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RENZI, DELLA LOGGIA E LA FORTUNA DELLO SCIOCCO

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Spesso gli editoriali espongono un problema senza risolverlo. Ma già questo è utile. Recentemente Ernesto Galli Della Loggia ha parlato della solitudine di Matteo Renzi in quanto leader e ad ogni buon conto per cominciare ha sprezzantemente sostenuto che Berlusconi non ha mai dimostrato il suo coraggio(1). Non ha saputo distruggere la sinistra  perché era “uno che non aveva mai sentito neppure nominare «papà Cervi» (il padre dei sette fratelli fucilati nel 1943 dai fascisti)”. Anche se è lecito chiedere se il nostro Ernesto conosca il cognome dei sette fratelli fucilati dagli antifascisti: si chiamavano Govoni. Ma questo è secondario. Secondo lui Berlusconi “non sapeva praticamente niente del vecchio, delle sue radici, della sua narrazione, delle sue mitologie”. È stato un “Eterno dilettante”, “l’uomo del ‘prendi i voti e scappa’ “. A Napoli liquiderebbero questo ritratto con un semplice: “All’anima del dilettante!”

Se si prescinde da questo prologo altezzoso, il nocciolo della tesi  va preso sul serio: Renzi ha fatto il vuoto intorno a sé. Tanto che, leggiamo “c’è qualcosa che inquieta: l’ombra di un rischio, il sentore di un eccesso”. Ma non perché ha sentito parlare dei fratelli Cervi: infatti non è citandoli che zittirebbe Massimo D’Alema o Rosy Bindi.

  1. Renzi ha trovato l’Italia immersa in una crisi gravissima che ha tagliato le unghie ai fanatici che hanno dominato per molti decenni. A qualunque partito appartengano, dai disorientati del M5S alle partite Iva, dai residui della destra ai massimalisti di SeL, gli italiani si rendono conto che viviamo un momento estremamente difficile. Oggi non si tratta di “ridistribuire la ricchezza”, si tratta di produrla. Un tempo si poteva scioperare, oggi ci si chiede contro chi e per ottenere cosa. Le imprese chiudono e c’è ben poco che si possa minacciare al “padrone”.
  2. Ciò ha azzoppato i sindacati. Non avendo più potere di ricatto, essi non sono più un interlocutore serio del governo. Renzi può sfidarli dicendo che non possono fermare la sua azione non perché sia particolarmente audace ma perché non può essere contestato da sinistra e perché la Trimurti è azzerata dalla sua evidente incapacità di aiutare l’economia. Non che prima questo potere l’avesse, ma l’eterna retorica di sinistra lo faceva credere. Ora però è finalmente chiaro che i posti di lavoro e gli aumenti di paga si ottengono non con la forza ma beneficiando della prosperità del Paese. Quando c’è.
  3. Renzi ha trovato una sinistra invecchiata, anchilosata, frammentata. Priva di un programma politico e incapace di risposte diverse da quelle consacrate negli incunaboli comunisti. La cittadella del partito era come sempre circondata da mura ma queste mura erano fatiscenti, in molti punti già crollate, ed egli ha fatto credere ai suoi colleghi che sarebbe stato capace di realizzare grandi riforme. Li ha invitati a salire sul carro del vincitore ed ha sbaragliato l’opposizione interna, tenuta fra l’altro sotto il continuo ricatto del voto di fiducia.
  4. Il giovane fiorentino fruisce dell’appoggio vigoroso e pressoché incondizionato del Presidente della Repubblica. Non perché il vecchio Napolitano sia innamorato di lui, ma perché ha accettato un secondo mandato soltanto per ottenere la realizzazione delle riforme. Dunque lo sosterrà finché questo scopo sarà raggiunto. In caso contrario non solo non scioglierà le Camere, ma addirittura si dimetterà, provocando un ingorgo istituzionale: l’elezione di un nuovo presidente, una drammatica campagna elettorale e forse lo spietato attacco dei mercati ai nostri titoli pubblici. L’Apocalisse. A quasi novant’anni non si ha tempo da perdere.
  5. Renzi beneficia della dabbenaggine massimalista e dogmatica di Beppe Grillo. Il M5S ha impedito ai suoi parlamentari di partecipare alla vita politica e di contribuire a determinarla. Dunque da un lato il governo ha sostenitori, dall’altro oppositori vocianti ma irrilevanti. E non incontra ostacoli.
  6. Il Pd dispone poi di un’opposizione costruttiva di cui Berlusconi non ha mai visto l’ombra. La sinistra ha addirittura organizzato un referendum per annullare le riforme costituzionali realizzate dal centrodestra, e non perché fossero sbagliate, soltanto perché le aveva realizzate Berlusconi. Non è facile fare miracoli avendo tutti contro, i partiti, i giornali, il Presidente della Repubblica, la magistratura, gli “intellettuali” e perfino alleati come Gianfranco Fini.
  7. Proprio per tutte queste ragioni – la sua eccezionale sfrontatezza di venditore,  la coscienza degli italiani dell’eccezionalità del momento, l’incapacità del suo partito di resistergli, l’appoggio esterno di Forza Italia, il sostegno risoluto del Presidente della Repubblica, l’insignificanza politica del Movimento 5 Stelle, e perfino le voci critiche di Francia e Gran Bretagna contro l’Ue – egli sembra giganteggiare in solitudine. Se soltanto le cose che promette a getto continuo le avesse realizzate, si potrebbe parlare non soltanto di “rischio” o di “eccesso”, ma perfino, in prospettiva, di una dittatura. Perché avremmo l’Uomo della Provvidenza. Invece per la maggior parte egli inscena un fuoco d’artificio di demagogia, altre volte spara plateali bugie (“ho abbassato le tasse”) e in generale suscita tali aspettative che, data l’inevitabile modestia dei risultati, si giungerà fatalmente ad un drammatico ridimensionamento del personaggio. Già se ne avvertono i sintomi nella stampa.

