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Crisi

Quelle leggerissime contraddizioni del Direttore del Sole 24 Ore: si esce dalla crisi solo se se ne comprendono davvero TUTTE le cause

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Oggi e’ uscito il seguente articolo del Direttore del Sole 24 Ore, Roberto Napoletano, dal roboante titolo: IL CORAGGIO DELLA VERITA’.

Napoletano c’ha abituato ad articoli dai titoli evangelici e profetici; memorabile il FATE PRESTO con cui sostanzialmente chiedeva la testa di Berlusconi, ed il salvifico arrivo di Monti, la cui presenza a Palazzo Chigi altro non fece che azioni mirate a distruggere la domanda interna ed a ripagare i creditori, facendo incancrenire tutti gli indicatori dell’economia reale.

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Comunque le Litanie di Napoletano sono piu’ o meno sempre le stesse; il solo fatto che si senta depositario della “Verita’” fa capire che il suo ruolo non e’ tanto quello di dirigere il piu’ grande giornale economico italiano in chiave prettamente economica (come dovrebbe), ma sostanzialmente in chiave politica, morale e salvifica (che e’ esattamente l’opposto di quanto ci si dovrebbe aspettare). Ma vediamo alcuni passaggi dell’articolo.

La fiducia si costruisce con il coraggio della verità, i tempi e le modalità di questa lunga crisi non sono uguali per tutti. Prima la frenata delle previsioni del pil italiano, ora il dato della produzione industriale di maggio (-1,8% sul 2013) che supera le più negative aspettative e sembra spegnere i segnali, cautamente positivi, che pure si percepivano.

Gia’ qui viene spontaneo chiedere a Napoletano cosa cavolo fa il suo giornale. Noi che non siamo nessuno, lo ripetiamo ormai da 9 mesi che il PIL del 2014 sarebbe stato negativo, a dispetto di ogni “farlocca” previsione (vedi QUI e QUI), e lui se ne accorge adesso? Sono 17 anni che l’Italia perde tra 1 ed 1,5 punti di PIL all’anno sulla media Europea. Le previsioni (anche del CSC) erano farlocche in modo evidente: perche’ mai proprio nel 2014 l’Italia avrebbe colmato tale gap? Le cause del declino Italiano sono ancora tutte in piedi: se non rimuovi tali cause, non rimuovi neanche il differenziale negativo di andamento del PIL annuo, e non ci vuole un Nobel per capirlo; basterebbe un giornalista economico onesto e che sappia fare 4 conti in croce. Andiamo avanti a leggere il verbo di Napoletano:

Il tasso di disoccupazione …, il divario tra le due Italie …Il peso della tassazione su imprese e banche, ….il peso, altrettanto abnorme, di una burocrazia ossessiva, chiudono spazi vitali di crescita, …Questa è la realtà italiana. Figlia di colpe nostre, evidenti, e di colpe europee, che hanno la loro origine in un eccesso di rigore. …

Anche qui c’e’ da mettersi le mani nei capelli. Napoletano parla di “colpe”: i politici parlano cosi’, o i preti o i moralisti.

Poi le cosidette cause della crisi: “le tasse elevate, la burocrazia e l’austerity imposta dall’europa“. Ma siamo sicuri che siano solo queste le cause della crisi che ha coinvolto l’Italia e mezza Europa? Sicuri, sicuri, sicuri? Sono stati investiti in pieno dalla crisi una serie di paesi dell’eurozona con tassazioni e burocrazia ben inferiori a quelli della Germania (che e’ stata assai meno coinvolta dalla crisi stessa). Quanto all’austerity, e’ qualcosa che ha coinvolto sostanzialmente anche la Germania, ma questa non e’ crollata a differenza di altri. Forse forse, le cause della crisi non stanno solo in questi argomenti (tra l’altro corretti), ma stanno prevalentemente nel fatto che l’Eurozona ha al suo interno generato “squilibri macroeconomici” negli anni dell’euro di portata stratosferica (essenzialmente nelle sfere private dell’economia) che non riesce a gestire, con gap di competitivita’ che in un sistema a cambi fissi, generano disastri non tanto nei paesi meno burocratici, o meno tassaioli o con piu’ o meno austerita’, quanto nelle nazioni piu’ inflattive, dove la principale voce di costo di un’economia privata, il costo del lavoro, non viene tenuta a bada, e la cosa non e’ compensabile attraverso i normali canali di riaggiustamento dei cambi e dei tassi. Anche qui non ci vuole un nobel per vedere che l’eurozona e’ l’area piu’ depressa a livello economico negli ultimi anni, e che al suo interno vincitori e vinti coincidono in modo perfetto con l’andamento divergente del Costo del Lavoro per Unita’ di Prodotto, con la divergenza del Conto Corrente delle Partite correnti e con la variazione dell’ammontare dei Debiti del Sistema Privato. Caro Napoletano, non ce la rocconti giusta: se non hai chiare le cause della malattia (tutte!), anche la cura che proponi, forse forse, serve a poco.

