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Pro-memoria: gli eurodanni provocati dai vice-tedeschi

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Dobbiamo ricordare cos’è successo nell’eurozona, magari per evitare che accada ancora. Ma prima ancora dobbiamo comprenderlo, anche se molto ormai abbiamo capito, e soprattutto la cosa principale: l’eurozona, che nasce come progetto cooperativo, è diventato il luogo di un frettolosa e spaventata resa dei conti dove i creditori hanno messo sulla graticola i debitori e continuano a farlo.

E questo è già un fallimento, assai più doloroso di quello delle contabilità, pubbliche o private che siano.

L’eurozona non ha mantenuto la promessa che ne aveva motivato l’origine, ossia costituire un tutto di popoli (almeno economico) dove alcuni principi (almeno quelli) che si dicevano comuni avrebbero avuto piena cittadinanza e applicazione. Fra questi c’era, appunto, la cooperazione, con il suo sottotitolo della solidarietà.

Ma di buone intenzioni è lastricato l’inferno, dice il proverbio. E il popolo europeo, ammesso che esista, non si è mai fatto mancare occasione per fomentare l’inimicizia al suo interno.

Perciò ripercorrere vecchie statistiche che raccontano l’eurozona ha ancora un senso.

Peraltro molte cose di allora erano sfuggite all’attenzione, almeno alla mia, e altre ancora sono state dimenticate, sepolte dallo scadente livello del nostro mainstream informativo, che contribuisce a consolidare idee comode come una pantofola vecchia e per di più sbagliate, provocando, con ciò, che pensiamo di ricordare il passato, ma ricordiamo male. E questo è il miglior modo per favorire che si ripeta.

Per questa rivisitazione del nostro passato recente, mi sono servito di un recente studio della Commissione europea (“External Imbalances and Bilateral Financial Flows in the Euro Area”) che, utilizzando un nuovo metodo di aggregazione dei dati dei flussi finanziari fra i paesi dell’eurozona, ha costruito un database che arricchisce la già corposa mole di dati messa a disposizione da varie istituzioni.

La nostra storia comincia nei primi anni Duemila. L’espansione dei flussi finanziari trans-frontalieri, ricorda la Commissione, fu un fenomeno di scala globale, “ma nell’area euro fu ancora maggiore”. Un grafico mostra che i flussi finanziari lordi all’interno dell’eurozona raddoppiarono quasi fra il 2003 e il 2007, passando dagli 800 ai 1.600 miliardi, mentre quelli fra l’eurozona e gli altri paesi Ue passavano dai 300 ai 600 e quelli fra l’eurozona e il resto dei paesi Ocse altrettanto.

L’arrivo dell’euro “riducendo i costi di transazione e incrementando la sostituibilità degli asset finanziari” fu uno dei driver principali di tale fenomeno, dice la Commissione. La moneta unica, insomma, funzionò veramente come fattore unificante, per i paesi dell’area, che trovavano assai più conventente prestarsi i soldi fra loro.

Mi piace pensare che in quel periodo davvero qualcuno ci abbia creduto che la grande famiglia eurista sarebbe stata capace di superare qualunque avversità senza lacerare lo spirito che dovrebbe essere di ogni famiglia.

I flussi finanziari, e in particolare quelli indirizzati verso i paesi periferici, quelli che a crisi consumata sarebbero stati chiamati i PIGS, erano dominati da strumenti di debito, quindi erano investimenti di portafoglio. Questi flussi di debito obbligazionario pesavano i tre quarti del totale dei flussi finanziari. Il resto era legato a investimenti diretti, evidentemente.

“Una parte significativa di questi flussi erano prestiti interbancari a breve termine e investimenti di banche e altre istituzioni finanziarie sul debito sovrano dei paesi periferici che hanno finito con l’aumentare la fragilità di questi paesi”. Temo i banchieri e i loro prestiti, si potrebbe dire parafrasando un celebre detto.

