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Quei gufi di carta che tifano per la lite fra Dibba e Di Maio di Massimiliano Lenzi.

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Tanto per cambiare, non channo capito nulla. In questi giorni, appena saputo la notizia che Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista faranno un duetto-discorso di fine anno insieme, sui media è tutto uno scomodare miti e metafore per raccontare lagonismo tra i due dentro i 5 Stelle di oggi e del futuro. Fratelli ma non troppo. Di Battista sarà lanti-Salvini, adesso che è tornato dal suo viaggio nelle Americhe gliene canterà quattro.

Vedrete, si complicherà il rapporto con la Lega. Tale è il desiderio della gran parte dei media e della stampa di vederli scaramucciare Dibba e Di Maio (e magari di vedere andare a ramengo il Governo) che tra poco, probabilmente, verranno scomodate pure citazioni bibliche su Caino e Abele, psicanalitiche, sul lettino di Freud e cinematografiche, sul duetto delle beffe. Poi ci si meraviglia del successo del web. Il fatto è che Di Maio e Di Battista  di bisticciare non hanno nessuna voglia perché sono uniti da un sentimento politico comune: il disgusto per il Pd. Di Maio aveva provato pure a proporgli una alleanza ai democratici, dopo il voto di marzo 2018, respinta dal Pd. Da allora non li deglutisce proprio (non che prima li amasse, intendiamoci). Quanto a Di Battista, lui lo ha detto schietto tempo fa: Il Pd è morto. Ad ucciderlo non sono stati i Franceschini, le Boschi, i Renzi o i Gentiloni. Costoro sono ‘comparse’ già finite nell’oblio. Ad ucciderlo è stato l’atteggiamento profondamente ‘borghese’ ed anti-popolare che ha dimostrato in questi anni. Personalmente sono molto felice di questo tracollo.

Potranno avere anche sensibilità politiche differenti verso la Lega, Dibba e Di Maio, ma di certo allearsi, in futuro, con il Pd non passa per la testa a nessuno dei due. Per questo ci permettiamo un modesto suggerimento agli amici della carta stampata che agognano un Kramer contro Kramer dentro i 5 Stelle, che faccia magari da boomerang, rimbalzando sullEsecutivo Conte e rinculando sullalleanza con Salvini: se c’è qualcuno nei 5 Stelle che potrebbe essere stanco della linea dura sullimmigrazione voluta da Salvini, delle attese italiane sul Global Compact, del decreto sicurezza, questo è Roberto Fico. Se proprio volete scommettere su una crisi nei 5 Stelle provate con Fico. Lui è lunico tra i tre big dei 5 Stelle che probabilmente ancora non è allergico al Pd ma che ha in sé anche un limite di azione politica: è infatti Presidente della Camera.

Carica di prestigio ma che lo rende più istituzionale, meno di parte, per ruolo.   Ed infatti da quando presiede Montecitorio è di certo il meno grillino dei tre, a cominciare dal linguaggio. È meno attivo sui social, rispetto a Dibba e Di Maio, e più contenuto nel numero degli interventi. Quelli del Pd un pochino lo hanno capito (i media meno) al punto che spesso compiono lelogio di Fico. Ne citiamo uno, sfilato dal mazzo delle dichiarazioni quotidiane. A parlare, un podi tempo fa, era Francesco Boccia, deputato Pd e candidato alla segreteria, tema il Decreto sicurezza: “Era fin troppo evidente che con la sua assenza Fico aveva marcato le distanze dal dl Salvini. Uno con la sua storia non poteva non essere d’accordo con noi sulle critiche a questo pessimo provvedimento e gli va riconosciuto il coraggio di non essersi nascosto dietro l’ipocrisia solita dei tanti che si nascondono in casi come questi. Per cui, una comunicazione urgente per i grandi analisti politici e i media; oggetto, dissidi dentro i 5 Stelle. Urgente: sostituire la frase fratelli coltellicon più Fico. Attenzione, evitare refusi di vocale. Non succederanno (i dissidi) ma almeno è più credibile.

Massimiliano Lenzi, Il Tempo, 28.12.18


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