Attualità
La relazione della Banca d’Inghilterra sulla creazione del denaro
Guest post di Francesco Simoncelli da Freedonia e Rischio Calcolato
David Graeber, articolista del Guardian, ritiene che il documento della Banca d’Inghilterra “Money Creation in the Modern Economy” smentisca le spiegazioni standard su come funziona la riserva frazionaria in un’economia a denaro fiat. Queste spiegazioni sono soltanto dei miti e hanno conseguenze significative. Graeber sembra seguire Steve Keen, il quale ha tratto conclusioni analoghe qui. Entrambi fondono le spiegazioni sulla riserva frazionaria con quella che definiscono “teoria del moltiplicatore monetario.” Il documento della Banca d’Inghilterra spiega perché la “teoria del moltiplicatore monetario” non offre una descrizione accurata di come procede il processo di creazione del denaro. […] La Banca d’Inghilterra non afferma affatto che il suo documento va a confutare le spiegazioni standard sulla riserva frazionaria, come crede invece Graeber. Infatti, la relazione è piena di processi bancari a riserva frazionaria, e c’è una ragione evidente: quello attuale è ancora un sistema bancario a riserva frazionaria.
La “teoria del moltiplicatore monetario,” almeno nella forma rigida in cui la presenta la Banca, non è essenziale per la riserva frazionaria e non è nemmeno una componente necessaria per spiegarla. Ho scritto ampiamente su questo argomento e credo di non aver neanche usato il termine. Inoltre, le conclusioni apparentemente esplosive che Graeber (e in qualche misura Keen) trae dalla mancata trattazione della “teoria del moltiplicatore monetario,” come ad esempio che il denaro non è una risorsa scarsa, che la creazione della moneta non richiede prima un risparmio, che le banche creano depositi attraverso i prestiti, queste conclusioni sono vere in qualsiasi sistema a riserva frazionaria con una moneta fiat ed una banca centrale. Solo combinando la riserva frazionaria con le banche centrali e il denaro fiat si ottengono invariabilmente queste conseguenze. Si potrebbe anche ottenerle se la “teoria del moltiplicatore monetario” fosse corretta. Ad esempio, se la “teoria del moltiplicatore monetario” fosse una descrizione corretta del processo moderno di creazione di moneta, non ci sarebbe bisogno di risparmi affinché le banche potessero aumentare i prestiti, basterebbe semplicemente che la banca centrale creasse riserve; ciononostante il denaro rimarrebbe ancora un pezzo di carta o una voce elettronica e l’offerta di moneta resterebbe ancora del tutto elastica. Nessuno che abbia capito come funziona la riserva frazionaria in condizioni di denaro fiat illimiato può rimanere particolarmente scioccato dalla BoE che prende le distanze dalla “teoria del moltiplicatore monetario,” poiché non “rivela” niente che già non sapessimo, né esiste una lista di scoperte “esplosive” come sostiene Graeber. Pertanto il mio sospetto iniziale, secondo cui Graeber ha capito solo ora come funziona la riserva frazionaria in condizioni di denaro fiat, è del tutto comprensibile.
Dopo aver riletto il documento della Banca d’Inghilterra e l’articolo di Graeber sul Guardian, sostengo quanto segue:
- La “teoria moltiplicatore monetario” è un dettaglio, non un punto di svolta.
- Non c’è nulla di fondamentalmente nuovo o sorprendente nella relazione della Banca d’Inghilterra (ci sono, tuttavia, alcune imprecisioni ed errori).
- Le scoperte sensazionali di cui parla Graeber sono sostanzialmente vere, ma non sono sorprendenti. Il denaro non è, ovviamente, mai scarso in un’economia a denaro fiat.
- Le conclusioni di Graeber – perché l’austerità? cosa succederebbe se il mutuatario medio scoprisse come nasce il denaro? – sono sciocche e confuse, e non seguono la 3). Keen non sembra condividere queste ultime conclusioni, ma anche lui è in errore, secondo la mia valutazione, a causa dell’importanza di ciò che la Banca d’Inghilterra ha “rivelato.”