Questa parte della storia la conosciamo bene. Sappiamo che i paesi core dell’euroarea “sono stati i principali finanziatori dei paesi in deficit, sia in termini di flussi lordi che netti”. In dettaglio la Commissione sottolinea che i flussi netti dei paesi core verso i futuri PIGS sono stati nell’ordine degli 80 miliardi l’anno.

Conosciamo meno la storia che ci racconta dei flussi bilaterali di tali finanziamenti, la sottila trama di relazioni inter-statali che disegna una sorta di diplomazia parallela.

“La più importante relazione finanziaria bilaterale nell’area, prima della crisi, era fra la Germania e la Spagna, i due paesi coi più ampi surplus e deficit rispettivamente”. Ma in generale i deficit nella periferia erano interamente finanziati dal resto dell’euroarea. Dal resto dell’Ue arrivavano dei soldi, pochi, alla periferia euro la quale però a sua volta era finanziatrice netta di alcuni paesi fuori dall’Ue.

Ad alcuni parrà curioso che i paesi debitori finanzino i debiti di altri paesi, sostanzialmente con i debiti propri. Ma così va nel mondo globale, dove il più debole cerca sempre uno più debole di lui per spuntare qualche decimale di interessi in più col quale pagare i suoi debiti e guadagnarci pure. E ancora una volta il caso della Spagna è icastico: la Spagna è tuttora molto indebitata nei confronti della Germania, mentre è a sua volta molto esposta sui paesi dell’America Latina.

Interessante notare che i paesi core dell’euro finanziavano quelli in deficit non soltando con i risparmi delle loro economie, ma anche intermediando i flussi finanziari che arrivavano a loro dal resto del mondo.

“Questo è particolarmente evidente per la Francia – nota la Commissione – che riceveva flussi netti dal resto del mondo e dai paesi non euro indirizzandoli verso i paesi euro in deficit.

Il flusso netto di tali fondi transitati dalla Francia verso la periferia “ammontava circa a 40 miliardi l’anno”. Ossia: il resto del mondo prestava ai francesi che poi li giravano ai Pigs. Probabilmente perché mentre all’interno dell’eurozona i paesi non guardavano troppo per il sottile quando si trattava di prestarsi i soldi, dall’estero preferivano prestare ai francesi, che notoriamente piacciono alla gente che piace, anche se ora molti guardano alla Francia come un terribile detonatore potenziale.

Quindi la Francia da sola intermediava flussi netti pari alla metà del totale medio di quelli dell’intera zona euro.

Erano i francesi i banchieri dell’eurozona, assai più dei tedeschi, anche se pure loro facevano la stessa cosa.

Alcuni ipotizzano che dall’estero convenisse investire sui nostri Pigs tramite le banche francesi “per questioni di vantaggi comparativi e regolamentari ” e “anche le regole sui collaterali della Bce possono aver giocato un ruolo”. Ma il gioco, come vedete è sempre lo stesso: capitali affamati di rendimenti in cerca di opportunità in una spregiudicata caccia al tesoro.

Lo stesso gioco, stavolta verso l’estero, lo replicavano i paesi core dell’eurozona che, non paghi di prestare a casa nostra, usavano i paesi extra euro per indirizzare flussi di capitale laddove conveniva.

“Dentro l’Ue – nota la Commissione – questi flussi erano chiaramente dominati dagli investimenti netti che andavano in UK, per lo più con strumenti di debito. I flussi verso i paesi dell’Europa dell’Est, membri dell’Ue, erano altrettanto abboandanti, ma in larga misura si trattava di investimenti diretti. Questo era in particolare il caso della Germania”.

Quindi le banche inglesi replicavano il gioco di quelle francesi per gli investimenti di portafoglio dei paesi core fuori dall’eurozona, mentre i tedeschi aprivano fabbriche in Polonia. Il bello è che le banche inglesi, poi, prestavano i soldi a quelle francesi che poi le prestavano ai Pigs. Che intanto prosperavano, spendendo i soldi altrui, e si credevano ricchi.

