente applicato entrambi i parametri ma chi ha rispettato più assiduamente, anche il solo vincolo del 3%, come ad esempio ha fatto l’Italia, ha visto la propria economia morire.

Perché avviene questo? Si tratta di matematica elementare comprensibile anche con un pallottoliere. Eppure ci sono pseudo accademici che riescono a negare tutto ciò. Trattasi di una delle più grandi prove del successo della politica desiderata da Romano Prodi. Infatti addirittura alcuni professionisti sono stati cooptati dalla paura ingenerata con la crisi accettando che la via per risolverla sia proprio quella per cui la crisi è stata creata: far cedere sovranità agli Stati, rinunciare alla democrazia in favore del capitale. Poi per la verità vi sono anche tecnici in malafede, ma questo è un altro discorso. Ma torniamo ai parametri economici che ci hanno ucciso.

Il vincolo annuo del deficit entro il 3% sul pil ha imposto a molti Stati, tra cui l’Italia stessa, di tassare più di quanto spende, di fare il cosiddetto “avanzo primario”. Ovvero di sottrarre moneta dall’economia reale.
La quantità di moneta circolante è calata.

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Fonte del grafico: goofynomics.blogspot.it

Questo accade perché il 3% del pil annuo non bastava a coprire neppure il costo degli interessi passivi sul debito del nostro Paese che dunque ha appunto recuperato a tassazione ogni anno più di quanto spende al netto degli interessi. Chiaro che questa politica protratta per anni non poteva che comportare l’innesco di una crisi economica perché la moneta è diventata rapidamente meno di quella necessaria al funzionamento dell’economia reale ed al sostegno della domanda interna di un Paese.

Basta davvero un pallottoliere per capirlo. Se avete dieci palline che rappresentano la moneta circolante di un Paese ed ogni anno ne togliete una vi troverete in dieci anni senza più palline. La moneta non cresce nei campi, viene creata. Ergo se lo Stato la toglie possiamo solo prenderla indebitandoci privatamente con le banche commerciali o prenderla da altre nazioni attraverso le esportazioni. Purtroppo si diventa competitivi nelle esportazioni solo abbassando il costo dei prodotti che vengono venduti, ergo con la deflazione (abbassamento dei prezzi e dei salari).

Inoltre poiché per arrivare alla cessione totale di sovranità si vuole dare una stretta alla crisi, inasprirla e fare si che colpisca anche i Paese che sino ad oggi la hanno accusata in misura inferiore, il vincolo del 3% è stato ridotto passando allo 0,5% e si è imposto il rispetto effettivo anche del limite del 60% del debito complessivo rispetto al pil, parametro mai applicato dalla quasi totalità dei Paesi UEM (Germania compresa).
Con tale normativa, inserita nel Trattato meglio noto con il nome “Fiscal compact” (dopo un primo inserimento meramente regolamentare) si vuole dare il definitivo calcio nel sedere alla sovranità nazionale dei singoli Stati UE che così accetteranno quelle decisioni possibili solo in presenza di un crisi che, citando Monti, diventa “visibili e conclamata”. Ovvero il bel giorno in cui le nazioni europee cesseranno di esistere è ormai vicino, ecco cosa intendeva Prodi.

Hanno deciso di fare lo Stato Europa ed hanno deciso di farlo sopra e contro la volontà popolare. Peraltro hanno deciso di attribuire la sovranità della nuova nazione ai potentati finanziari dando un colpo di spugna alle Costituzioni democratiche.
Tuttavia recentemente lo stesso Prodi, forse resosi conto della tragedia dolosamente provocata, ha più volte espresso posizioni critiche su questi vincoli economici. Nel 2013 ad esempio ha detto: “Non è stupido che ci siano i parametri come punto di riferimento. È stupido che si lascino immutati 20 anni. Il 3% di deficit/Pil ha senso in certi momenti, in altri sarebbe giusto lo zero, in altri il 4 o il 5%. Un accordo presuppone una politica che lo gestisca e la politica non si fa con le tabelline”.
Il ragionamento è corretto. Quando ha senso fare austerità? Quando è in atto una spinta inflattiva che possa mettere in pericolo l’economia. Farla anche in deflazione è una scelta deliberata con cui si usa la moneta per ottenere risultati politici impossibili senza coercizione. Oggi l’Europa dovrebbe fare deficit annui molto maggiori per poter uscire dalla crisi causata dalla rarefazione monetaria. Probabilmente dopo vent’anni di avanzo primario servirebbe ben più di un deficit al 4 o al 5%. Si dovrebbe andare i doppia cifra per dare finalmente slancio alla domanda interna europea. E questo non creerebbe alcuna spinta inflattiva.

Invece la malafede delle istituzioni tecnocratiche di questa ridicola UE prosegue ed anzi si chiede ai leader di Paesi alla fame (vedi Tsipras) di incrementare l’avanzo primario nei prossimi anni così sottraendo ancora moneta ad un’economia allo stremo. Passano un piano che causerà una nuova violenta recessione in Grecia per un piano di salvataggio. Non dicono che è l’austerità ad aver ucciso la Grecia, Paese che aveva il bisogno strutturale di un deficit di bilancio ben più alto del 3% annuo. L’Europa avrebbe potuto tranquillamente sostenere il debito Greco ma non l’ha voluto fare, anzi ha voluto aggravare il problema affinché “un bel giorno verrà una crisi” così da imporre nuovi strumenti politici.

Quel “bel giorno è arrivato” ma somiglia tanto all’apocalisse. E non si vedono vie d’uscita perché anche i tecnici hanno iniziato a raccontare al pubblico che la Terra è piatta ed il Sole vi gira intorno. La diffusione di una grave forma di imbecillità economica è davvero il più grande successo dell’euro.

Svegliamoci!


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