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RENZI GARANTE DI BERLUSCONI

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o di chi ne fa le veci

L’identificazione delle grandi tendenze politiche è difficile e le possibilità d’errore sono grandi. Ma il gioco vale la candela. È stato a forza di cercare come produrre l’oro artificialmente che si è arrivati a creare la chimica.

Oggi la massima tendenza che abbiamo sotto gli occhi è l’evoluzione del Pci e dei suoi successivi avatar. Se pure con un enorme ritardo sulla storia (avrebbe dovuto liquefarsi insieme con l’Unione Sovietica) e se pure con una snervante lentezza, dopo un quarto di secolo quel partito è divenuto altro da sé. Era per la lotta di classe, per la dittatura, per il capitalismo di Stato, insomma, a costo di impoverirci tutti e di privarci della libertà, per il modello sovietico, e oggi non si può negare al Pd di costituire un ribaltamento di tutto ciò. Anche se ha mantenuto la spinta utopica, il disprezzo  per i calcoli “ragionieristici”, la tendenza statalistica, la convinta e apodittica convinzione della propria superiorità morale – insomma, tutti quei connotati che, a parere di Luca Ricolfi, l’hanno reso “antipatico” – ha però sinceramente abbracciato la democrazia e l’economia di mercato. Come se non bastasse – e con questo arriviamo all’attualità – Matteo Renzi è riuscito a compiere il miracolo di renderlo non temibile e addirittura “simpatico”. Tanto che ha guadagnato parecchi voti al centro, proprio nel momento in cui quei voti hanno cominciato a perderli Berlusconi e i suoi. Ciò ha fatto pensare al sorgere di un partito capace, dopo essersi liberato della palla al piede dei massimalisti di sinistra, di divenire ecumenico come la Democrazia Cristiana. Dunque di farsi votare un po’ da tutti, di sbaragliare il centrodestra e di essere il centro ineliminabile e vincente della vita politica nazionale.

Ma proprio di questo è lecito dubitare. Il fatto che il Pd di Renzi non allarmi più i benpensanti non significa che gli italiani siano finalmente disposti a votare per i comunisti: significa che il Pd non è più comunista. La cosa è certificata dall’autentica contrapposizione agli estremisti di Sinistra e Libertà, dal disprezzo per gli invasati confusionari del M5S, e soprattutto dalla rottamazione dei dogmi più sacri del Pci. Dire che chi fa le leggi è il Parlamento e non i sindacati è fare un salto dal Medio Evo politico alla modernità della Gran Bretagna di quarant’anni fa, quella di Margaret Thatcher.

Tutto ciò potrebbe – è vero – portare il Pd a grandi successi ma, contrariamente a quanto pensano in molti, non porterà affatto alla scomparsa del centrodestra. Se, infatti, a sinistra c’è un partito X, socialdemocratico, laburista, “liberal”, e comunque moderato, a destra ci sarà inevitabilmente un partito Y, liberale, conservatore, e comunque moderato, cui l’elettorato si rivolgerà non appena, per qualsivoglia ragione, sarà stanco del partito X. Non sono i partiti ad attirare i voti degli elettori, sono le tendenze degli elettori a creare i partiti. E poiché è nella natura umana, e particolarmente nella natura della democrazia, stancarsi di qualunque governo e dargli la colpa della propria insoddisfazione, in una democrazia che non sia bloccata (come era quella dei tempi della Dc) l’alternanza al governo è inevitabile. Se il partito da contrapporre a quello che non piace non esiste, lo si crea. Non è forse questa la spiegazione del successo di Berlusconi nel 1994?

Il successo attuale di Matteo Renzi e del suo Pd non è la fine della storia, è l’inizio di una nuova fase. Ancora qualche anno fa, quando tentava di andare al governo, la sinistra si serviva dell’immagine di un “non comunista”, per esempio l’ex democristiano Prodi, per non allarmare l’elettorato. Ora Renzi è a Palazzo Chigi e nessuno ne è spaventato. Il suo partito è veramente divenuto “Democratico”, ha lo stesso nome di quello americano e come quello si contrappone ad un partito “conservatore”, di cui per così dire garantisce l’esistenza e la sopravvivenza.

Ecco perché questo è l’inizio di una nuova storia. Perché finalmente anche in Italia ci siamo accorti che il comunismo è morto, che gli avversari politici non sono il diavolo e non fanno temere l’apocalisse. Se può servire si potrebbe dire – con umorismo nero – che “i comunisti” e “i berlusconiani” sono in larga misura uguali: nel senso che attualmente, per quel che ne sappiamo, né gli uni né gli altri sono capaci di tirarci fuori dalla merda.

Gianni Pardo, [email protected]

12 novembre 2014


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