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RIFORMA DEL CSM E SEPARAZIONE DELLE CARRIERE DEI MAGISTRATI NECESSARIE DOPO LE INTERCETTAZIONI CHOC DI PALAMARA (di Mimmo Caruso)

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Nel libro “Elogio dei giudici scritto da un avvocato” Piero Calamandrei sosteneva, più di 80 anni fa, che ogni popolo ha la magistratura che si merita.

Affermazione valida ancora oggi quella dell’illustre giurista fiorentino, membro dell’Assemblea Costituente e padre del codice di procedura civile tuttora vigente, alla luce delle agghiaccianti intercettazioni dei colloqui dell’ex presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati Luca Palamara che hanno svelato le trame oscure per la spartizione dei posti di vertice degli uffici giudiziari, il condizionamento correntizio all’interno del CSM e finalità politiche (sui migranti Salvini ha ragione ma bisogna attaccarlo) che offuscano la dignità e l’autonomia della funzione giurisdizionale.

Già ai tempi di Tangentopoli molti osservatori si erano resi conto che la corretta fisiologia dei rapporti tra politica e ordine giudiziario era stata alterata a causa dello strumentale utilizzo di alcune indagini per finalità politiche di fronte al quale la politica è stata incapace di reagire e si è arresa lasciando un vuoto di potere occupato dalla magistratura con conseguenze devastanti sul corretto rapporto di equilibrio tra poteri dello Stato.

Non è revocabile in dubbio che, nell’attuale ordinamento, il Pubblico Ministero appaia come l’unico attore del procedimento penale disponendo di enormi poteri sottratti a incisive forme di controllo: il P.M. avvia le indagini, dispone della Polizia Giudiziaria, formula le imputazioni raramente filtrate dal GIP e non di rado ricerca il consenso presso l’opinione pubblica a sostegno della propria azione repressiva con evidenti distorsioni sul funzionamento complessivo del sistema per la marginalizzazione della figura dell’organo giudicante.

Ed ecco allora che si pone l’esigenza di una complessiva riorganizzazione della giustizia con la separazione delle carriere e la riforma del CSM.

La riforma dell’organo di autogoverno della magistratura servirebbe per rafforzare l’indipendenza non solo esterna ma, soprattutto, interna dei magistrati i cui destini ora appaiono influenzati dalle correnti per quanto concerne nomine, promozioni, trasferimenti di sedi, provvedimenti disciplinari magari introducendo il sorteggio, già presente nell’ordinamento giuridico (i giudici popolari della Corte d’Assise, i giudici del Tribunale dei Ministri) , che non è affatto da intendere come il lancio dei dadi del giudice Bridoye del racconto di Rabelais dal momento della scelta dei membri del CSM avverrebbe nell’ambito di soggetti qualificati ovvero avvocati e docenti di materie giuridiche per i membri laici e appartenenti all’ordine giudiziario per i componenti togati.

La riforma del CSM è correlata alla separazione delle carriere che non è eresia dal momento che eminenti personalità del calibro di Giovanni Falcone, Giovanni Conso, Giuliano Vassalli si sono pronunciati a favore di una riforma in tal senso oggi necessaria per correggere l’anomalia tutta italiana dell’unicità delle carriere e per impedire che giudici e pubblici ministeri, reciprocamente, si giudichino in sede disciplinare e decidano sugli avanzamenti di carriera facendo valere ripicche personali.

Questa riforma ordinamentale, rispettosa del principio di unicità della giurisdizione, è funzionale non certo al ridimensionamento della figura del requirente la cui indipendenza è tutelata con la costituzione di un autonomo organo di governo ma è diretta a garantire la piena applicazione dei principi del processo accusatorio caratterizzato dalla formazione dibattimentale della prova e dalla parità tra accusa e difesa che hanno assunto un rango costituzionale con l’introduzione del principio del giusto processo.

Appare evidente, in tal senso, che se il pubblico ministero ha il potere di svolgere indagini e sostenere l’accusa nel dibattimento e il giudice ha il potere di giudicare, la logica conseguenza non può che essere quella di impedire il transito automatico tra le due funzioni anche al fine di dare ai cittadini la sensazione che chi giudica sia realmente un soggetto terzo libero da ogni tipo di condizionamento anche inconsapevole.

Mi rendo perfettamente conto che riformare la giustizia in Italia è opera ardua e avremmo bisogno di uomini dello spessore di Calamandrei, Falcone, Conso, Vassalli.

Non sarà certo l’attuale Governo a realizzarla ma arriveranno tempi migliori, ne sono certo!


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