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La Marina Militare valuta una portaerei nucleare. Ma serve davvero nell’era dei droni e dei missili ipersonici? Analisi della nuova strategia navale italiana

L’ammiraglio Credendino apre alla possibilità di una portaerei a propulsione nucleare per l’Italia. Un’opzione rivoluzionaria che si scontra con la nuova realtà geostrategica del Mediterraneo allargato e la minaccia di armi ipersoniche. Meglio investire in sottomarini e droni?

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Una dichiarazione destinata a segnare la storia e ad accendere il dibattito strategico nazionale. Per la prima volta in via ufficiale, il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, Ammiraglio Enrico Credendino, ha confermato che i piani di investimento a lungo termine (fino al 2040) includono la valutazione di una portaerei a propulsione nucleare. Un’ipotesi fino a ieri confinata a studi interni e analisi tecniche, ora proiettata pubblicamente nel futuro delle nostre Forze Armate.

La notizia, emersa da un’intervista al Corriere della Sera dell’8 giugno 2025, apre scenari tanto affascinanti quanto complessi. Una portaerei nucleare garantirebbe un’autonomia virtualmente illimitata, proiettando la Marina e l’Italia in un club esclusivissimo di potenze navali globali. Ma è davvero questa la nave di cui abbiamo bisogno?

Il capo di Stato Maggiore della Marina Militare, Ammiraglio di Squadra Navale Enrico Credentino

Il campo di battaglia del futuro rischia di essere molto diverso da quello per cui questi giganti del mare sono stati concepiti. L’orizzonte strategico italiano è il “Mediterraneo allargato”, un’area che si estende dal Mar Rosso fino alle porte atlantiche delle Colonne d’Ercole. In questo scacchiere, una persistenza di mesi senza rifornimento, tipica del nucleare, appare meno cruciale. Non ci serve una nave per arrivare nel Sud del Pacifico; ci serve il controllo capillare di un’area vasta ma definita.

Mediterraneo Allargato, secondo la nostra Marina Militare

Ecco perché la scelta nucleare, se mai avverrà, potrebbe essere dettata da altre ragioni, forse ambientali o puramente strategiche, che nulla hanno a che fare con la lunghissima autonomia tipica di questi mezzi.

Ma la domanda più interessante è un’altra: ha ancora senso investire decine di miliardi in una singola, colossale piattaforma navale nell’era dei droni a sciame e dei missili ipersonici? Il rischio concreto è quello di costruire oggi una potentissima corazzata come quelle che nel 1950 erano già state rese obsolete proprio dalle portaerei. Un bersaglio enorme, costoso e vulnerabile, la cui perdita sarebbe un colpo strategico, economico e umano insostenibile. La guerra moderna si sta spostando verso piattaforme distribuite, meno costose, senza equipaggio e letali.

Forse, la vera rivoluzione nucleare per la Marina non dovrebbe solcare le onde, ma navigare silenziosamente al di sotto di esse. Un investimento mirato su una nuova flotta di sottomarini d’attacco a propulsione nucleare (SSN) e su veicoli sottomarini senza equipaggio (UUV) dotati di batterie nucleari potrebbe rivelarsi strategicamente molto più lungimirante. Questi mezzi garantirebbero una sorveglianza autonoma e persistente degli abissi, invisibile e letale, e una capacità di deterrenza e attacco formidabile nel nostro “mare allargato”.

Nave Cavour

Le sfide per una portaerei, del resto, sono immense. L’attuale ammiraglia Cavour, operativa dal 2009, resterà in servizio ben oltre il 2040. Una nuova unità nucleare, inevitabilmente più grande, non potrebbe transitare dal Canale Navigabile di Taranto, richiedendo la costruzione di nuove basi. Comporterebbe inoltre un cambio epocale per la linea di volo, passando dagli attuali F-35B a decollo corto a caccia di tipo CATOBAR (lanciati con catapulta), che oggi non esistono e non sono previsti nemmeno per il futuro caccia GCAP. Ha quindi senso un enorme investimenti del genere?

Sebbene l’Ammiraglio indichi il 2040, la realtà industriale e tecnica, che dipende da reattori navali non ancora operativi, suggerisce che un orizzonte realistico si sposti al decennio successivo. C’è tempo, quindi, per una riflessione profonda. Tra il sogno di una grandiosa portaerei nucleare e l’incubo di vederla trasformata in un bersaglio antiquato, si gioca il futuro della nostra Marina.


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