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POVERTA’ E RICCHEZZA: LE OTTO PERSONE PIU’ RICCHE POSSEGGONO LA META’ DELLE RICCHEZZE DEI PIU’ POVERI

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Oxfam (Oxford committee for Famine Relief) è un movimento globale di persone che vogliono eliminare l’ingiustizia della povertà. Da molti anni realizza azioni dirette per ridurre la povertà nel mondo ma parallelamente, conduce studi e ricerche.

Secondo un recente studio realizzato da Oxfam, nel mondo, le otto persone più ricche possiedono un patrimonio pari a quello della metà più povera del pianeta, vale a dire oltre tre miliardi di individui. Tutte insieme. Ma non basta. L’un per cento della popolazione mondiale è più ricca del restante novantanove per cento. Si tratta di dati che attestano non solo le differenze e le diversità che esistono sul pianeta dal punto di vista economico (in barba alle promesse, ai programmi per combattere la povertà e ai piani delle NU), ma che confermano quanto un numero sempre maggiore di economisti ripete da tempo: il coefficiente di Gini sta aumentando. In statistica economica questo dato è un indice specifico della disuguaglianza dato dal rapporto tra l’area compresa tra la curva di eguaglianza perfetta e la curva di Lorenz e assume un valore compreso tra 0 (per l’uguaglianza perfetta) e 1 (per la massima disuguaglianza).

Gli esempi di come (e soprattutto perchè) di questo dato si parli poco sono molti. In Italia, non sorprende più sentire parlare del numero di poveri in aumento. Eppure, secondo i dati ufficiali (quelli dietro cui si trincerano i governi, l’UE e il FMI (che nei giorni scorsi ha rinnovato l’invito al governo italiano a procedere con le misure restrittive sugli italiani, come se il fallimento di questi sistemi in Grecia – e in molti altri paesi del mondo – non sia bastato), la ricchezza media è ancora elevata: secondo gli ultimi dati la ricchezza media pro capite è tra le più elevate del mondo, oltre i 25mila dollari annui. Un risultato che accomuna l’Italia alla maggior parte dei paesi europei (solo alcuni paesi sui Balcani e dell’Est Europa sono nella fascia inferiore, quella che va da 5mila 25mila dollari all’anno).

Un dato che non spiega come mai, nel Bel Paese, il numero di poveri sia in costante aumento.

Altro esempio per capire come i dati d’insieme sono spesso fuorvianti quello su alcuni paesi asiatici: stando ai numeri anche Cina e India farebbero parte della seconda fascia di paesi quanto a reddito pro capite medio. Addirittura, in India il reddito medio, sarebbe tra i 5mila e i 10mila dollari l’anno. Eppure in questo paese la povertà è una piaga incalcolabile. Ad affermarlo sono i ricercatori del comitato costituito dal premier Narendra Modi: dopo un anno e mezzo di lavoro, gli esperti hanno gettato la spugna e hanno consigliato “la creazione di un altro comitato”. Secondo quanto affermano fonti ben informate (che hanno consultato copia della relazione del Niti Aayog, Istituzione nazionale per la trasformazione dell’India, di cui il quotidiano Hindustan Times è entrato in possesso) il problema però non sarebbe legato ad una impossibilità tecnica. Il motivo della resa incondizionata sarebbe “la mancanza di accordo fra i suoi componenti”: sono anni che i governi promettono di porre fine alla povertà. In India come nel resto del mondo. E invece la povertà assoluta e relativa aumentano.

Ma i numeri non riescono a spiegarlo: stando ai numeri, il reddito pro capite in questo paese è in aumento. Secondo l’OCSE, l’India sta sperimentando una straordinaria crescita economica. Ma i benefici di ciò è distribuito in maniera non omogenea tra le classi sociali, tra i diversi stati e tra le zone urbane e rurali. Anzi negli ultimi venti anni il divario tra ricchi e poveri è enormemente aumentato. E lo stesso sta avvenendo in quasi tutti i paesi del mondo.

Nel 2000, le Nazioni Unite avevano inserito tra i Millenium Goals, gli obiettivi del millennio, l’eliminazione della povertà. Nel 2015 il presidente della Banca Mondiale Jim Yong Kim si era vantato dicendo che “La crescita economica riduce la povertà” grazie agli alti tassi di crescita nei paesi in via di sviluppo. Peccato che abbia dimenticato di dire che nel 2015 la soglia di povertà estrema era 1,9 dollari al giorno. Ciò significa che per essere considerati in povertà assoluta, bisognava avere un reddito giornaliero inferiore o uguale a questa somma. Quell’anno però, qualcuno decise, senza alcun valido motivo e senza alcuna motivazione economica o finanziaria, di cambiare questa soglia portandola a 1,20 dollari al giorno. Ciò significa che chi aveva un reddito giornaliero di 1,5 dollari e fino a poco tempo fa era considerato in povertà assoluta, ora non lo è più.

Un trucchetto da baraccone che ha avuto conseguenze notevoli nella presentazione dei dati globali: se nel 2012 le persone in povertà estrema erano 902 milioni (pari al il 12,8 per cento della popolazione), nel 2015, erano diventate “solo” 702 milioni, meno del dieci per cento (9,6) della popolazione mondiale.

Ma allora come si spiega il reddito medio così elevato (e in crescita)? La realtà è che, nel mondo, mentre il numero di poveri continua ad aumentare, al tempo stesso cresce anche la ricchezza nelle tasche di poche persone. Come Bernard Arnault (che vanta un patrimonio di 54 miliardi di dollari), Larry Ellison (54 miliardi di dollari), Mark Zuckerberg (giovanissimo ma “inspiegabilmente” dotato di 61 miliardi di dollari di patrimonio), Carlos Slim Helu (64 miliardi di dollari, pur vivendo in Messico, uno dei paesi americani dove maggiore è la povertà), Warren Buffet (76 miliardi di dollari), Jeff Bezos (81 miliardi di dollari), Amancio Ortega (83 miliardi di dollari, anche in questo caso sorprende che sia spagnolo, uno dei paesi europei dove l’economia non è certo al top) e infine, uomo più ricco del mondo, Bill Gates con un patrimonio personale di 88 miliardi di dollari.

La loro ricchezza è uguale a quella di oltre la metà della popolazione sul pianeta. Tre miliardi di persone, in un mondo dove la “democrazia” è diffusa quali ovunque, ma dove le statistiche e i titoli dei giornali non riescono a far capire che il livello di povertà sta aumentando.

Una democrazia che per essere tale non ha bisogno di finte teorie neo-liberiste (secondo le quali un’apertura senza regole nei confronti del mercato globale porterebbe i paesi in via di sviluppo a un benessere collettivo) ma di riforme strutturali e sociali realmente in grado distribuire alle masse i benefici dello sviluppo.

Una “democrazia” dove l’uno per cento della popolazione non sia più ricca e in grado di controllare il restante 99 per cento ….

C.Alessandro Mauceri


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