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ReArm Europe: Un’iniziativa UE sotto accusa tra dubbi giuridici e interessi tedeschi

ReArmEU: una politica europea non democratica, che sfrutta male elementi emergenziali, e che sembra disegnata ad hoc per rilanciare le economie tedesca e francese. A noi interessa poco, anzi è il segno del declino autoritario della UE

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La recente proposta ReArm Europe della Commissione Europea, volta a rafforzare l’industria della difesa europea, è al centro di un acceso dibattito. Un webinar del canale YouTube A/simmetrie, dal titolo “ReArm Europe e trattati UE: quale sostenibilità giuridica?”, ha analizzato criticamente l’iniziativa, mettendo in luce problematiche giuridiche, finanziarie e politiche che ne minano la credibilità e la reale efficacia.

Eccovi il video originali, a cui partecipavano il Professor Luciano Barra Caracciolo, il Deputato Alberto Bagnai e l’ex Capogruppo al Parlamento Europeo Marco Zanni, tre esperti che, da prospettive diverse, conoscono molto bene il problema del finanziamento delle iniziative nazionali e il funzionamento, sempre farraginoso e poco democratico, dell’Unione Europea.

Lungi dall’essere un atto di emancipazione europea, ReArm Europe appare, secondo i relatori, come una mossa strategica guidata da interessi tedeschi e da una Commissione Europea desiderosa di ampliare il proprio potere.

Il contesto macroeconomico europeo, segnato da squilibri e politiche di austerità, fa da sfondo all’iniziativa. Si suggerisce che la Germania, in difficoltà nella riconversione industriale verso settori “verdi”, veda ora nell’industria degli armamenti una nuova frontiera, sfruttando la narrazione della “minaccia esterna” per giustificare un massiccio investimento nel settore.

Dubbi emergono sulla reale autonomia europea in questo scenario, con il rischio concreto di una subordinazione agli Stati Uniti e ai loro interessi strategici, anche quando questi sembrano allontanarsi dal quadrante Occidentale.

Dal punto di vista giuridico, l’iniziativa ReArm Europe si muove su un terreno instabile. I trattati UE, pur complessi e contraddittori, mantengono una chiara distinzione tra le competenze dell’Unione e quelle degli Stati membri in materia di difesa.

L’articolo 24 del Trattato sull’Unione Europea, relativo alla politica estera e di sicurezza comune, viene citato come esempio di un quadro normativo che mal si concilia con il ruolo propulsivo assunto dalla Commissione Europea in ReArm Europe. Si sospetta un utilizzo strumentale dell’articolo 122, relativo a misure eccezionali in caso di difficoltà di approvvigionamento, per aggirare il normale processo decisionale e conferire un ruolo eccessivo all’esecutivo comunitario. In realtà non c’è nessuna reale emergenza che obblighi all’applicazione dell’articolo 122, in quanto non c’è una possibilità di un attacco immediato della Russia. Un riarmo serio richiederà anni, perché applicare l’urgenza? La gatta frettolosa ha sempre fatto gattici ciechi.

Questa forzatura giuridica solleva interrogativi sulla legittimità democratica dell’iniziativa e sulla sua compatibilità con i principi fondanti dell’UE.

L’europarlamentare Marco Zanni offre una prospettiva politica disincantata. Ricollegando ReArm Europe alla crisi di Crimea del 2014 e alla consapevolezza tedesca dei limiti del proprio modello economico, Zanni evidenzia come il cambio di paradigma nell’allocazione dei fondi UE fosse già in atto con il quadro finanziario pluriennale 2021-2027 e il fondo di ripresa. La crescente attenzione a difesa e riconversione industriale, a scapito di politiche di coesione e agricoltura, prefigura un futuro incerto per paesi come l’Italia, che potrebbero subire ulteriori tagli ai fondi europei.

Sul fronte finanziario, la cifra roboante di 800 miliardi di euro associata a ReArm Europe si rivela presto una mera stima di risorse mobilitate, non di denaro fresco. La Commissione punta a un mix di garanzie UE, prestiti BEI e investimenti privati, ma la credibilità di tale piano appare fragile. Lo spettro dell’indebitamento comune, già sperimentato con il fondo di ripresa e i suoi controversi risultati, si ripresenta minaccioso. Il rischio concreto è che l’onere del debito gravi sul bilancio UE per decenni, compromettendo altre politiche e alimentando tensioni tra gli Stati membri.

Infine, il webinar solleva un interrogativo cruciale sul controllo democratico di queste politiche. I parlamenti nazionali, già marginalizzati nelle decisioni di politica estera e di sicurezza comune, rischiano di essere ulteriormente esautorati. Anche il Parlamento europeo, pur teoricamente organo di controllo, appare uno strumento insufficiente per contrastare derive tecnocratiche o intergovernative.

In conclusione, ReArm Europe emerge come un’iniziativa controversa, fortemente criticata per le sue basi giuridiche incerte, le implicazioni finanziarie rischiose e la mancanza di un adeguato controllo democratico. Dietro la facciata di un rafforzamento della difesa europea, si intravedono interessi particolari e ambizioni di potere, che rischiano di minare la coesione e la sostenibilità stessa del progetto europeo. Un campanello d’allarme che merita di essere ascoltato con attenzione.


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