“Nel periodo 2004-06 ci furono grossi afflussi, provenienti dalla Germania e il Benelux, diretti verso l’euro area e la Gran Bretagna. La Francia fu il più grande affluente, all’interno dell’eurozona, di afflussi provenienti dall’UK, dal Benelux e dal resto del mondo”. Al contempo la Francia “fu una delle maggiori finanziatrici dei paesi del Sud Europa”.

Tutti quelli che dicono che i tedeschi hanno fatto danni ai PIGS con la loro politica forsennata di prestiti, dovrebbero innanzitutto riconoscere i danni che hanno fatto i francesi, per via inglese, che quantomeno dovrebbero assurgere al ruolo di vice-tedeschi, nella specialissima classifica dell’antipatia che ogni PIGS tiene ben stretta nelle parti vili del suo corpo sociale.

Specie noi italiani, poi.

Già perché questa storia ha un seguito.

“La crisi ha cambiato radicalmente lo schema dei flussi finanziari bilaterali, sia riguardo alla loro intensità, sia riguardo alla loro direzione. Ha condotto a un drammatico collasso dei finanziamenti transfrontalieri, in particola fra il 2008-09″.

I più colpiti furono i paesi con un sistema finanziario altamente integrato. In sostanza i flussi si invertirono. Si verificò quello che la letteratura chiama un sudden stop. I paesi che avevano prestato iniziarono a vendere asset dei paesi che avevano preso a prestito, affamati com’erano di liquidità, sicché i paesi periferici si trovarono improvvisamente a secco. Ciò in quanto “anche i paesi in surplus sperimentarono un significante ritracciamento dei flussi internazionali di capitali”, sottolinea la Commissione.

All’inizio, tuttavia, i flussi netti ai paesi in deficit rimasero stabili, ma cambiò sostanzialmente l’origine di tali flussi. “I flussi netti arrivarono in gran parte tramite la Francia, particolarmente dal 2009 in poi, che compensò la caduta dei finanziamenti dai paesi in surplus, segnatamente dalla Germania”.

Quest’ultima esposta com’era sul mercato dei subprime americani soffrì delle perdite sostanziose fra il 2007 e il 2008, mentre la Francia, che era sostanzialmente esposta verso i Pigs, continuò a mantenere la sua esposizione per prevenire il collasso dei suoi debitori e quindi dei suoi investimenti. Un come come succede quando si continua a comprare in borsa un titolo in perdita sperando di mediare.

Un esempio chiarirà: “La Francia aveva la più alta esposizione in Italia, Spagna e Grecia, e la seconda più alta in Portogallo. Col peggiorare della crisi le banche francesi finirono sotto pressione, in particolare a causa della loro esposizione verso il debito sovrano italiano”. Per ridurre tale pressione, dovettero ridurre tale esposizione. E poiché dall’estero (Uk e altri) i soldi non arrivavano più, non le restò altro da fare che prederne atto.

Qualche numero servirà a dimensionare il problema. Nel 2003 la Francia era creditrice lorda dell’Italia per 154 miliardi e la Germania per 107. Nel 2006 la Francia aumenta la sua esposizione a 247 e la Germania a 176. Dopo l’esplosione della crisi, nel 2009, la Francia era arrivata a 301 e la Germania scesa a 162. A fine 2012 la Francia era scesa a 300 e la Germania risalita a 382.

Nel mezzo c’è stato il 2011, con la nostra crisi dello spread. Ed è proprio nel biennio 201-2012 che il flusso lordo di finanziamenti dalla Francia verso l’Italia si riduce drammaticamente. Dai 30 miliardi medi del periodo 2007-09, a fronte del -4 tedesco, crolla ad appena 4 miliardi nel periodo 2010-12, mentre la Germania risale a 72. Il 2011 per noi è stato l’apice della crisi perché ai deflussi francesi non hanno corrisposto contestualmente afflussi tedeschi, almeno fino al 2012, quando cambiò il governo.

Eccola qua la diplomazia dei prestiti all’opera.

Ecco perché i tedeschi e i vice-tedeschi ancora ridono.

Scopri TheWalkingDebt il blog di Maurizio Sgroi


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