Cosa si intende per “teoria del moltiplicatore monetario” e come si collega alla riserva frazionaria
Secondo il documento della Banca d’Inghilterra, c’è una teoria là fuori con cui molti libri di testo spiegano il processo di creazione di denaro in un sistema a riserva frazionaria. Le componenti di questa teoria sembrano essere i seguenti:
1) In un sistema a riserva frazionaria la capacità delle banche di creare più depositi attraverso più prestiti è in definitiva limitata dalla quantità disponibile di riserve. Le banche di solito possono creare più depositi estendendo nuovi prestiti (sicuramente, questo è ciò che costituisce la riserva frazionaria), ma con più depositi aumenta il rischio di deflussi sotto forma di trasferimenti ad altre banche o rimborsi in contanti. Per essere in grado di soddisfare tali deflussi, le banche hanno bisogno di più riserve.
2) In un sistema monetario fiat, la banca centrale controlla la quantità di riserve disponibili. Non vi è alcun limite interno o “naturale” alle quantità di riserve. Questa è la differenza da un gold standard o un’economia (ancora ipotetica) basata sul Bitcoin. Se la banca centrale volesse fornire maggiori riserve al sistema bancario, potrebbe farlo. Può letteralmente creare riserve dal nulla. La quantità delle riserve è ora solo il risultato di una decisione amministrativa. Pertanto, i “risparmi” o gli asset di riserva (come l’oro) in deposito presso una banca, non sono più necessari per aumentare la capacità delle banche di concedere prestiti e creare quindi ulteriori soldi. Il vincolo ultimo sulla creazione di denaro è ora politico.
3) Alcune spiegazioni del processo di creazione di denaro affermano che la banca centrale gestisca direttamente la quantità delle riserve. Quando la banca centrale vuole che le banche prestino di più, dà loro più riserve (per esempio, acquistando asset da loro). Poiché si presume che le banche utilizzino “al massimo” le loro riserve attuali, le riserve aggiuntive condurranno presto ad ulteriori prestiti. Le banche “moltiplicano” il denaro della banca centrale.
4) Alcune teorie suppongono che ci sia una relazione stabile e lineare tra la quantità di riserve e la creazione complessiva di denaro. Se le riserve salgono di Y, il prestito complessivo salirà di a x Y. Secondo questo punto di vista, l’attuale quantità di riserve ci racconta l’orientamento della politica monetaria di oggi e la crescita dei prestiti e degli aggregati monetari di domani.
Ecco il punto: 1) e 2) sono certamente corretti. Non c’è nulla nel documento della Banca d’ Inghilterra che confuti 1) e 2). Sono fuori discussione. 1) è vero per ogni sistema a riserva frazionaria. 2) è vero per ogni sistema a denaro fiat. Solo 3) e 4) caratterizzano la teoria definita sopra come “teoria del moltiplicatore monetario,” e solo 3) e 4) sono quelli contestati.
Per quanto riguarda il punto 3), la Banca d’Inghilterra afferma che “tipicamente” non aggiusta i livelli delle riserve ma invece aggiusta i tassi di interesse, ovvero quei tassi di interesse chiesti alle banche per prestare i fondi di riserva e quelli pagati alle banche quando depositano riserve presso la banca centrale. Influenzando i tassi di interesse, la banca centrale influisce sulla redditività dei prestiti aggiuntivi e quindi incoraggia o scoraggia (a seconda degli attuali obiettivi di politica) il credito bancario complessivo e la creazione di moneta. Se il prestito aumenta in risposta a bassi tassi di interesse, le banche possono prendere in prestito (a tasso fisso) dalla banca centrale qualunque riserva di cui hanno bisogno, o vendere asset alla banca centrale per ottenere riserve. Ma se agli occhi della banca centrale le banche prestano troppo (creano troppi soldi), essa può aumentare i tassi di interesse, che, ceteris paribus, dovrebbe tendere a rallentare i prestiti ed i mutui (e la creazione di moneta ), e questo a sua volta frenerebbe la domanda di nuove riserve.