Andiamo avanti:

Non c’è più tempo da perdere per lanciare un New Deal europeo fatto di investimenti in infrastrutture materiali e immateriali e di una nuova governance che sappia affiancare al Fiscal Compact una vera azione di sviluppo, ….

Qui siamo al ridicolo. Come si fa a chiedere “espansione” (a partire da spesa pubblica in investimenti massiva) e pensare che questa possa conciliarsi ed affiancarsi al Fiscal Compact. E’ questione di logica e matematica elementare: “espansione” e “fiscal compact” sono per definizione inconciliabili.

…il governo Renzi prenda atto che ribaltare il tavolo europeo non è possibile, ma non smetta di battersi come ha fatto finora per cambiare le cose, passo dopo passo. Anche perché l’Europa deve almeno capire che un’altra manovra l’Italia non può permettersela per sé e per la stessa Europa. Si renda, però, conto il premier che la sua partita è in casa …. Bisogna sporcarsi le mani con la fatica dei decreti … per cambiare la macchina dello Stato, …. Si intervenga con serietà sulla macchina della giustizia civile, amministrativa, fiscale e penale. Si paghino, per davvero, i debiti contratti dallo Stato con il sistema produttivo.  Si faccia di tutto perché l’accesso al credito torni ad essere garantito alle piccole e medie imprese che non hanno ancora alzato bandiera bianca. …. Per uscire dal mondo vecchio non dovranno essere più tollerati compromessi con i vizi di una spesa pubblica improduttiva ….Su questo terreno il sindacato, in particolare, deve capire che il futuro non può essere quello della cassa integrazione in deroga e di un mercato del lavoro cristallizzato. 

Napoletano dice che in Europa non cambiera’ niente (e questo lo sappiamo) e propone la solita litania di Confindustria: “dare piu’ soldi alle imprese” (riducendo le tasse e la burocrazia, facendo piu’ investimenti pubblici, pagando i crediti scaduti, facendo una riforma del mercato del lavoro che consenta di ridurre sostanzialmente i salari) e far cio’ tramite vendite di patrimonio e riduzione della spesa pubblica (pensioni, salari pubblici, etc). Noi questi discorsi li abbiamo fatti da tempo, tra l’altro in modo assai piu’ chiaro (leggi QUI)

Anche qui pero’ Napoletano ha qualche limite, e tale limite sta nel fatto che il buon Napoletano non si cimenta nei numeri e nei calcoli. Proviamo a dargli qualche spunto, nella speranza, che in futuro il Sole24Ore ci delizi non meno articoli politici e morali, e con piu’ articoli d’inchiesta, di analisi matematica e numerica, e lo facciamo riproponendo il seguente articolo:

Ecco perche’ stando nell’Euro, l’impoverimento e’ inevitabile.

 

Abbiamo parlato tantissime volte della CRISI dell’EURO. C’e’ una correlazione incredibile tra l’andamento di tutte le variabili macroeconomiche, a partire dalla Produzione Industriale, e l’andamento del CLUP (Costo del Lavoro per Unita’ di Prodotto).

In estrema sintesi, coi cambi fissi, vince chi svaluta il COSTO DEL LAVORO.

Vediamo l’andamento di Germania, Italia e Spagna.

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In Germania vi fu un imponente svalutazione del CLUP, in particolare tra il 2004 ed il 2008. E’ in quegli anni che la Germania e’ passata dall’essere il “GRANDE MALATO D’EUROPA” all’essere locomotiva. La Compressione del CLUP avvenne attraverso le riforme Hartz IV, creando un enorme esercito di sottopagati (circa 7 milioni). L’operazione costo’ 3-4 anni di sforamento del Deficit sul parametro del 3%, amplio’ i margini aziendali, e le aziende tedesche simultaneamente ridussero gli investimenti: il tutto si tradusse in una compressione della domanda interna, ed un ampliamento epocale dell’attivo della Bilancia dei Pagamenti, essenzialmente a spese degli altri paesi europei. In pratica fecero una sorta di “Svalutazione Competitiva“.

