Attualità
Quando l’Unione Europea NON è stata democratica (da Canale Sovranista)
tutte le volte che la UE non è stata democratica
Ecco una carrellata di documenti storici per provare sia la natura antidemocratica dell’Unione europea, sia il fatto che non c’è stato alcun tradimento del sedicente “sogno europeo”.
Per farlo, ancora una volta, useremo le parole dei padri fondatori dell’UE, che lasciano davvero poco spazio a dubbi. In ordine: Guido Carli, Tommaso Padoa-Schioppa, Giuliano Amato e Mario Monti.
Allora cominciamo.
COME TI AGGIRO IL PARLAMENTO
Carli è colui che ha negoziato e firmato il trattato di Maastricht quando era ministro del Tesoro. Le sue memorie sono raccolte nel libro Cinquant’anni di vita italiana, la nascente Unione europea, veniva raccontata così:
Il trattato di Maastricht è stato ratificato dal nostro Paese, prima di altri Paesi della Comunità. Eppure, ancora una volta, dobbiamo ammettere che un cambiamento strutturale avviene attraverso l’imposizione di un “vincolo esterno”. Ancora una volta, come già nel caso del trattato di Roma, come nel caso del sistema monetario europeo, un gruppo di italiani ha partecipato attivamente, lasciando tracce importanti del proprio contributo, all’elaborazione di quei trattati che hanno poi rappresentato “vincoli esterni” per il nostro Paese. Ancora una volta, si è dovuto aggirare il Parlamento sovrano della Repubblica, costruendo altrove ciò che non si riusciva a costruire in patria.
Che cosa volete che sia “aggirare” il fucro della nostra democrazia e farlo per ben tre volte consecutive? Non so se ci rendiamo conto della gravità di queste affermazioni.
Il processo di integrazione europeo infatti non parte certo dal basso, ce lo ricorda molto bene un altro “protagonista”.
GLI STATI SONO DEMOCRATICI, L’UNIONE EUROPA NO
Padoa-Schioppa, a fine anni ’90 lavorava nel comitato esecutivo della BCE, a quei tempi scrisse sulla rivista francese “Commentaire” (numero 87 / autunno 1999), un articolo dal titolo “Les enseignements de l’aventure européenne” cioè “Gli insegnamenti dell’avventura europea”.
La versione integrale del numero la trovate qui, mentre la traduzione completa dell’articolo è un “lavoro sporco” a cura di Riconquistare l’Italia (ex-FSI). Vediamo il passaggio più famoso, a pagina 577:
DEMOCRAZIA (LEGITTIMITÀ, LEADERSHIP)
(…) L’Europa si è formata in piena legittimità istituzionale. Ma non procede da un movimento democratico, né da una mobilitazione popolare intorno ad un organo costituente; non ci sono state né le Cinque giornate, né parlamenti di Francoforte, né Stati Generali.
Essa si è costituita per l’effetto di tre forze: l’azione di governi illuminati (da Adenauer a Kohl, da De Gasperi ad Andreotti, da Schumann a Mitterand); la visione ispirata di uomini politici fuori dal comune, come quelli che ho già citato (specialmente Monnet, Spinelli, Delors); l’adesione profonda del popolo europeo all’obiettivo perseguito, adesione intuitivamente percepita dagli uomini politici.
Fra i due poli del consenso popolare e della leadership di qualche governante, l’Europa si è fatta seguendo un metodo che si potrebbe definire col termine dispotismo illuminato, procedura perfettamente legittima, ma ancorata al metodo democratico solo per l’esistenza della democrazia all’interno degli Stati, non da un processo democratico europeo. Si può dunque parlare di democrazia limitata.
Altri interessanti passaggi del pezzo di Padoa-Schioppa si trovano in “le confessioni dei padri dell’euro“. Andiamo avanti.
COME OPERANO I DESPOTI ILLUMINATI?
La reale natura di un progetto pensato contro i popoli europei la spiegava Jean-Claude Juncker, il 26 dicembre 1999.
L’intervista pubblicata sul “Der Spiegel” intitolata “Die Brüsseler Republik” (la repubblica di Bruxelles) comincia con queste dichiarazioni:
Jean-claude Juncker è un leader intelligente. «Prendiamo una decisione, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo di vedere cosa succede.», il primo ministro del piccolo Lussemburgo svela dei trucchi con cui incoraggia i capi di Stato e di governo dell’UE ad utilizzare nella politica europea. «Se non provoca proteste o rivolte, è perché la maggior parte delle persone non ha idea di ciò che è stato deciso; allora noi andiamo avanti passo dopo passo fino al punto di non ritorno »
E con questo brillante “trucco” è arrivato alla poltrona di presidente della commissione europea.
Cosa succede invece se la gente capisce? L’esempio più famoso fu la bocciatura nel 2005 della Costituzione europea da parte di francesi e olandesi.
L’ILLEGGIBILITÀ DEI TRATTATI
Il rimedio ce lo spiega Giuliano Amato, quando si stavano preparando le modifiche che avrebbero portato al trattato di Lisbona. All’epoca era il ministro dell’interno nel secondo governo Prodi.
La piattaforma “Open Europe” pubblicò un articolo con l’audio di Amato del 12 luglio 2007, dove ammetteva che i trattati europei erano volutamente illeggibili (anche per gli addetti ai lavori) allo scopo di evitare “pericolosi referendum“.