In un sistema monetario fiat la banca centrale ha il pieno controllo sulla quantità e sul costo delle riserve. E “tipicamente” conduce la sua politica fissando i tassi di interesse piuttosto che fissare la quantità di riserve. Entrambe le cose sono, ovviamente, legate.
Ecco quello che dice la Banca d’Inghilterra (pagina 21):
Le banche centrali, in genere, non scelgono una quantità di riserve per generare un certo tasso di interesse a breve termine. […] Al contrario, si concentrano sui prezzi — fissare i tassi di interesse. […] La Banca d’Inghilterra controlla i tassi di interesse rifornendo e remunerando le riserve al suo tasso di riferimento prescelto. L’offerta di riserve e di valuta (che insieme costituiscono la base monetaria) è determinata dalla domanda delle banche di saldare i pagamenti e di soddisfare la domanda di moneta dei clienti — domanda che di solito la banca centrale asseconda.
E’, ovviamente, concepibile che la banca centrale abbia potuto stabilire procedure con cui cercare di influenzare il credito bancario attraverso gli aggiustamenti delle riserve piuttosto che con i tassi di interesse. Ma, poiché la banca centrale ha scelto di utilizzare i tassi come strumento politico, le banche hanno imparato a prenderli come riferimento. Le banche sanno che in base all’attuale politica possono prendere in prestito sempre più riserve, ma sanno anche che se la banca centrale dovesse pensare che i prestiti sono troppi, allora potrebbe aumentare i tassi e quindi aumentare il costo dei fondi di riserva.
Per quanto riguarda 4), mi sembra assolutamente inutile e addirittura sciocco supporre che i cambiamenti nella quantità di riserve debbano in qualche modo portare direttamente a cambiamenti equivalenti nell’offerta di denaro più ampia. Naturalmente c’è un potente legame tra le due cose, e ai fini di una semplice esposizione potrebbe essere utile supporre che sia anche lineare, ma non c’è un rapporto così diretto tra tassi bassi e prestiti supplementari. La banca centrale può solo sperare di incoraggiarli: non può forzarli, ma può limitarli. (E può usare il QE per aggirare un settore bancario riluttante. Ed è anche ipotizzabile che la banca centrale conceda prestiti direttamente allo stato, cosa che Graeber sembra proporre per evitare “l’austerità.” Tale processo dovrebbe quindi aggirare il settore privato.)
Le riserve ancora contano
Poiché la Banca d’Inghilterra dirige i prestiti bancari attraverso i tassi piuttosto che con la quantità di riserve, i livelli odierni delle riserve non sono un vincolo significativo per i prestiti e la creazione di denaro di domani. Ma questo non significa che la loro quantità non conti. Questo è ancora un sistema a riserva frazionaria, e può essere confermato dal ruolo di primo piano che svolgono le riserve nei diagrammi usati dalla Banca d’Inghilterra per spiegare la creazione di moneta.
Per illustrarlo, ecco una citazione dal documento (pagine 18-19):
In primo luogo, la banca del compratore regola i conti con la banca del venditore trasferendo riserve. Ma ciò lascerebbe la banca del compratore con meno riserve e più prestiti in relazione ai propri depositi. E’ una situazione problematica per la banca, in quanto aumenterebbe il rischio di non essere in grado di soddisfare tutte le probabili uscite. E, in pratica, le banche concedono molti prestiti ogni giorno. Quindi, se una data banca finanziasse tutti i nuovi prestiti in questo modo, ben presto finirebbe a corto di riserve.
È interessante notare come la Banca d’Inghilterra descriva una strategia chiave affinché le banche evitino tutto questo: cercare di attrarre depositi supplementari dai clienti. Questa è una strategia secolare caratteristica di tutte le banche a riserva frazionaria, anche sotto il gold standard: offrire alti tassi sui depositi in modo da ottenere più riserve.
Ma attraverso i depositi o altre passività, la banca dovrebbe assicurarsi di attirare e trattenere fondi al fine di continuare ad espandere i prestiti.
Questa è la classica riserva frazionaria, attraverso la quale si crea denaro dal nulla; e affermare che tale spiegazione sia un “mito popolare,” è chiaramente sbagliato.
