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RINALDI: SE VERREMO MARGINALIZZATI CI COMPORTEREMO DI CONSEGUENZA

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Vi Proponiamo l’intervista comparsa oggi si LA VERITA’ al prof Antonio M. Rinaldi, neodeputato europeo, il secondo più votato per il centro Italia . Buona lettura !!

 

Eurodeputato Rinaldi, innanzitutto come sta?

«Stanco morto».

Come mai?

«Campagna elettorale massacrante. Pensavo di aver finito il 24 maggio sera e invece poi mi sono dovuto dedicare ai 15 giorni di ballottaggio».

I risultati però sono arrivati.

«Sì. È stata una bella soddisfazione».

Antonio Maria Rinaldi è stato appena eletto parlamentare europeo della Lega. Romano, già professore universitario a Pescara, è stato allievo di Paolo Savona. Pochi mesi fa ha pubblicato il suo ultimo libro, La sovranità appartiene al popolo o allo spread?. Grazie ai talk show, il pubblico ha ormai memorizzato il suo volto.

Come va a finire la questione procedura d’infrazione?

«Innanzitutto va precisato che tutto è partito da una letterina che ci chiedeva di fornire chiarimenti sull’andamento del deficit in 48 ore».

Un ultimatum.

«Appunto. Una cosa che ricorda le colonie: <Se entro 48 ore non rispondete, vi mandiamo le corazzate e i fucilieri>».

La sento contrariato.

«C’è un problema di opportunità. Il 31 ottobre scade la Commissione. Come in molte istituzioni italiane esiste il cosiddetto semestre bianco, sarebbe opportuno che anche in Europa si rispettasse questo elementare principio».

Propone un semestre bianco nelle istituzioni europee?

«Insomma, questi stanno con gli scatoloni in mano e discutono di avviare una procedura d’infrazione. Peraltro, Pierre Moscovici è stato invitato a un evento della campagna elettorale del Pd. Questo fa capire molto bene che Moscovici non è un commissario super partes, ma di fatto è un personaggio con una chiara affiliazione politica».

Anche l’Eurogruppo però ha confermato la linea della Commissione. I vostri alleati sovranisti dell’Est che fine hanno fatto?

«L’Eurogruppo è ancora espressione della vecchia governance. Perciò sia l’Eurogruppo sia la Commissione dovrebbero astenersi dall’avviare procedure mentre sono in rinnovo».

Che intenzioni avete? Andrete allo scontro frontale con i commissari?

«No no. Noi siamo per la massima collaborazione possibile. Ma questo presuppone una reciprocità. Invece mi sembra che ci sia un pregiudizio molto forte nei confronti dell’Italia».

Per lei, dunque, sono i commissari a non voler dialogare?

«Molto probabilmente sì. Ma mi auguro che prevalga il buon senso».

Bisogna temerlo, il muro contro muro?

«Se noi non veniamo ascoltati, se veniamo marginalizzati, naturalmente ci regoleremo di conseguenza. Sa, molto probabilmente certe cose avvengono perché negli anni passati l’Italia è stata fin troppo morbida».

Siamo stati troppo accondiscendenti?

«Sì. E per coprire i problemi interni all’Unione europea, evidentemente questi signori pensano ancora di poter utilizzare l’Italia come pungiball. Solo che la musica è cambiata, dovranno trovarsi qualcun altro».

Sergio Cottarelli, alla Verità, ha detto che se con Francia e Germania l’Ue non è stata così severa, è perché Parigi e Berlino hanno fatto sempre finta di accogliere i richiami, di voler rientrare nei parametri Ue, anche se poi hanno continuato a fare i loro comodi. Dovremmo metterci pure noi a fare la commedia?

«Non sono favorevole alla commedia delle parti. Altrimenti prendiamo un attore e lo mandiamo al posto nostro».

Come la pensa lei?

«Io penso che se la Francia è stata per 9 anni in procedura d’infrazione senza che nessuno fiatasse è perché ha avuto una classe politica capace di farsi rispettare in Europa. Esattamente il contrario della nostra».

Ma un’Italia ai ferri corti con l’Ue non rischia di ritrovarsi debole e isolata?

«Senta, le posso dire una cosa?».

Dica.

«I veri europeisti siamo noi».

Voi sovranisti?

«Esatto. Noi non combattiamo l’Europa, ma l’Unione europea figlia di trattati e regole completamente sbagliati. Chi desidera salvare veramente il concetto di Europa è chi vuole impedire a quest’Ue di disgregarla».

Quindi non teme l’isolamento dell’Italia?

«L’Italia è sempre la seconda manifattura d’Europa. Credo sia interesse di tutti che l’Italia torni a essere forte, perché un’Italia forte significa un’Europa forte – non a caso dico Europa e non Unione europea».

Negoziando con l’Ue, dunque, dobbiamo fare leva su questo: siamo troppo grandi per fallire.

«Esatto. Ma credo che nell’Ue lo sappiano già. Lo sanno tutti, tranne che noi italiani».

Abbiamo un complesso d’inferiorità?

«Malriposto. Dobbiamo far valere i nostri diritti, andare a testa alta e non con il cappello in mano. Ce lo possiamo permettere».

Avete appena varato il gruppo sovranista Identità e democrazia, che oltre alla Lega include Rassemblement national, destra austriaca e i tedeschi di Afd.

«Sì. E il gruppo ha espresso all’unanimità, per acclamazione, Marco Zanni presidente. Ne sono particolarmente fiero e orgoglioso, perché Marco è un amico ed è una persona estremamente preparata».

