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Qualcuno dica a Di Maio che il più importante dei 10 punti è impossibile con il PD (per colpa dell’Europa)

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I dieci punti presentati da Di Maio per la trattativa con il PD (o, chissà, come base della prossima campagna elettorale) sembrano una riedizione aggiornata, depurata dei punti realizzati, del contratto con la Lega e, come il precedente, presenta delle criticità non indifferenti proprio nei confronti del PD stesso, una delle quali appare, sinceramente, insormontabile, nell’ambito di qualsiasi trattativa.

Il secondo elemento programmatico viene ad incidere direttamente sulla vita, il lavoro e le aspettative di tutti i cittadini:

Manovra economica. “Dev’essere equa”, ha detto il ministro ,” e contenere la sterilizzazione dell’aumento dell’Iva, il salario minimo, il taglio del cuneo fiscale e misure a sostegno delle famiglie, della natalità, dei disabili e per l’emergenza abitativa. “Avevamo promesso di abbassare le tasse alle imprese che assumono e va fatto. E va dichiarato illegale uno stipendio di 2 o 3 euro l’ora”, ha aggiunto ancora Di Maio.

L’importanza di questo punto è enorme, ma incompatibile con l’obbedienza cieca ed assoluta ai dettami della UE richiamata da uno dei due possibili alleati di Di Maio, proprio quello con cui ora sta trattando.

Infatti vediamo cosa riporta il database AMECO,  che contiene i dati previsionali dei tecnici della Commissione per i singoli stati,  e che saranno alla base delle raccomandazioni, o dei rimbrotti, dei commissari.

Secondo i tecnici della UE, allo stato attuale, con le misure 2019, senza l’applicazione delle clausole di salvaguardia, avremo un deficit quest’anno del 2,5% ed il prossimo anno del 3,5%. Nel 2020 non solo già sin d’ora si violerebbero le raccomandazioni della commissione, ma si supererebbe il limite del 3% di rapporto deficit PIL del trattato di Maastricht.

Con questi numeri, volendo rispettare i diktat della commissione, non solo non si fa una manovra espansiva, ma ci sarebbe da fare un taglio delle spese, o un aumento delle entrate, dell’ordine di 18-20 miliairdi. Pensare quindi di sterilizzare l’IVA, alleggerire il cuneo fiscale e le tasse per chi assume, dare contributi su temi sociali rilevanti, non è possibile, se non aumentando pesantemente il carico fiscale in qualche altro settore. Praticamente si darebbe 5 per prendere dal portafoglio 10.  

L’accordo fra M5s e PD, che vuole una stretta obbedienza ai dettami economici austeri di Bruxelles, non è possibile senza un pesante irrigidimento fiscale. Volendo trovare in questo un punto di accordo fra le due parti, nel nome  della retorica verde, ci sarebbe da aspettarsi un pesante ricarico fiscale sulla bolletta energetica, ad esempio con un forte aumento delle tasse sui carburanti. Del resto questa è la strada seguita da Macron, scatenando le ire dei Gilet Gialli.

Ci sarebbe un’altra strada,quella di prendere consapevolezza che i dati finanziari previsionali (e talvolta perfino consuntivi….) della Commissione non sono valori scritti nella pietra. Questi valori sono solo espressione di valutazioni di tecnici politicamente scelti e quindi politicamente inclinati, tra l’altro storicamente quasi sempre sbagliate. Anche analisti indipendenti e molto preparati, come Robin Brooks, ex FMI, le contestano in modo deciso e fermo, dati reali alla mano. Però una visione dialettica di questo genere, coinvolgente valori di queste dimensioni, non può essere fatta in alleanza con un partito che è la pura espressione dell’europeismo e che fa della fedeltà a Bruxelles la propria stella polare. Per questo, con i dieci punti, Di Maio o prende in giro gli elettori, oppure si appresta a creare un governo fallimentare, o ha semplicemente introdotto un programma elettorale. Fra qualche giorno vedremo quale sarà la sua scelta.

 

 


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