Ecco l’audio integrale, con la trascrizione in italiano di alcuni “momenti salienti”.
(…) Al fine di rendere felici i nostri cittadini, per … produrre un … documento che non … non capiranno mai! Perché il prodotto della IGC [conferenza intergovernativa] sarebbe: il paragrafo 3 dell’articolo 7, è modificato in questo seguito… la parola 6 nel paragrafo D dell’articolo X… è cancellata e… la parola…
Ma c’è della verità… perché… questo è il tipo di documento che la IGC produrrà, qualsiasi primo ministro – supponiamo il primo ministro britannico – che va [alla camera dei] Comuni… e poi vedrete [che dirà]: “è assolutamente illeggibile, è il tipico trattato di Bruxelles, niente di nuovo, non c’è bisogno di un referendum.” [risate]
Se riesci a capirlo al primo colpo, potrebbe esserci qualche motivo per un referendum, perché potrebbe significare che c’è qualcosa di nuovo. Ma è un tipico trattato di Bruxelles, ogni volta che producono un trattato è qualcosa di illeggibile, completamente illeggibile. (…)
Nulla [viene] prodotto direttamente dai primi ministri, perché si sentono al sicuro con la “cosa illeggibile”. Possono presentarlo meglio… per evitare pericolosi referendum.
Queste dichiarazioni sono state riprese dal “The Telegraph” (nota testata inglese) e dal sito che organizzato l’evento, ossia il CER. La stampa italiana ha preferito non darci troppo peso…
PAURE, MINACCE E CRISI
La fobia del giudizio popolare è intrinseca negli euroinomani, non a caso chi comanda davvero nell’unione europea, vale a dire BCE e commissione europea, è “indipendente” dai parlamenti nazionali ed europeo.
Ce lo ricorda molto bene Mario Monti in “Intervista sull’Italia in Europa”, un libro del 1998 dove l’allora commissario a Bruxelles venne intervistato da Federico Rampini.
Ad esempio, a pagina 40 si prende atto del motivo per cui la commissione è indipendente, e della scontata reazione popolare.
RAMPINI – Perché la commissione europea ha acconsentito a diventare il capro espiatorio su cui scaricare l’impopolarità dei sacrifici?
MONTI – Perché, tutto sommato, alle istituzioni europee interessava che i paesi facessero politiche di risanamento. E hanno accettato l’onere dell’impopolarità essendo più lontane, più al riparo, dal processo elettorale. Solo che questo un po’ per volta ha reso grigia e poi nera l’immagine dell’europa presso i cittadini.
Inoltre Monti nel libro sostiene il fatto che l’unione europea abbia garantito “cinquant’anni di pace“, oggi divenuti settanta.
Ma probabilmente il vero motivo per cui non ci sono state guerre nel vecchio continente era un altro, a pag 50-51 leggiamo:
RAMPINI – Con uno sguardo storico all’integrazione dal 1957 in poi, si è spesso sostenuto che la Comunità europea ha fatto progressi prodigiosi perché era cementata dalla paura di un aggressore esterno, cioè l’impero sovietico. Si può andare avanti verso l’Europa unita senza la guerra fredda, senza una minaccia esterna, senza un pericolo russo?
MONTI – Speriamo non torni presto ad esistere una minaccia vicina come quella sovietica, anche se purtroppo non si può escludere. Ma secondo me il peso delle minacce esterne è ancora uno dei motori dell’integrazione europea. Anche se la minaccia cambia natura: la minaccia esterna di oggi si chiama concorrenza. Questo è un fattore potente di spinta per l’integrazione, anche se l’Europa reagisce troppo lentamente a questa minaccia. Molte politiche che si stanno applicando in Europa per il recupero di competitività nascono dalla consapevolezza che è già difficile per un’Europa integrata reagire adeguatamente, figuriamoci per un Europa divisa. Un altro fenomeno che viene percepito come minaccia esterna, e che sta spingendo l’Europa verso una maggiore integrazione, è la “minaccia immigrazione”. (…) Quindi le paure sono state all’origine dell’integrazione, le paure hanno cambiato natura, però rimangono tra i motori dell’integrazione.
E in effetti quando sentiamo “c’è la Cina” siamo a tutti gli effetti davanti uno spauracchio per spingere verso una falsa soluzione, ovvero cedere più sovranità all’unione europea.
Il miglior momento per farlo è sfruttare una “crisi visibile e conclamata“, qui citando un famossimo discorso del 22 febbraio 2011 sempre di Monti.
Non dobbiamo sorprenderci che l’Europa abbia bisogno di crisi, e di gravi crisi, per fare passi avanti. I passi avanti dell’Europa sono per definizione cessioni di parti delle sovranità nazionali a un livello comunitario. È chiaro che il potere politico, ma anche il senso di appartenenza dei cittadini a una collettività nazionale, possono essere pronti a queste cessioni solo quando il costo politico e psicologico del non farle diventa superiore al costo del farle perché c’è una crisi in atto, visibile, conclamata.
Oggi, oltre alla crisi economica, c’è la paura di un virus, sempre come “scusa” per imporre alla popolazione misure che in condizioni normali non avrebbe mai accettato.
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