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Energia

Quando la CIA installò un apparecchio spionistico a energia nucleare sulle cime dell’Himalaya

Per spiare gli esperimenti nucleari e missilistici cinesi la CIA mise una stazione di controllo dotata di generatore al plutonio sull’Himalaya, ma ci furono dei problemi

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Nel mezzo  della Guerra Fredda e dello sviluppo delle armi nucleari cinesi la CIA ebbe la fantastica idea di installare sull’Himalaya, ad antissima quota, un apparecchio di rilevazione a energia nucleare. Una storia degna di un romanzo spionistico.  

Del resto a nord dell’altopiano tibetano si trovavano i deserti di sale della provincia cinese dello Xinjiang, dove il governo di Pechino disponeva di campi di sperimentazione per il suo programma di armi nucleari ancora in fase nascente.

L’idea della missione germogliò durante un cocktail a Washington. L’allora capo di stato maggiore dell’aeronautica statunitense Curtis LeMay aveva il compito di tenere sotto controllo i test nucleari condotti dalla Cina. Si pensò di progettare il dispositivo di monitoraggio in cima a una montagna dell’Himalaya per consentire ai due Paesi di sbirciare nello Xinjiang e ottenere informazioni sul nascente programma nucleare di Pechino.

L’India, che aveva combattuto una breve ma sanguinosa guerra con la Cina nel 1962, non ha avuto bisogno di essere convitna sull’utilità della missione e accettò di collaborare.

Manmohan “Mohan” Singh Kohli, un alpinista indiano d’élite, fu arruolato per la missione. Kohli era stato incaricato di fornire supporto consultivo per la guerra d’alta quota durante la guerra del 1962. Venne riunito un gruppo di 14 alpinisti americani e quattro indiani. Nel complesso, essi rappresentavano la crema di una generazione di alpinisti.

Durante l’addestramento iniziale negli Stati Uniti, Kohli si rese conto che la Central Intelligence Agency (CIA) voleva che il dispositivo fosse collocato ad un’altitudine di almeno 8.300 metri, e non c’erano molte cime adatte. . L’imponente Kanchenjunga, la terza montagna più alta del mondo, si qualificava come tale.

Si trova nella regione di confine tra il Nepal e lo Stato indiano del Sikkim. I residenti dello Stato lo considerano sacro. Inoltre, dal punto di vista della scalata della montagna, sembrava una preposizione “ridicola”, poiché il dispositivo avrebbe aumentato il peso degli scalatori e richiesto due ore di montaggio in cima, un’impresa impossibile a quell’altezza.

Kohli espresse le sue perplessità all’allora capo dello spionaggio indiano R N Kao. Kao chiese delle alternative e Kohli suggerì Trisul, Nanda Kot e Kamet. Il Trisul era il più facile da scalare. Tuttavia, non era abbastanza alto per la CIA. Anche l’idea di Nanda Kot fu scartata perché troppo bassa, mentre Kamet non fu presa in considerazione perché si trovava quasi al confine ed era vulnerabile alle incursioni cinesi. Si giunse a un compromesso: la CIA scelse il Nanda Devi, tradotto vagamente come “Dea benedetta”.

Nada Devi – Wikipedia

Nanda Devi ha uno status sacro nella mitologia indù. Con i suoi 7800 metri di altezza, forma un cuscinetto naturale tra i venti gelidi che scendono dal Tibet e la fertile pianura gangetica. In questo senso, “è un vero e proprio salvatore per i contadini della pianura”.

È come una fortezza nell’Himalaya centrale. Un anello di 70 miglia di barriera forma la circonferenza, attorno alla quale si ergono una dozzina di cime principali. L’accesso al centro dell’anello è limitato a un’unica, ripida gola da ovest.

Il dispositivo di monitoraggio a energia nucleare

Il sensore aveva quattro componenti principali, tutti collegati da fili e cavi. Due dei pezzi erano costituiti da scatole metalliche per tenerli lontani dalla neve e dal ghiaccio. In esse si trovavano i ricetrasmettitori, denominati B1 e B2, che avrebbero trasmesso le informazioni strategiche raccolte a una stazione base da qualche parte in India.

Il terzo componente era l’antenna di raccolta che avrebbe ricevuto i dati telemetrici dai missili cinesi. L’antenna, alta due metri, assomigliava alla normale antenna televisiva presente in molte case.

Il quarto componente si chiamava SNAP 19C (abbreviazione di system for nuclear auxiliary power); si trattava di un generatore termoelettrico in grado di erogare quaranta watt di potenza continua per due anni. Alimentato dal plutonio, lo SNAP doveva fornire energia per periodi prolungati. Lo SNAP assomigliava a un fungo metallico. Si trattava di un blocco esagonale di grafite e sette piccole barre, chiamate anche capsule di combustibile, si inserivano nei fori attorno al blocco.

SNAP 10A Wikicommons

Le sette capsule contenevano insieme 1.734 grammi di plutonio, principalmente l’isotopo Pu-238. Il blocco era rivestito da un contenitore cilindrico e tozzo di alluminio. Quarantacinque alette di alluminio erano disposte intorno ad esso per dissipare il calore in modo più efficace. Lo SNAP è stato poi montato su un singolo palo, formando il “gambo” del fungo.

La missione meticolosamente pianificata, ma il maltempo impedì di portarla completamente a termine. Gli scalatori a un certo punto si trovarono impossibilitati a proseguire, e nascosero tutto in una caverna, pensando di tornare a recuperarlo nel 1966.

Le casse sono state avvolte con una corda di nylon e fissate con chiodi e moschettoni. Particolare attenzione è stata prestata al generatore, ancorato con una corda supplementare. Quasi un terzo del carico era all’interno della cavità.

Però l’anno successivo, quando la squadra si recò sul posto, trovò solo poche corde nel punto stabilito.

La notizia della scomparsa del generatore nucleare fu trasmessa a Nuova Delhi via telefono satellitare e colpì il governo come una bomba. Si tenne una seduta d’emergenza tra i funzionari dell’intelligence indiana e della CIA. Lo strumento conteneva plutonio, altamente tossico, che avrebbe potuto disperdersi nelle acque dei fiumi himalayani , danneggiando le popolazioni locali. Un vero disastro.

Si riprova

Dopo una grande insistenza, la CIA e l’Intelligence Bureau rinnovarono l'”Operazione Cappello” e collocarono un dispositivo di ascolto simile sul Nanda Kot nel 1967. Gli scalatori scavarono per formare una piattaforma naturale. Il dispositivo fu attivato. Tuttavia, dopo un anno, il dispositivo smise di trasmettere alla stazione della CIA. Kohli guidò un’altra spedizione a Nanda Kot e scoprì che l’immenso calore generato dallo SNAP aveva lentamente sciolto la neve intorno. Quando gli scalatori arrivarono, la fossa era profonda quasi due metri e mezzo e ormai non si poteva più trasmettere

Non volendo ripetere l’inconveniente di Nanda Devi, il generatore SNAP, insieme al dispositivo di ascolto rimanente, fu portato via dalla montagna.

La disavventura himalayana della CIA-IB rimase avvolta nella segretezza fino a quando, nel 1977, la rivista americana “Outside” pubblicò un resoconto dettagliato della missione, suscitando un clamore internazionale per la perdita del dispositivo nucleare sul Nanda Devi.


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