Il supergruppo sovranista – per intenderci, quello con Nigel Farage e i conservatori di Ecr – però ormai è un miraggio.

«Mai dire mai. Da qui alla prima plenaria del 2 di luglio a Strasburgo, con l’investitura ufficiale del nuovo Parlamento, potrebbero cambiare molte cose».

Ad esempio?

«So che ci sono ancora delle trattative e sono fiducioso che il gruppo che abbiamo costruito, dai 73 eurodeputati attuali, possa lievitare».

Le trattative sono con Farage?

«Diciamo che con Farage le porte non sono ancora definitivamente chiuse. Anche perché lui non riesce a fare il gruppo, che in base ai regolamenti deve avere elementi da almeno sette nazioni. Noi ne abbiamo nove».

Capitolo nomine. La linea dei giornaloni è: l’Italia sostenga Manfred Weber come presidente della Commissione europea per evitare il falco Jens Weidamnn alla Bce. Condivide?

«Il gioco delle poltrone è molto più complesso di così».

Ce lo spiega?

«Non si può semplicemente parlare di una poltrona in relazione a un’altra. Da decidere ci sono anche la presidenza e la vicepresidenza del Parlamento Ue, il capo del Consiglio europeo e i 28 commissari, uno per Stato membro».

A noi cosa tocca?

«Sicuramente né il presidente del Parlamento europeo, visto che abbiamo avuto finora Antonio Tajani, né il capo della Bce. Con un’ulteriore beffa».

Cioè?

«Non è neppure detto che saremo rappresentati nel board della Bce».

E perché?

«Visto che, per avere la presidenza della Bce, a suo tempo avevamo dovuto rinunciare all’italiano nel board, Lorenzo Bini Smaghi, se ora venisse eletto presidente un attuale membro del board, si libererebbe un posto e l’Italia potrebbe occuparlo. Se però venisse eletto un esterno, rimarremmo senza rappresentanza».

Lei teme l’arrivo di Weidmann come capo della Bce?

«Mah. Io credo che sarà eletta una terza figura, di un Paese magari non in prima fila. Conviene anche ai tedeschi».

In che senso?

«Gliela faccio semplice: i tedeschi preferiscono un Paese terzo disponibile a fare il tedesco più del tedesco…».

Su chi sta puntando l’Italia come commissario?

«Prima di fare un nome, bisogna capire di quale Commissione si parla».

E quale vogliamo noi?

«Visto che perderemo necessariamente posizioni di prestigio al Parlamento e alla Bce, dovremo puntare a una commissione pesante, economica».

E a quel punto ragionereste sulla persona?

«Eh sì, perché un conto è se ci affidano una cosa tipo gli Affari esteri, com’è avvenuto con Federica Mogherini, un conto è se aspiriamo agli Affari monetari…».

Aspiriamo agli Affari monetari? E con che figura?

«Una figura anche non politica, che però abbia la professionalità giusta per gestire al meglio una poltrona da commissario così importante».

Capitolo minibot. Sono il vostro piano per uscire dall’euro?

«Assolutamente no. Chi lo sostiene, non ha capito il meccanismo dei minibot».

E qual è il meccanismo?

«I minibot sono semplicemente uno strumento a favore delle imprese che aspettano da anni di essere pagate».

Però è passata la vulgata per cui sarebbero la premessa all’uscita dall’euro. Introdurli non scatenerebbe il panico sui mercati?

«Perché? Sono un credito fiscale».

Serviranno a pagare multe, tasse… Giusto?

«Esatto. Ora, il debito della Pa è di circa 53 miliardi di euro. Se ne venissero liberati all’incirca 25, come potrebbe ciò creare tanti problemi? Peraltro, l’accettazione dei minibot sarebbe volontaria».

Ecco. Cosa vi fa pensare che gli imprenditori li preferiranno alla moneta sonante e che poi i privati se li scambino tra di loro?

«Facciamo un esempio pratico. Sono un falegname che vanta un credito di 5.000 euro con la Pa e da tre anni non vengo pagato. Nel frattempo, però, pago le tasse».

Bene. Quindi?

«La Pa mi dice: <Vuoi che saldiamo subito il nostro debito in minibot, che tu potrai utilizzare per pagare le imposte?>. Io li prendo. Poi vado in pizzeria e chiedo al proprietario: <Li prendi i minibot?>. Se lui li accetta perché vuole pagarci le tasse, bene. Se lui non li prende, vado da un’altra pizzeria che li accetta…».

Lei dice: alla fine si crea un meccanismo per cui i privati sono incentivati ad accettare i minibot.

«D’altronde, le tasse le dobbiamo pagare tutti».

Quando la fate la flat tax per le famiglie?

«Io mi auguro presto. Se poi si dovrà fare con due aliquote anziché una e a partire dai redditi più bassi, non ha importanza. L’importante è liberare risorse per rilanciare i consumi interni. Non si può vivere di solo export, perché quando arriva una crisi internazionale, il castello crolla».

Valeva la pena per la Lega contribuire al salvataggio di Radio radicale?

«Attenzione: i 3 milioni stanziati servono solo a digitalizzare e archiviare il lavoro di 40 anni svolto da Radio radicale. Altrimenti sarebbe andato perso. Per il resto, se Radio radicale vorrà continuare a fare questo lavoro, dovrà partecipare a una gara pubblica».

Quindi la gara la farete?

«Certo».

Quando?

«Ah, io non faccio parte del governo. E non mi posso mica prendere carico della questione…».


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