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Euro crisis

La stella di Renzi cadrà nel 2015 sui terribili numeri dell’economia: nascondere la verità agli italiani dura finchè la gente non reagisce, per fame o perchè la piazza del vicino dice basta…

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Si, io ho difeso Renzi in passato. Non per convinzione politica e nemmeno per interesse: solo perchè ritenevo e ritengo che il primo ministro fiorentino fosse preferibile alla troika, qui la gente parla della Grecia e di quanto male si vive senza nemmeno averla visitata negli ultimi tre anni…

Dunque, i numeri dell’economia italiana sono terribili e peggioreranno addirittura nel 2015, alla faccia dei falsi ottimisti (scommetto in un PIL a ca. -1%, trend is my friend). Renzi sta incrementando le tasse senza dirlo e la gente quasi ci crede, italiani brava gente si diceva negli anni ’50 in un famoso film prodotto da italiani e russi… Dunque, la domanda non è se l’incantesimo renziano si spezzerà ma solo quando accadrà: ad oggi politicamente Renzi è sostenuto da una maggioranza silenziosa allineata al dominus storico, gli USA. C’è da immaginare che Obama a breve verrà ridimensionato (Midterm, a seguire Levinsky reloaded fino alle presidenziali) e quindi Renzi perderà parte della “coperta” politico-militare-di intelligence che l’ha protetto fino ad ora, un po’ come successe a Berlusconi con la caduta di G.W. Bush. In tale frangente ritengo che la Germania cercherà di forzare la mano per approfittarsi del patrimonio italico, ma questa è un’altra storia…

Un altro aspetto importante è comprendere fino a quando gli italiani accetteranno di essere presi in giro con la manfrina tasse/non tasse: ritengo che siamo al limite, la fame sta ormai mordendo nel Belpaese per molti strati della popolazione. Parimenti ritengo che il catalizzatore della rivolta – o qualcosa del genere, all’italiana… – possa arrivare solo dall’estero, probabilmente dalla Francia, paese in crisi tanto profonda quanto l’Italia ma con la differenza di un welfare molto più pervasivo ed ingombrante.

Ora, cosa bisogna aspettarsi nel prossimo anno? Semplice, maggiori tasse e minori trasferimenti, leggasi minori pensioni, minore occupazione statale, maggiore repressione fiscale. In poche parole, un ambiente economico repellente alla crescita e alla libera imprenditoria. E dunque anche una riduzione degli occupati a termine – per via della delocalizzazione delle imprese esistenti -, fatto che peserà come una tassa aggiuntiva per chi resterà a causa di minori entrate e quindi di maggiori necessità di gettito.

Or dunque, ma cosa bisogna attendersi con maggiore precisione? E’ presto detto: le pensioni e la sanità assieme pesano per circa il 50% delle spese statali, l’incomprimibile servizio del debito in interessi per un altro circa 12-15%, non è possibile raddrizzare la situazione senza toccare pensioni e sanità! Dunque, facile prevedere che ci sarà un attacco alla riserva pensionistica anche consolidata degli italiani, sia attraverso limitazioni all’erogazione, sia come tagli alle pensioni attuali che, dulcis in fundo, in qualche forma di nazionalizzazione delle pensioni private e/o appropriazione del TFR accumulato. Parallelamente verrà introdotta una tassa di successione di circa il 10% per averi superiori a 100’000 euro o giù di lì. Probabilmente questo non basterà in quanto il solo annuncio ridurrà ulteriormente i consumi, causando un ammanco che verrà coperto da provvedimenti vieppiù straordinari, non escludendo anche qualche forma di patrimoniale meno occulta di quelle attuate fino ad oggi, magari nascosta dietro alla rivalutazione degli immobili nel nuovo catasto o in una più radicale applicazione delle famigerate CAC, clausole di azione collettiva, che già permettono agli stati in crisi di ridenominare il debito emesso dopo novembre 2011 in termini di tassi e durata (eh si, questa magari ve la siete persa…). In questo contesto le aziende di Stato sono a rischio, e si noti che la loro alienazione ora è assolutamente cruciale, sono le uniche aziende che ancora investono, impiegano e fanno utili in Italia (senza delocalizzare).

Il problema vero è che per tenere in piedi la baracca a questi ritmi bisognerebbe continuare a stratassare gli italiani [incrementando le tasse attuali!] per circa 10-15 anni per ridurre il debito al livello voluto dall’EU in un ottica di stabilizzazione della situazione economica italiana (intendo dire, senza che ogni ulteriore tassa aggiunta causi una decrescita, si chiama moltiplicatore fiscale maggiore di uno, precisamente quello che è successo in Grecia con l’applicazione delle misure imposte dalla troika con la differenza che là la cura è stata impartita in soli due anni e con un moltiplicatore fiscale vicino a 1,5): per l’Italia questo significherebbe che nell’arco di 10 anni si porterebbe il paese a mangiarsi tutti i risparmi accumulati, andando in miseria. Ecco perchè l’unica via di uscita non può essere che l’uscita dell’euro, ossia un vero cambio di paradigma che preserverebbe la possibilità di rinascita futura, mentre pagare tasse per rimanere nell’euro serve solo alla Germania per distruggere i propri competitors.

Noi di scenarieconomici.it siamo stati e rimaniamo gli anti euro della prima ora, deve essere chiaro che senza uscire dalla moneta unica l’Itralia è destinata a morire di debito. Dunque prima o poi bisognerà sfidare apertamente il dominus europeo, la Germania, l’unico paese a trarre scientemente profitto dall’euro e dall’austerità. E questo succederà necessariamente entro il 2017 a pena di un vero e proprio collasso economico delle periferie e della Francia oltre che dell’eurozona [collasso traumatico intendo], con il rinascere di fervori nazionalisti e /o con fenomeni neofascisti, oltre che con fenomeni di allarme sociale.

Per inciso, chi sono coloro che NON vogliono uscire dall’euro?

Semplice, quelli che ci guadagnano ed il problema è che costoro rappresentano le elites locali, quelli che governano capitali e informazione (tranne il Cavaliere). Nell’ordine: i grandi potentati economici/famiglie storiche che hanno convertito i loro enormi patrimoni da instabile lira in solido pseudo marco, coloro che guadagnano dal caos magari con improbabili modelli di business che suggeriscono alla delocalizzazione e soprattutto coloro che hanno interesse ad eliminare un competitor per i loro prodotti, direi soprattutto la Germania, magari per poi comprarseli per un tozzo di pane.

Ripeto, escludendo una deriva dittatoriale [mica impossibile purtroppo…] la soluzione ormai è una ed unica, arrivati a questo punto non serve nemmeno più invocare flessibilità dei trattati europei in quanto si è compromesso quel cuscinetto di ricchezza che avrebbe costituito il necessario ammortizzatore degli effetti (oltre a verificare che la Germania NON ha nessuna intenzione di allentare l’austerity anche se sta letteralmente mandando in rovina chi lo applica): appunto, L’UNICA SOLUZIONE E’ USCIRE DALL’EURO, A PENA DI UN PAIO D’ANNI DI SACRIFICI MA CON LA POSSIBILITA’ DI RIATTIVARE LA PROPRIA MACCHINA INDUSTRIAL-PRODUTTIVA SUCCESSIVAMENTE, che è precisamente quanto i partners europei (e non, per il conseguente crollo dell’euro) temono. Faccio notare che il tanto vituperato Cavaliere fu disarcionato dal sistema globale quando presentò un piano per l’uscita dalla moneta unica a Giorgio Napolitano, nella primavera-estate del 2011….

Mitt Dolcino


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