Europa
Repubblica Ceca: il ritorno di Babiš. Cronaca di una vittoria annunciata (e di una sconfitta meritata)
Un’affluenza record in Repubblica Ceca premia il populista Andrej Babiš e punisce il governo Fiala, colpevole di arroganza e di una cattiva gestione economica. Ecco chi ha vinto, chi ha perso e perché la sinistra radicale è scomparsa dai radar.
Le elezioni per la Camera dei Deputati nella Repubblica Ceca si sono chiuse con un risultato che, sebbene atteso da molti, non smette di far riflettere: un’affluenza record ha spinto verso una vittoria schiacciante il movimento ANO di Andrej Babiš, parte del gruppo Patrioti di cui fa parte la Lega. Un terzo degli elettori ha scelto lui, mentre il governo uscente di Petr Fiala è stato duramente punito. Analizziamo i punti chiave di un voto che, al di là dei confini cechi, offre spunti interessanti.
1. L’affluenza che cambia tutto (ma non per tutti)
Un’affluenza alle urne di quasi il 69% è un’ottima notizia per la democrazia. Peccato che, come spesso accade in politica, non tutti abbiano brindato. Questa massiccia mobilitazione, infatti, ha beneficiato principalmente un nome e un cognome: Andrej Babiš. Paradossalmente, le coalizioni di governo Spolu e PirSTAN, rispetto a quattro anni fa, hanno raccolto meno voti in termini assoluti, nonostante l’aumento dei votanti. E il destinatario del messaggio, questa volta, era il governo.
Ecvco comunque un grafico con il riassunto del risultato. Ricordiamo che i partiti sotto il 5% non avranno rappresentanza parlamentare:
2. Il “Fattore Babiš”: un uomo solo al comando
Per quanto Babiš si sforzi di parlare di “grande squadra”, la realtà è sotto gli occhi di tutti: senza di lui, il movimento ANO non sarebbe andato da nessuna parte. È stato il leader indiscusso, capace di intercettare il malcontento e di presentarsi come l’unica figura in grado di affrontare le sfide del Paese. La sua strategia è stata abile:
- Rassicurazioni ai moderati: Ha allontanato i timori di un’alleanza con le frange più estremiste (come Stačilo! e SPD), giurando che non avrebbe mai portato la Repubblica Ceca fuori dall’UE e dalla NATO. Anzi, la sua netta chiusura ai comunisti ha finito per prosciugare il bacino di voti della sinistra radicale, con molti elettori che hanno preferito il “voto utile” per ANO.
- Immagine di competenza: Si è presentato come un politico esperto, che ha già guidato un esecutivo e sa come muoversi. La presenza al suo fianco di ex ministri come Karel Havlíček e Alena Schillerová ha rafforzato questa percezione di affidabilità.
- Euroscetticismo pragmatico: Criticherà l’UE, come piace al suo elettorato, e rafforzerà i legami con il gruppo di Visegrád (V4), ma senza strappi traumatici. La vera sfida, ora, sarà mantenere le promesse in campo economico e sociale senza far deragliare i conti pubblici.
3. La coalizione “Together”: cronaca di una sconfitta
Petr Fiala non sarà più primo ministro. La sua coalizione, “Together”, si è fermata a un deludente 23%. Non un disastro totale, ma una sconfitta netta. I motivi? Semplici e quasi didattici:
- Risultati economici deludenti: Il governo non è riuscito a gestire in modo convincente né la crisi energetica né l’inflazione galoppante seguite al conflitto in Ucraina.
- Aumento delle tasse: Una mossa sempre impopolare, soprattutto quando i cittadini non ne percepiscono i benefici.
- Arroganza politica: L’errore più grave è stato probabilmente quello di etichettare chiunque criticasse l’operato del governo come un “desolato” o un “servo del Cremlino”. Un atteggiamento che ha irritato profondamente l’elettorato, che si è sentito disprezzato e umiliato, un grave errore, in generale, in politica. Dipingere ANO come un nemico dell’Europa non ha pagato.
