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Energia

Riserve strategiche di petrolio: L’America (di Trump) ricomincia a comprare, la Cina ha fatto una scorpacciata

Mentre l’America di Trump cerca faticosamente di riempire le riserve strategiche svuotate da Biden, la Cina sta costruendo scorte record. Con il petrolio a prezzi bassi, Pechino accelera: ecco chi vince la vera partita energetica.

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L’amministrazione USA, guidata da Donald Trump, sembra voler approfittare di un momento di debolezza dei prezzi del greggio. Il Dipartimento dell’Energia (DOE) ha annunciato martedì l’intenzione di acquistare 1 milione di barili di petrolio da destinare alla Riserva Strategica (SPR), proprio mentre i benchmark globali toccano i minimi da diversi mesi.

Un’inversione di tendenza netta rispetto all’amministrazione precedente. Ricordiamo, infatti, che l’ex presidente Joe Biden aveva autorizzato vendite record dalla SPR, inclusa un’enorme cessione da 180 milioni di barili nel 2022, a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina.

Oggi, le riserve strategiche americane—custodite in caverne saline lungo le coste di Texas e Louisiana—sono scese a circa 409 milioni di barili, ben al di sotto della capacità massima stimata in 700 milioni. L‘acquisto di un milione di tonnellate è un segnale, ma è dimensionalmente quasi ininfluente.

Riserve petrolifere strategiche, da Tradingeconomics

 

La corsa a ostacoli del riempimento USA

Sebbene l’intenzione dell’amministrazione Trump sia chiara, il percorso per ricostituire le scorte non è semplice. I problemi sono principalmente due: fondi e manutenzione.

  1. Manutenzione: L’infrastruttura della SPR (pompe, tubature e impianti di superficie) è vecchia e costantemente esposta all’aria salmastra e corrosiva, richiedendo interventi continui.
  2. Fondi: Il recente disegno di legge su tasse e spesa ha stanziato solo 171 milioni di dollari per acquisti e manutenzione della SPR. Una cifra ben lontana dagli 1,3 miliardi di dollari originariamente previsti, che limita fortemente la capacità d’azione del DOE.

Il Segretario all’Energia, Chris Wright, ha confermato che l’amministrazione sta cercando di ottenere nuovi fondi dal Congresso. “Sebbene questo processo non sarà completato da un giorno all’altro”, ha dichiarato Wright, “queste azioni sono un passo importante per rafforzare la nostra sicurezza energetica e invertire le politiche costose e irresponsabili della scorsa amministrazione”.

Il tempismo dell’acquisto è dettato dal mercato. I prezzi sono ai minimi da maggio, con il WTI (il benchmark USA) che ha chiuso a 57,82 dollari al barile. Un calo dovuto alla produzione record statunitense e alla decisione dell’OPEC+ di confermare gli aumenti di offerta, alimentando timori di un eccesso di offerta (oversupply).

Prezzo petrolio WTI , da Tradingeconomics

L’altra partita: la mossa del Dragone

Mentre Washington cerca faticosamente di acquistare un milione di barili, Pechino gioca una partita completamente diversa. La Cina, infatti, sta costruendo siti di stoccaggio a un ritmo vertiginoso, una campagna accelerata dopo la crisi ucraina e proseguita nel 2025.

Secondo fonti pubbliche e analisi di settore (citate da Reuters), la strategia cinese è massiccia:

  • Aziende di Stato: Colossi come Sinopec e CNOOC aggiungeranno almeno 169 milioni di barili di capacità di stoccaggio.
  • Tempistica: Il piano di espansione si concentra tra il 2025 e il 2026.
  • Stato attuale: Di questa nuova capacità, 37 milioni di barili risultano già costruiti.

Per mettere il dato in prospettiva, una volta completati, questi nuovi siti da soli potranno immagazzinare l’equivalente di due settimane di importazioni nette di greggio cinesi. Un volume enorme, considerando che la Cina è il primo importatore di petrolio al mondo.

Pechino sta approfittando dei prezzi (recentemente sotto i 70 dollari) per fare incetta. S&P Global stima che la Cina abbia stoccato una media di 530.000 barili al giorno nel 2025.

Mentre gli USA tentano un riacquisto limitato dai fondi, la Cina sta assorbendo l’eccesso di offerta globale, sostenendo i prezzi e, soprattutto, costruendo un cuscinetto strategico di dimensioni ben superiori a quelle americane.

Riserve SPR

Domande e Risposte (Q&A)

1) Perché gli USA hanno venduto così tanto petrolio dalla riserva strategica (SPR) se ora devono ricomprarlo?

L’amministrazione Biden ha utilizzato la SPR nel 2022 principalmente per fini politici ed economici: calmierare i prezzi della benzina, schizzati alle stelle dopo l’invasione dell’Ucraina e le sanzioni alla Russia. È stata una mossa keynesiana di emergenza per combattere l’inflazione interna e stabilizzare il mercato globale. La nuova amministrazione Trump critica questa scelta, definendola “irresponsabile”, sostenendo che abbia indebolito la sicurezza energetica nazionale, svuotando le riserve in un momento di crisi geopolitica.

2) L’acquisto USA di 1 milione di barili è significativo? Avrà un impatto sui prezzi?

No. Un milione di barili è una quantità simbolica rispetto alle dimensioni del mercato globale (che consuma circa 100 milioni di barili al giorno) e persino rispetto ai 180 milioni venduti da Biden. Questo acquisto non avrà alcun impatto sui prezzi. È più un segnale politico e un test tecnico. Al contrario, gli acquisti massicci e costanti della Cina (stimati in oltre 500.000 barili al giorno per le scorte) stanno avendo un impatto reale, contribuendo ad assorbire l’eccesso di offerta e a sostenere i prezzi.

3) Perché la Cina sta costruendo riserve così grandi? Si prepara a una guerra?

La Cina è il più grande importatore di petrolio al mondo e la sua economia dipende vitalmente dalle forniture estere, che passano attraverso rotte marittime (come lo Stretto di Malacca) facilmente bloccabili. Costruire riserve strategiche (SPR) è una mossa fondamentale per la “sicurezza energetica”. Permette a Pechino di proteggersi da shock improvvisi (guerre in Medio Oriente, sanzioni, incidenti) o da forti rialzi dei prezzi. Sebbene sia una mossa strategica che aumenta la sua resilienza anche in caso di conflitto (es. su Taiwan), l’obiettivo primario è la stabilità economica interna.

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