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“Quando tutto è perduto non resta che la cenere” Di Paolo Becchi

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Tutto fatto, o forse no? Questa crisi infinita, diciamolo pure, comincia a stancare. Il mese delle ferie è finito e bisognerebbe tornare a lavorare. Dovrebbe valere anche per i politici. Ma sì, comunque siamo alle battute finali di una farsa: dicono di discutere di programmi quando invece l’obbiettivo vero non sono neppure le poltrone: dopo aver fatto fuori Salvini ora bisogna completare l’opera facendo fuori Di Maio. Del governo giallo-verde non deve rimanere traccia.

Mattarella è un po’ irritato: è riuscito in modo ineccepibile e formalmente corretto a mettere fuori gioco Salvini (dopo averlo illuso con la prospettiva delle elezioni anticipate), a ricambiare Renzi per averlo messo nel posto che occupa e ora grazie a Conte spera di togliersi definitivamente dai piedi Di Maio, che aveva per lui addirittura chiesto “la messa in stato di accusa”. Avrebbe un nuovo governo tradizionale di centro sinistra – senza dover passare per un nuovo governo tipo quello di Monti, ma ottenendo il medesimo risultato – un governo che più “piddino non si può”, con rimasugli vari alla ricerca di una poltroncina, per garantire la solidità numerica al Senato. Il ruolo del M5s sarebbe ridotto a quello di semplice comparsa.

Pazzesco, la forza politica che ha vinto le elezioni del 4 marzo dello scorso anno ha deciso di suicidarsi politicamente, entra a far parte di un governo che sarà guidato da chi quelle elezione le ha perse. Conte non è mai stato iscritto al M5s, ha sempre votato PD, è sempre stato un infiltrato del PD nel precedente governo che ora non ha fatto altro che palesare ciò che è. Ha tutte le ragioni del mondo Di Maio a chiedere almeno la vice presidenza, dal momento che il Presidente di fatto è del PD.

Conte, l’uomo di Guido Alpa (gli deve tutta la carriera accademica, sulla quale peraltro varrebbe la pena indagare, e non solo quella) – l’uomo dei poteri forti che si è tenuto nel precedente governo il controllo dei servizi segreti, che riesce ad avere l’ endorsement di Trump e persino l’investitura del Papa – ha svolto alla perfezione e con grande abilità prima il compito di neutralizzare Salvini e ora tocca a Di Maio subire la stessa sorte. In questo caso ha avuto l’aiuto di uno squilibrato mentale, Grillo che ora si fa chiamare l’ Elevato e parla con Dio della Madonna e di San Giuseppe (Conte). E in più propone il dimezzamento dei parlamentari e il governo degli Elevati. Insomma, un programma non molto dissimile in fondo da quello della loggia massonica di Licio Gelli.

Di Maio, sembra un pugile suonato e confesso fa persino un po’ pena, retrocesso di categoria, sta lottando come una tigre almeno per la vicepresidenza, pronto magari anche a sacrificare qualche Ministero, non rendendosi forse ancora pienamente conto che non è un problema di poltrone – alla fine qualcosina gli dovranno pure dare – ma un tentativo ben orchestrato volto ad eliminare il MoVimento. E dire che sarebbe potuto diventare Presidente del Consiglio e rilanciare la sua leadership appannata, perché se il Presidente della Repubblica non lo avesse stoppato, oggi ci sarebbe già da tempo un nuovo governo giallo-verde. “Son fatti che attengono alla storia“, così Lucio Battisti in “Hegel”, e prima o poi li racconteremo quei fatti … Hegel, casca proprio a pennello la dialettica servo-padrone: da signore, quale era Di Maio, diventa servo, servo di un governo che umiliando lui umilia gli attivisti e i milioni di italiani che lo hanno votato.

Ma “il nostro caro Angelo”, sempre per restare su Battisti, vale a dire Luigi, ha ancora un modo per uscire dalla “fossa del leone”: dopo aver tentato di alzare la posta col PD, può proporre un quesito chiaro da far votare agli iscritti in cui si dica che il M5s sta facendo un accordo col PD. E ve lo immaginate che casino succederebbe se “la Rete sovrana” dicesse NO a quell’accordo. Il voto in rete ci sarà presumibilmente martedì o comunque ventiquattro ora prima che Conte si rechi al Colle.

Alcuni commentatori in questi giorni hanno scritto che quel voto è manipolabile. Vero, il voto elettronico presenta sempre un margine di rischio. La nuova piattaforma pare garantire una maggiore sicurezza di quella precedente, ma non si capisce bene come il notaio possa seguire l’intero processo della consultazione elettronica ed evidenziare le eventuali anomalie (ha una console? Un pannello? Segue tutta la votazione in tempo reale?). Il fatto che un sistema di importanza critica non si basi su un “software libero” e verificato dalla comunità scientifica è già un vulnus in partenza. Comunque non credo che il voto sarà manipolato. Gianroberto Casaleggio non ha mai manipolato le consultazioni e non vedo perché ora il figlio Davide dovrebbe farlo. Il problema – ripeto – è la formulazione del quesito: se nel testo non compare neppure la parola PD è evidente che si vuole dare il via libera all’accordo con quel partito.

Altri commentatori in questi giorni hanno scritto che quel voto non conta nulla. I regolamenti del M5s dicono che i parlamentari dovranno “tener conto ” di quel voto e non possono dire ovviamente di più, per non violare il dettato costituzionale che non prevede il mandato imperativo. Ma sarà molto difficile per Di Maio non tenerne conto, dopo aver ribadito in questi giorni, più volte e con insistenza, che è agli iscritti del M5s che spetta “l’ultima parola”. Forse tutto non è ancora perduto.

 

 


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