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Relazione presso il Consiglio Comunale di Civitavecchia del 21.3.2016 sul decreto “Salva banche” (di Antonio M. Rinaldi)

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Prima di iniziare la mia relazione desidero dedicare un sentito minuto di silenzio in memoria di Luigino D’Angelo, vittima di un sistema in cui credeva ma che invece non lo ha minimamente tutelato.

Come ben sappiamo, il governo in data 22.11.15 ha varato il decreto n.183, cosiddetto “Salva Banche”, al fine di garantire il salvataggio di quattro banche italiane in dissesto (Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, Cassa di Risparmio di Ferrara, CariChieti e Banca Marche) senza il coinvolgimento di alcuna forma di finanziamento o supporto pubblico.

Le banche in oggetto avevano accumulato negli esercizi precedenti ingenti perdite a fronte di gestioni azzardate e non corrette e con il decreto in questione il governo ha ritenuto di procedere facendole assorbire dai rispettivi azionisti e portatori di obbligazioni subordinate (quindi anche dei comuni risparmiatori clienti delle stesse), anticipando in parte quanto previsto dalla “Direttiva europea sulla risoluzione delle crisi bancarie”, più comunemente conosciuta come bail-in.

Nello specifico il governo ha proceduto alla separazione della parte “buona” delle banche, cioè delle attività di bilancio non in sofferenza, da quella “cattiva”, cioè dei crediti in sofferenza, con la creazione di altrettante quattro nuove banche che hanno assunto la stessa denominazione delle banche originarie e di una bad-bank. Alle nuove “banche buone” sono state quindi conferite tutte le attività non “in sofferenza” e le passività, quali i depositi e le obbligazioni ordinarie.

Nella bad-bank sono stati trasferiti invece i prestiti in sofferenza al netto delle azioni e delle obbligazioni subordinate e, per la parte eccedente, da un apporto del Fondo di Risoluzione alimentato dai tre Istituti bancari italiani maggiori (Intesa, Unicredit, UBI) i quali hanno versato 3,6 Mld di euro al fine di garantirne il raggiungimento dei parametri di capitalizzazione previsti in cambio del trasferimento dei crediti deteriorati. Obiettivo della bad-bank, nelle intenzioni del decreto in oggetto, è poi il recupero al meglio dei crediti in sofferenza.

Il governo ha giustificato tale provvedimento urgente al fine di evitare la messa a regime del bail-in previsto per il 1.1.16, il quale avrebbe ulteriormente previsto, oltre a quelli già adottati, anche il coinvolgimento dei depositi in conto corrente per l’eccedenza di 100.000 euro e per non generare un effetto contagio minando la fiducia dei risparmiatori nei confronti dell’intero sistema bancario italiano.

A questo punto è necessario iniziare a porsi alcune domande e a formulare conseguenti considerazioni.

Premesso che l’intero sistema bancario italiano non aveva mai subito iniziative del genere con interventi diretti del governo e che i clienti delle stesse non avevano mai subito decurtazioni o espropri dei loro risparmi neanche nei periodi bellici in quanto l’azione della Banca d’Italia è sempre stata orientata nel procedere a risolvere all’interno del sistema bancario stesso qualsiasi situazione di insolvenza inducendo, con la “moral suasion” (persuasione morale), l’intervento di altri Istituti, perché invece ora non si è percorsa questa strada e si è voluto di fatto anticipare la nuova normativa europea sulle risoluzioni bancarie?

In poche parole perché il governo non ha ritenuto opportuno tutelare i risparmi di 140.000 cittadini italiani che avevano affidato i loro averi a banche regolarmente autorizzate e vigilate? Per il timore di essere “redarguiti” dall’Europa ed essere di conseguenza sanzionati? Cioè perché si è preferito gettare nello sconforto così tanta gente anticipando l’applicazione di una normativa assurda e anacronistica che sarebbe andata in vigore dopo 40 giorni?

Perché nella pratica il governo ha poi ottenuto esattamente l’effetto contrario: mai come ora i cittadini italiani sono letteralmente disorientati e terrorizzati, non riponendo all’intero sistema bancario italiano più nessuna fiducia! Ricordo che l’Italia aveva da tempo conquistato l’ambito traguardo dei paesi con il più alto grado di propensione al risparmio privato. Procedendo in questo modo l’art. 47 della Costituzione è stato completamente disatteso mentre compito e dovere del governo sarebbe stato quello di tutelare il risparmio “sotto ogni forma”, anche a costo di contravvenire a norme europee le quali, in ogni caso, non possono mai porre in subordinazione le norme e garanzie costituzionali nazionali.