La Crisi dell’Eurozona fu indotta da una crisi esterna, ma fu fortemente alimentata dalla politica Tedesca degli anni precedenti: l’abbiamo ampiamente spiegato e non ci torneremo su.

 

La Spagna tra il 2008 ed il 2013 ha reagito alla crisi, e l’ha fatto attuando una politica similare. In 5 anni ha dimezzato il differenziale di CLUP con la Germania. L’operazione e’ stata possibile grazie al fatto che la Spagna ha un Mercato del Lavoro abbastanza flessibile, ed aveva un Debito Pubblico non elevatissimo. In sintesi la Spagna ha espulso dal mercato del Lavoro 3,5 milioni di persone. Cio’ ha consentito di contenere il CLUP. Tale politica (in parte voluta, in parte causata dagli eventi) ha causato una forte compressione della Domanda interna, ed i Conti Pubblici si sono fortemente deteriorati (e lo sono tutt’ora). Qualche minimo segnale di ripresa dell’export lo si e’ intravisto solo di recente, ma la situazione resta drammatica su tutti i fronti dell’economia reale (la disoccupazione e’ al 26%), ma l’inflazione e’ stata imbrigliata, e la bilancia commerciale ha avuto netti miglioramenti.

 

Ma se, in un SISTEMA A CAMBI FISSI, la CHIAVE per una politica di ripresa e’ LA RIDUZIONE DEL CLUP, come e’ possibile ridurre il Costo del Lavoro per Unita’ di Prodotto?

Ovviamente in un sistema a cambi variabili, basta svalutare. Ma nell’Ipotesi di restare nell’Euro, serve ridurre il divario di CLUP con la Germania (il gap cumulato e’ del 22-23%). Come? Ci sono 3 modi:

A) RIDURRE IL NUMERO DI LAVORATORI sia nel sistema pubblico, che privato (per l’Italia, per colmare il Gap, significa ridurre di 5 milioni il numero di lavoratori, passando da 22,5 a 17,5 milioni)

B) RIDURRE I SALARI sia nel sistema pubblico, che privato (per l’Italia, per colmare il Gap, significa ridurre del 22-23% i salari)

C) RIDURRE DRASTICAMENTE IL CUNEO FISCALE (per l’Italia, per colmare il Gap, significa ridurre gli oneri sulle Imprese per 150-170 miliardi; in sintesi concentrare le riduzioni fiscali e contributive su IRAP, tassazione Utili aziendali, oneri a carico delle Imprese, in primis contributivi)

E’ del tutto evidente, che ciascuna di queste 3 soluzioni e’ semplicemente IMPRATICABILE, per una serie di ragioni; ne citiamo alcune:

– Tutte e 3 le soluzioni implicherebbero (esattamente come accaduto in Germania nei primi anni 2000, ed in Spagna nel 2008-13) un deterioramento dei Conti Pubblici, cosa che una nazione con Debito al 134% non puo’ fare.

– Crollerebbe la Domanda Interna

– L’Economia Reale sprofonderebbe per qualche anno

Dopo 15 anni di declino economico, una soluzione tra le 3 sopra indicate, che troverebbe effetto dopo 3-5 anni di cura, sarebbe insostenibile politicamente

L’Italia, negli ultimi anni (specie dal 2012) ha ridotto l’occupazione, ed in parte ha contenuto i salari, ma cio’ non ha comunque permesso neanche di iniziare a colmare il GAP competitivo con la Germania.

 

Avendo l’Italia vincoli di Debito Pubblico, se volesse solamente dimezzare il differenziale di CLUP cumulato con la Germania, dovrebbe fare una MANOVRA in 3-5 anni, con un MIX delle 3 azioni di cui sopra; in sintesi riducendo gli occupati (diciamo di 1 milione di unita’), i salari reali (diciamo di un 3-5%) e con un’azione sul Cuneo Fiscale (per la sola componente a vantaggio delle Imprese) di 30-50 miliardi, dimezzerebbe il differenziale di CLUP. Cio’ implicherebbe una riduzione della Spesa Pubblica consistente, per finanziare sia la riduzione del Cuneo Fiscale, sia gli ammortizzatori per la crescente disoccupazione, nonche’ una RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO molto consistente.

In sintesi, se l’Italia partisse con tale politica OGGI, nel 2017-18, inizierebbe a vedere degli effetti sulla propria competitivita’ e sulla sostenibilita’ della propria economia reale. Il problema e’ che nel frattempo la disoccupazione sarebbe esplosa ulteriormente, i conti pubblici continuerebbero a deteriorarsi a ritmi consistenti, la Domanda interna e la Ricchezza Nazionale avrebbero un’ulteriore netta flessione.