Torniamo all’articolo di Graeber
Ecco alcune delle conclusioni di Graeber che dovrebbero rendere “esplosivo” il documento della Banca d’Inghilterra:
Graeber: “Non esiste alcun limite a quanto denaro le banche potrebbero creare, a condizione che possano trovare qualcuno disposto a prenderlo in prestito.”
Questo è vero solo nella misura in cui la banca centrale non imponga un limite. In un’economia a denaro fiat il limite ultimo alla creazione di moneta, almeno in senso tecnico, è la politica monetaria e non il risparmio; sebbene la creazione di ulteriori prestiti non coperti da risparmi finirà per gettare nel caos l’economia. In ogni caso, tutto ciò scaturisce da 1) e 2), e non dal rifiuto della Banca d’Inghilterra di 3) e 4) (la “teoria del moltiplicatore monetario”), come Graeber sembra credere.
Graeber: “Questo significa che il vero limite alla quantità di denaro in circolazione non è quanto la banca centrale sia disposta a prestare, ma quanto il governo, le imprese ed i semplici cittadini siano disposti a prendere in prestito.”
Questo non è corretto. Il vero limite rimane ancora la banca centrale. Se essa ritiene che ci siano troppo prestiti ed un’eccessiva creazione di denaro, potrà alzare i tassi di interesse e rendere le riserve più costose. Ciò pone certamente un limite alla creazione di moneta. Qui Graeber trae conclusioni errate dal rifiuto della Banca d’Inghilterra di 3) e 4).
Ecco cosa dice la Banca d’Inghilterra (pagina 17):
Il vincolo definitivo alla creazione di moneta è la politica monetaria.
Graeber: “Quindi la spesa pubblica non “spiazza” gli investimenti privati.”
E invece sì. Lo stato può spiazzare i finanziamenti privati, almeno finché esistono parametri connessi alla creazione di moneta e fissati dalla banca centrale.
Graeber: “E’ questa comprensione ( il vecchio “mito del moltiplicatore monetario,” DS) che ci permette di parlare del denaro come se fosse una risorsa limitata come la bauxite o il petrolio, di dire che “non c’è abbastanza denaro” per finanziare i programmi sociali, di parlare dell’immoralità del debito pubblico o della spesa pubblica che “spiazza” quella privata.”
Il denaro non è certamente una risorsa limitata, perché sono veri 1) e 2) e non perché 3) e 4) sono stati respinti. Non conosco nessuno che quando parla di denaro in un’economia a denaro fiat lo fa come se fosse un asset strettamente limitato, e non conosco nessuno che sproni lo stato a vivere entro i propri mezzi (le sue entrate dalla tassazione), cosa che dovrebbe essere la norma, ma che oggi viene definita “austerità,” perché il nostro sistema monetario non è in grado di produrre una quantità sufficiente di unità monetarie.
Possiamo, naturalmente, essere subito d’accordo con Graeber che in un’economia a denaro fiat la banca centrale può usare la stampante per finanziare il governo. Dal lato della creazione di moneta, non ci sono ragioni tecniche per cui il governo non possa spendere quanto ritenga necessario e finanziarlo attraverso il prestito, e fare in modo che la banca centrale si assicuri che ci sia abbastanza denaro fiat per lo stato. Ma sostenere il pareggio di bilancio – e in definitiva il denaro sonante e apolitico – è la conseguenza economica dell’inflazionismo: livelli di debito in aumento, un’errata allocazione dei capitali, mercati distorti, consumo di capitale e distruzione definitiva del denaro con gravi conseguenze per la società in generale. Sì, professor Graeber, siamo perfettamente in grado di distruggere il nostro sistema monetario.
Imprecisioni nella relazione della Banca d’Inghilterra
- Se la “teoria del moltiplicatore monetario” fa sembrare la quantità di riserve come se fosse l’unica cosa importante, il documento della Banca d’Inghilterra è colpevole di sottolineare eccessivamente il ruolo dei tassi di interesse. Le duce cose sono, ovviamente, collegate. Se la Federal Reserve volesse assicurarsi che il tasso della sua politica, in questo caso i federal funds, scenda ad un livello inferiore, potrebbe effettuare operazioni di mercato aperto con le banche, cioè aggiungere ulteriori quantitativi di riserve al sistema al fine di far scendere il tasso al nuovo livello.