Quindi la soluzione migliore sarebbe stata quella percorsa nel passato in situazioni analoghe: intervento di altri istituti bancari italiani indotti dalla “persuasione” della Banca d’Italia al fine di garantire e tutelare i sacrosanti risparmi dei clienti e non generare l’effetto domino di paura generalizzata nel sistema bancario stesso con effetti imprevedibili ma facilmente intuibili. Se i timori del governo erano quelli di suscitare la reazione negativa della Commissione europea, vale la pena ricordare che altri paesi membri hanno “assistito” le proprie banche con denaro pubblico al fine di evitarne il dissesto, contravvenendo palesemente al divieto degli aiuti di stato previsti dai trattati internazionali come ha fatto ad esempio la Germania negli ultimi anni con l’apporto di 220 Mld di euro a favore di gran parte delle 417 banche dei Land, in cui detiene direttamente o indirettamente il controllo del capitale, salvaguardando in questo modo sia i risparmi dei cittadini che la funzione propria delle banche nel dare supporto al territorio produttivo e soprattutto non minando la fiducia dei propri cittadini nel loro intero sistema bancario.

Inoltre vale la pena di ricordare, anche in questa sede, che la stragrande maggioranza dei clienti delle banche oggetto del decreto del governo di salvataggio, non erano “speculatori”, ma semplicemente degli onestissimi risparmiatori che si erano totalmente affidati ai consigli dei responsabili delle loro stesse banche per investire i loro averi, il più delle volte frutto dei risparmi di una vita. Auspico che gli organi preposti al controllo verifichino puntualmente la “volontarietà” con cui la clientela ha effettuato acquisti in azioni e/o obbligazioni subordinate, in quanto la normativa vigente prevede un test ad personam per attribuire il grado di rischio sulle scelte d’investimento.

Risulta invece che siano state sistematicamente completamente ignorate le procedure previste dal test MIFID e i profili di rischio individuali siano stati molte volte    addirittura falsificati per consentire ad ignari risparmiatori di poter procedere a transazioni di prodotti finanziari ad alto rischio e che molti acquisti in azioni rappresentative il capitale delle banche, come in obbligazioni subordinate, siano state forzatamente pretese da funzionari e da impiegati a fronte di mutui e prestiti erogati.

Se poi aggiungiamo che molti clienti non sono riusciti a liquidare i loro investimenti in tempo utile, almeno per poter recuperare il recuperabile, mentre alcuni “fortunati” sono riusciti nell’intento, allora siamo in presenza di qualcosa di ancora più grave e mi auguro che la Magistratura faccia al più presto piena chiarezza in quanto il nostro Paese deve essere considerato ancora uno Stato di Diritto e non una “Kasbah” dove vige la legge del più forte!

Ma l’aspetto più sconcertante del provvedimento del governo italiano risiede nelle tecniche adottate per la risoluzione delle quattro banche in questione. Ad esempio perché i crediti in sofferenza sono stati apportati dalle rispettive banche alla bad-bank con il coefficiente 0,175, cioè di valutazione di 17,5 centesimi per ogni euro di sofferenza trasferito, quando la media di mercato in casi analoghi è di 40 centesimi sempre per ogni euro, così come rilevato dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana)? Inoltre il coefficiente applicato di 17,5 centesimi per euro, deriva da una media matematica e non ponderata tra i circa 22 cent./euro attribuiti ai crediti in sofferenza garantiti e i circa 12 cent./euro attribuiti a quelli privi di garanzia. Ne consegue che se si fosse adottato un coefficiente più elevato, in linea con quelli di mercato, i portatori delle obbligazioni subordinate sarebbero stati espropriati in misura nettamente inferiore.

A questo punto è più che lecito ipotizzare che se la bad-bank procederà alla vendita in blocco o a trance di suddette sofferenze a prezzi più vicino a quelli di mercato, cioè a valori ben più alti di quelli in cui ne è venuta in possesso, registrerà in brevissimo tempo cospicue plusvalenze, nell’ordine di centinaia e centinaia di milioni di euro, naturalmente anche a discapito dei portatori di obbligazioni subordinate.