Come tutti i grandi uomini della storia, Renzi si è trovato ad agire in condizioni speciali, senza le quali non avrebbe potuto realizzare le sue grandi imprese. Ma ha avuto il genio di saperle interpretare, volgendole a suo vantaggio e sfruttandole fino in fondo. A questo punto non rimane che sperare che egli riesca nell’improbabile impresa di salvare l’Italia. Il saggio disse che era impossibile farlo, lo sciocco non lo sapeva e per questo lo fece. A Renzi, che non lo è, auguriamo la fortuna dello sciocco.

Gianni Pardo, [email protected]

25 ottobre 2014

(1)http://www.corriere.it/editoriali/14_ottobre_25/vuoto-intorno-leader-0e5d1c3c-5c09-11e4-a063-152f34c0ded7.shtml#

e per sorridere della politica

 

L’IMBECILLITÀ AL POTERE

Cominciò Obama con lo slogan “Yes we can”. Parendo impossibile che un simile vaniloquio potere avesse successo (ci sbagliavamo), a suo tempo ci si ragionò su. Il primo possibile significato era: “Noi possiamo tutto”. Ora, dal momento che Barack Obama e i suoi sostenitori non erano Dio, l’affermazione suonava azzardata. Fra l’altro, nella Scolastica si mise in discussione persino l’onnipotenza divina. Alcuni sostenevano che, pur essendo Dio onnipotente, la sua onnipotenza non poteva spingersi fino a fare qualcosa di assurdo. Per esempio creare e nello stesso tempo non creare l’universo. Ma altri si preoccuparono delle possibili conseguenze di questa limitazione, tanto che alla fine, con involontario umorismo (che cosa non avrebbero fatto, per non negare all’Altissimo l’onnipotenza!) i teologi conclusero che Dio poteva fare l’assurdo, ma non l’avrebbe mai fatto. E a fortiori non avrebbe potuto farlo Obama.

La seconda ipotesi fu che “Yes we can” significasse: “Altri non hanno saputo fare questo e quello, noi ce la faremo”. Ciò implicava: 1. che il compito era possibile; 2. che gli altri erano colpevoli di non averlo realizzato; 3. che Obama e i suoi amici ci sarebbero sicuramente riusciti. Tutte affermazioni indimostrate, presuntuose e per giunta indeterminate. Per smentirle infatti sarebbe bastato andare a cercare una promessa demagogica (e ovviamente non realizzabile) dei repubblicani, per mettere i democratici dinanzi all’impossibile. L’unica ipotesi verosimile, nell’interpretazione di quello slogan, fu che fosse arrogante, vacuo e idiota.

Quanto a vacuità, qualche dimostrazione l’ha poi data lo stesso Obama. Ma non gli si può imputare la colpa di avere inaugurato la serie delle frasi altisonanti e prive di senso: questo onore va attribuito agli studenti del famoso Maggio Francese del 1968. Quando sembrò possibile che conquistassero addirittura il governo e cercarono di darsi un programma, dopo lunghe discussioni non andarono oltre: “La fantaisie au pouvoir”.

La fantasia al potere significa che i mali della società dipendono dall’insufficiente inventiva di chi governa. E la cosa è possibile. Se non per tutti i mali, certo per alcuni. Jenner e Pasteur, per esempio, hanno dovuto avere parecchia immaginazione per pensare di prevenire una malattia per così dire inoculandola ai sani. Ma – appunto – bisogna distinguere l’immaginazione dalla fantasia. L’immaginazione può dar luogo ad una impensata combinazione di elementi realistici, fino a passare dal coperchio che sobbalza sulla pentola bollente alla macchina a vapore, la fantasia invece può creare la fata che per Cenerentola trasforma una zucca in carrozza. Esercizio poetico che  nella realtà è meno utile. Comunque gli studenti francesi non seppero nemmeno fornire un esempio di “fantaisie au pouvoir” e poche settimane dopo il loro movimento fu depositato nella spazzatura della storia.

Ora il Pd di Matteo Renzi propone lo slogan: “Il futuro è solo l’inizio”, e dire che si rimane perplessi sarebbe un eufemismo.

Il futuro è tutto ciò che segue il presente. Il minuto appena trascorso fa già largamente parte del passato, ciò che avverrà fra un minuto fa a pieno titolo parte del futuro. Chiamiamo futuro tutto ciò che segue il preciso momento presente, ed è un unicum indifferenziato.

Il presente si può rappresentare come un punto su una retta chiamata tempo. A sinistra si stende l’infinita semiretta chiamata passato, a destra c’è l’infinita semiretta chiamata futuro. E questa semiretta non è l’inizio di nulla, perché è essa stessa l’intero del futuro. Non c’è niente né dopo né oltre di essa, perché se ci fosse farebbe già parte del futuro.

Se al contrario si prendesse in considerazione il punto successivo, a destra, di quello che rappresenta il presente, potremmo accettare che esso costituisca “l’inizio del futuro”. Nel senso che sarebbe il primo avvenimento di quelli futuri. Se alla Leopolda Renzi e i suoi amici avessero scritto che “il 2014 è solo l’inizio del futuro, avrebbero detto qualcosa di ragionevole. Ma scrivere che il futuro è solo l’inizio è una balordaggine come scrivere che il passato è solo la fine: frase che infatti non si saprebbe come interpretare.

Però, signora mia, come suona bene: “il futuro è solo l’inizio”. La prossima volta voto Renzi.

Gianni Pardo, [email protected]

26 ottobre 2014

 


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