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Politica

RENZI LA VOLPE E BERLUSCONI LA GRU

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La Costituzione e il costume democratico stabiliscono i grandi principi, ma poi il problema diviene quello di applicarli alla realtà concreta e soprattutto il modo di designare chi deve comandare. Dunque la legge elettorale.

Narra Esopo che un giorno la volpe, per fare uno scherzo alla sua amica gru, l’invitò a pranzo ma servì il cibo in un piatto piano. Sicché la gru non poté ingerire nulla. Essa tuttavia rimase cordiale e a sua volta invitò a pranzo la volpe. Quando questa si presentò le offerse delle rane dentro un vaso dall’imboccatura stretta, dove soltanto lei riusciva ad inserire il becco. Morale: non basta invitare a pranzo, bisogna vedere in quali condizioni. È bello dire ai cittadini che hanno il diritto di votare per il partito di loro scelta, ma se si mette uno sbarramento del 4%, e quel partito riesce ad avere il 3,9% dei suffragi, ciò vorrà dire che, su trenta ipotetici milioni di elettori, 1.170.000 cittadini non avranno rappresentanza in Parlamento. E in Inghilterra le cose vanno anche peggio di così. Ma, d’altra parte, se si è proposto a tutti i cittadini di concorrere a governare il Paese col loro voto, è giusto che poi il loro piccolo partito ricatti la maggioranza o impedisca di governare? Ed ecco torna lo sbarramento.

Ecco un classico dilemma: pur di dare voce a tutte le tendenze, dobbiamo distribuire i seggi in modo proporzionale ai voti, magari col rischio che alla fine il Paese risulti ingovernabile, o dobbiamo attribuire al partito più votato un “premio” che falsificherà i risultati del voto ma permetterà di guidare la nazione?

La favola di Esopo in questo caso è inadeguata. La volpe e la gru almeno erano amiche, i partiti invece si comportano come leoni che chiedano alle gazzelle di rallentare la corsa, mentre le gazzelle chiedono loro di divenire vegetariani. E nella savana le gazzelle prima o poi sono uccise e i vecchi leoni muoiono di fame.

Dunque non bisogna stupirsi degli scontri sulla legge elettorale. Per il Nuovo Centro Destra, tanto per fare un esempio, si tratta di sopravvivenza. Se la soglia di sbarramento è troppo alta per le sue forze, rischia di sparire. Se, invece, per avere una soglia più bassa sarà costretto ad entrare in una coalizione, da un lato dovrà essere accettato (e il Pd a suo tempo ha rifiutato i radicali) dall’altro dovrebbe tornare a Canossa e baciare la pantofola di Berlusconi. Ammesso che basti.

Finché si parla di un premio di maggioranza attribuito a chi ha già raggiunto, poniamo, il 40% dei voti, molti stanno tranquilli. L’ipotesi è remota. Se invece si stabilisse una soglia del 30%, molti partiti protesterebbero con quanto fiato hanno in corpo e si opporrebbero in tutti i modi: perché questa soglia è realistica e dal giorno delle elezioni essi potrebbero contare zero.

Il discorso è analogo per il ballottaggio. Finché i due più grandi partiti sono il Pd e FI, il ballottaggio è ammesso senza troppe difficoltà. Ognuno di loro considera l’altro, se non accettabile, almeno professionale. Se invece il sistema è tripolare, e il secondo partito è quello di Grillo, tutto cambia: in caso di ballottaggio si ha un rischio per la stabilità del Paese e si apre il mercato delle promesse e dei ricatti sottobanco. Il terzo partito infatti potrebbe determinare chi deve vincere dei primi due. E allora tutti a chiedersi: chi sarà il secondo partito? e in caso di ballottaggio con chi si alleerà il  terzo partito, facendo pendere il piatto della bilancia? Non è meglio – se possibile – evitare questa eventualità? Ed ecco che i due istituti fondamentali, quello del ballottaggio e del premio di maggioranza, che erano sembrati ovvi, sono rimessi in discussione.

La legge elettorale non risponde ad astratti criteri giuridici o di tecnica costituzionale. Essa corrisponde più o meno agli interessi dei vari partiti: e dunque ognuno si batte per i propri. Dire che “le regole del gioco vanno stabilite tutti insieme” è pura retorica: in realtà si ha un braccio di ferro di tutti contro tutti in cui alla fine vincono i più forti.

Qualcuno potrà chiedersi come mai in passato non s’è mai parlato tanto della legge elettorale. Ma allora il sistema era bloccato. La Democrazia Cristiana era sempre abbastanza forte per andare al governo; i partiti più piccoli erano sempre obbligati ad entrare nella coalizione; il Partito Comunista, almeno formalmente, restava sempre all’opposizione. In queste condizioni la proporzionale andava benissimo. Ora invece i partiti, se non riescono a trovare una soluzione a loro adatta, rischiano l’insignificanza o la pena di morte. È dunque normale che gli scontri siano all’ultimo sangue.

Gianni Pardo, [email protected]

6 novembre 2014


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