4. I perdenti: la sinistra radicale di “Stačilo!”
Il vero tracollo è quello del progetto “Stačilo!”, guidato da Kateřina Konečná con il supporto di figure come Jana Maláčová e l’ex presidente Miloš Zeman. Finiti sotto la soglia di sbarramento del 5%, hanno pagato a caro prezzo una linea politica estremista. Le continue invettive per uscire dall’UE e dalla NATO, in un contesto geopolitico così teso, hanno spaventato persino gli elettori più critici verso Bruxelles. L’idea di ritrovarsi in un limbo di sicurezza internazionale non è piaciuta a nessuno. Il “bacio della morte” politico è arrivato dal vendicativo Zeman, il cui appoggio, un tempo per Babiš, è suonato come un calcolo cinico.
5. Gli altri: tra conferme e ridimensionamenti
- Pirati: Con 18 seggi, i Pirati quadruplicano la loro presenza e si preparano a quattro anni di dura opposizione. Saranno una spina nel fianco per Babiš, con interpellanze e critiche puntuali. Se sapranno lavorare bene, potrebbero diventare il principale partito liberal-progressista del paese, un’opposizione di sinistra, la libertaria. Qualcosa che non si vede spesso in Europa.
- Sindaci (STAN): Nettamente ridimensionati con 22 deputati. La giustizia elettorale, si potrebbe dire, ha restituito loro il “favore” di quattro anni fa, quando avevano cannibalizzato i voti dei Pirati.
- Motoristi e SPD: L’exploit di “Motoristi per sé stessi” (oltre il 5%) è il segnale di un movimento anti-ecologista e anti-Bruxelles che attira soprattutto i giovani. Sarà interessante vedere che ruolo avranno. L’SPD di Tomio Okamura, un politico ceco di origine giapponese, invece, si ferma all’8% e ha poche carte da giocare: potrà al massimo sostenere un governo di minoranza di Babiš in cambio di qualche poltrona, ma senza poter dettare la linea su uscite dall’UE o dalla NATO. Comunque queste spinte anti UE e anti NATO sono comunque presenti nella politica ceca, molto diversa da quella tedesca.
Domande e Risposte
1. Perché Andrej Babiš ha vinto in modo così netto? Andrej Babiš ha vinto perché è riuscito a presentarsi come l’unica alternativa credibile e competente al governo uscente. Ha capitalizzato il malcontento popolare per la gestione dell’economia (inflazione e crisi energetica) e ha attratto un’ampia fetta di elettorato con una campagna incentrata sulla stabilità e l’esperienza. La sua abilità è stata quella di rassicurare l’elettorato moderato, escludendo alleanze con gli estremisti anti-UE, e allo stesso tempo di intercettare il voto di protesta, drenando consensi sia a destra che a sinistra.
2. Quali sono stati i principali errori del governo uscente di Petr Fiala? Il governo Fiala ha commesso due errori principali. Primo, sul piano pratico, non ha saputo dare risposte efficaci alla crisi economica, lasciando che l’inflazione erodesse il potere d’acquisto e gestendo con incertezza la crisi energetica, per poi aumentare le tasse. Secondo, sul piano della comunicazione, ha adottato un atteggiamento arrogante, etichettando ogni forma di opposizione come disinformazione o propaganda filorussa. Questo ha alienato molti cittadini che, pur non essendo estremisti, erano semplicemente scontenti delle sue politiche.
3. Questo risultato cambierà la posizione della Repubblica Ceca nell’Unione Europea? Non è previsto un cambiamento radicale. Babiš, pur usando una retorica critica verso Bruxelles per compiacere il suo elettorato, è un politico pragmatico consapevole dei benefici economici che derivano dall’appartenenza all’UE. La sua linea sarà probabilmente più assertiva, simile a quella dell’Ungheria di Orbán su alcuni temi, soprattutto in materia di immigrazione e politiche green. Cercherà di rafforzare l’asse di Visegrád, ma non spingerà mai per un’uscita dall’UE o dalla NATO, consapevole che sarebbe un suicidio politico ed economico per il paese.
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