Inoltre con il decreto del 22 novembre scorso, le sofferenze delle quattro banche sono passate da 4 a 1,5 Mld di euro (dopo che una precedente svalutazione avevano già ridotto i crediti inesigibili da 8,5 a 4 Mld di euro!) generando sulla differenza dei 2,5 Mld, un credito d’imposta pari a 750 ml di euro. Il deputato del PD, Marco Causi, ha presentato in questi giorni due emendamenti al decreto originario del novembre scorso in modo che tali crediti d’imposta vengano riconosciuti in dote alla bad-bank! Oltre al danno la beffa, mentre il buon senso suggerirebbe che almeno un terzo di questi crediti d’imposta, generati per l’appunto dalla svalutazione dei crediti, spetterebbero ai risparmiatori che avevano affidato i loro risparmi alle obbligazioni subordinate.

Si è molto parlato anche che i depositi in conto corrente inferiori ai 100.000 sono salvaguardati in ogni caso in quanto il FITD (Fondo Interbancario Tutela Depositi) ne garantisce il rimborso in caso di dissesto della banca. Nulla di più falso, poichè il Fondo di tutela, che ricordo essere un fondo privato alimentato dalle stesse banche in funzione del proprio monte depositi, non riuscirebbe a soddisfare il risarcimento di tutti gli aventi diritto in quanto dispone di un patrimonio che copre appena lo 0,4% dell’intero monte dei depositi bancari nazionali e che pertanto, in presenza di un dissesto bancario “corposo”, non sarebbe in grado di soddisfare neanche rimborsi di conti corrente modesti, nell’ordine di qualche migliaio di euro pro capite! Quindi il timore del governo nel procedere al decreto urgente di fine novembre per evitare di far ricadere la risoluzione delle quattro banche nella normativa europea del bail-in è del tutta priva di fondamento. Come sono apparse totalmente fuori luogo le eccezioni poste dalla Commissione Europea nel considerare aiuti di Stato il potenziale intervento del FITD essendo palesemente un Fondo di garanzia privato e non pubblico.

In ultima analisi la mia personale valutazione è che il governo ha commesso il duplice errore di non aver tutelato i risparmiatori così come chiaramente sancito dalla Costituzione repubblicana e generando un panico generalizzato fra i cittadini italiani che dalla mattina alla sera non si fidano più di quello che consideravano una certezza assoluta: la totale fiducia nel sistema bancario italiano. Il tutto per l’incomprensibile accondiscendenza e sudditanza verso le regole e dettami europi che ogni giorno stanno sempre più facendo trasparire la distanza verso i veri interessi dei cittadini e ad appannaggio esclusivo invece di quelli del mondo finanziario e delle lobby delle multinazionali.

Il mio invito è pertanto quello di promuovere delle class action, cioè di azioni collettive, al fine di intraprendere efficaci azioni di responsabilità nei confronti di coloro i quali hanno provocato i dissesti di queste banche al fine di recuperare il recuperabile. Azione ancora più concreta visto che sia la “vecchia” Banca Etruria che la “vecchia” Banca Marche sono state dichiarate insolventi rispettivamente dai Tribunali fallimentari di Arezzo e di Ancona, aprendo pertanto ipotesi di bancarotta fraudolenta a carico degli amministratori con probabili risvolti sia penali che civili.

In questo modo si avrà la possibilità di assicurare alla giustizia i responsabili dei dissesti finanziari delle banche in questione, ma anche la speranza di ottenere parte dei risarcimenti certamente più corposi di quelli che il governo ha timidamente finora solamente ipotizzato con l’istituzione di un fondo di solidarietà , per ora solamente nelle intenzioni, ma che già si preannuncia poco credibile e realizzabile non per altro per i criteri discutibili che andrebbero a coprire solo minimamente i danni subiti dai portatori di obbligazioni subordinate coinvolti e solo a specifiche tipologie di risparmiatori.

Insomma lo Stato non ha fatto fronte alla tutela del risparmio non assumendosene gli oneri, ma lasciandoli a totale carico dei clienti ignari delle reali situazioni patrimoniali societarie visto che le istituzione preposte al controllo e alla vigilanza non hanno preventivamente rese note al pubblico le notizie sui dissesti finanziari delle quattro banche in oggetto. Spero infine che i cittadini coinvolti non si accontentino delle promesse dei politici che stanno assumendo il sapore di beffa, ma agiscano uniti in azioni collettive per esercitare i loro sacrosanti diritti!

Antonio M. Rinaldi


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