E’ bene che chi sostiene l’EURO dica queste cose. Quanto sopra s’e’ gia’ visto bene in GRECIA e da noi s’e’ visto solo l’antipasto.

La nostra permanenza dell’EURO dipende da queste misure e non da altre, visto che la Germania continua e continuera’ con una politica di contenimento della propria domanda interna, del proprio Costo del Lavoro e senza nessuna mutualizzazione (Eurobond, Trasferimenti, etc).

A Parte il fatto che nessuno in Italia ha la forza (e forse le idee chiare) per fare la politica sopra decritta, una politica del genere, fatta a valle di 15 anni di impoverimenti (di cui 5 anni di crisi nera) e’ sostanzialmente insostenibile, perlomeno nella misura sopra riportata.

Ecco perche’ l’Italia nei prossimi anni non riuscira’ a colmare il GAP di CLUP con la Germania, se non in minima parte, e cio’ significa inevitabilemente un ulteriore impoverimento del paese, con aggravamento della situazione e di tutti i parametri.

In caso di forte ripresa internazionale, ovviamente, il processo di cui sopra, sarebbe attenuato nella sua drammaticita’, ma comunque prima o poi i NODI VERRANNO AL PETTINE.

 

A questo punto e’ bene porsi una domanda: CHE FUTURO CI ATTENDE?

La premessa e’ che l’Italia perde da 17 anni ininterrottamente l’1% di PIL pro-capite all’anno sulla media Europea, e quasi il 2% di Produzione Industriale. Abbiamo visto che questa tendenza e’ destinata a proseguire nel medio termine, stante i cambi fissi.

Anche la persona piu’ sprovveduta al mondo, guardando il grafico della “Performance relativa della produzione industriale italiana rispetto a quella tedesca”, potrebbe dire quale sara’ la tendenza nel 2014, 2015, 2016…..

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Se il nostro futuro e’ l’Impoverimento e la deindustrializzazione, COSA ACCADRA’?

In questo articolo sul Sole 24 Ore, la Bundesbank ci anticipa la soluzione:

Lo Bundesbank, poi, propone che se uno Stato è a rischio default sul proprio debito sovrano non dovrebbe ricorrere ai soldi dei contribuenti europei né guardare alla Bce, quanto piuttosto imporre una patrimoniale sulle ricchezze private dei propri cittadini. La banca centrale tedesca non fa esempi di Paesi, tuttavia, si può presumere che ci si volesse riferire a Grecia, Italia e Spagna, i cui cittadini, secondo i dati diffusi dalla Bce, dispongono di patrimoni privati pro capite superiori a quello dei tedeschi. Una patrimoniale una tantum «risponde al principio della responsabilità nazionale, secondo la quale i contribuenti sono responsabili degli obblighi assunti dai propri Governi prima di poter reclamare solidarietà da altri Paesi», si legge nel Bollettino. Nel contesto dell’attuale crisi finanziaria, si legge ancora, «balza agli occhi come la fiducia nel servizio del debito da parte di alcuni Paesi sia scesa anche se a questo debito pubblico corrispondono patrimonio pubblici e privati molto ampi» e che «in percentuale rispetto al pil sono più elevati di quelli nei Paesi creditori». La proposta, comunque, appare di difficile e rischiosa attuazione, scrive la Bundesbank, aggiungendo che, quindi, dovrebbe essere riservata a situazioni eccezionali, e cioé nel rischio concreto di un default sovrano. Importante sarebbe, soprattutto, chiarire ai mercati che si tratterebbe di un’iniziativa una tantum, destinata a non essere ripetuta nel tempo, perché altrimenti investimenti e capitale lascerebbero subito il Paese in questione.

 

Chiaro? Dopo averci “cotto” a puntino, sottratto fette di economia produttiva, suggerito politiche di austerity (il tutto col consenso delle nostre inette classi dirigenti), se i conti pubblici saltassero (cosa inevitabile in un costesto di impoverimento progressivo di lungo periodo), bisognerebbe garantire i “Creditori” e fare una bella “Patrimoniale”, che altro non e’ che uno spostamento di ricchezze accumulate dal settore privato Italiano al settore pubblico Italiano, e da questo ai Creditori esteri.

Che tradotto significa: “prima ti tolgo il lavoro, e poi ti tolgo la casa”.

Alzi la mano chi crede che realmente non andra’ cosi’, e se lo fa, ci spieghi il perche’.

 

GPG


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