- La descrizione del quantitative easing presuppone che le operazioni coinvolte comportino l’acquisto di asset da entità non-bancarie, come i fondi pensione, e che le banche siano solo degli intermediari. Tuttavia, molte operazioni legate al QE possono comportare l’acquisto di asset dalle banche. Ad esempio, il QE1 nell’autunno del 2008 ha certamente avuto come protegoniste le banche. Le conseguenze per i bilanci sono diversi da quelli descritti nella relazione della Banca d’Inghilterra.
- Il documento della Banca d’Inghilterra è accompagnato da due video. Un spiega perché usiamo il denaro. In questo video si afferma che una banconota da 20 sterline sia un I.OU. Questo è certamente falso. Una banconota fiat è un pezzo di carta non rimborsabile. Non ha scadenza e non serve a rivendicare un qualsiasi altro asset o un qualsiasi pagamento o un delivery di qualche tipo. Se portate la vostra banconota da 20 sterline alla banca centrale ne otterrete un’altra. (Forse si può definirla un “I.O.U. di niente,” come ha fatto Doug Casey.) Di certo, non è I.O.U.
Il denaro sonante non è un I.O.U.
Il video sul perché usiamo il denaro pare basato sulla teoria di Graeber, come descritta nel suo libro Debt – The First 5,000 Years, secondo cui il credito è stato creato prima del denaro e che il denaro è stato dapprima un I.O.U. In questo modo, il video mette in evidenza l’inadeguatezza della teoria di Graeber la quale si prefigge di spiegare l’ascesa della moderna economia monetaria.
Un contadino vuole commerciare i suoi frutti per il pescato di un pescatore. Questo è un esempio di scambio diretto, baratto. Si presenta subito il problema della “doppia coincidenza dei bisogni” (le due parti possono commerciare solo se vogliono ciò che l’altro ha da offrire), ma cio’ viene ignorato dal narratore. Invece l’attenzione viene spostata sul problema di separare i tempi della consegna: vendere i frutti ora, acquistare il pesce più tardi. Il ritardo può essere colmato con l’emissione di un I.O.U., e si afferma che è questo il modo in cui è nato il denaro.
Ma il denaro come un I.O.U. non può risolvere il problema della “doppia coincidenza dei bisogni” (può solo addolcirlo, l’I.O.U. rimane un credito nei confronti di un bene o servizio specifico, non è un mezzo di scambio) e, come sottolinea il narratore, dipende in modo cruciale dalla fiducia. Come destinatario di un I.O.U., si deve aver fiducia che l’emettitore consegnerà qualcosa che si vuole veramente. Questo è il motivo per cui la vera svolta nell’evoluzione di un’economia monetaria è arrivata quando le merci sono state usate come denaro. Oro e argento hanno funzionato come mezzi di scambio per migliaia di anni, proprio perché non sono I.O.U. L’oro è un asset che non è la passività di qualcun altro. Possedere questa forma di denaro dà potere d’acquisto (a patto che l’oro e l’argento siano generalmente accettati) senza legare qualcuno ad un qualunque emettitore specifico, senza l’imposizione di un “rischio di controparte.”
Oro e argento hanno svolto il ruolo di denaro per migliaia di anni e non sono I.O.U. Bitcoin potrebbe diventare denaro, e di certo non è un I.O.U. Il denaro fiat e le monete non sono I.O.U. I depositi di denaro possono essere considerati I.O.U. Si tratta di un credito – di solito rimborsabile immediatamente – nei confronti della banca, cioè il depositante ha diritto ad avere indietro banconote e monete se lo richiede. La ragione per cui le persone utilizzano i depositi è una: si fidano che l’infrastruttura monetaria fiat dominata dalla banca centrale assicurerà loro una convertibilità istantanea in banconote e monete, cioè, forme di denaro che non sono I.O.U.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli
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