Economia
Porsche, svolta militare? I dipendenti dicono no: “Non produrremo armi, una questione etica e di stabilità”
Mentre il CEO di Porsche valuta l’ingresso nel settore della difesa per contrastare la crisi dell’auto, il consiglio di fabbrica si oppone fermamente. Le ragioni? Etica, storia aziendale e la precarietà di un lavoro legato ai conflitti

Ad agosto Hans Dieter Pötsch, CEO di Porsche Automobil Holding, aveva tracciato una nuova strategia per la società automobilistica, affermando che Porsche sarebbe entrata nel settore difesa, producendo anche mezzi ad uso militare al fianco delle auto.
Lo scopo era di mantenere alti gli utili aziendali in un momento di crisi del settore auto, con le vendite in difficoltà per la cattiva transizione verso l’elettrico e i dazi di Trump che colpiscono le esportazioni verso gli USA, ma i dipendenti non sono d’accordo.
Chiaro no del Consiglio di fabbrica alla produzione di armi
Ciò non è dovuto solo a ragioni strategiche e tecnologiche, ma anche, non da ultimo, a ragioni etiche, alla luce della storia aziendale della Volkswagen.
Il consiglio di fabbrica ha espresso un insieme di motivazioni etiche e aziendali. I posti di lavoro nell’industria bellica sono più precari rispetto a molti altri settori. Gli ordini possono diminuire perché la domanda dipende da decisioni politiche. La produzione di armi è legata alle guerre: un allentamento delle relazioni internazionali può portare a un calo della domanda e alla perdita di posti di lavoro.
Quindi ci sono i fattori etici e di immagine: molti dipendenti desiderano che il loro lavoro sia rispettato anche nella vita privata. Si sono impiegati per produrre auto prestigiose e sportive,
La produzione di armi è in crescita
Nel settore militare si stanno creando sempre più posti di lavoro. Secondo una lettera d’intenti, fino a 100 dipendenti del fornitore automobilistico Continental verranno trasferiti dallo stabilimento freni di Gifhorn alla nuova fabbrica di munizioni Rheinmetall. Il produttore di carri armati franco-tedesco KNDS ha acquisito lo stabilimento ferroviario di Görlitz dal produttore francese di locomotive Alstom, in grado di svolgere lavorazioni di meccanica.
Molti lavoratori sono chiari: il riarmo non garantisce la pace e neppure i posti di lavoro. L’aumento delle spese militari porta a tagli ai servizi sociali. Anche i prestiti di guerra sotto forma di un fondo speciale devono essere pagati, e certamente non saranno saldati attraverso un’imposta patrimoniale o imposte di successione più elevate. Il leader della CSU Markus Söder ha recentemente liquidato bruscamente tali richieste come “sciocchezze” in una recente intervista estiva all’ARD .
Però gli operai tedeschi sembrano molto più realistici rispetto ai politici e capiscono che un lavoro nel settore delle armi è garantito solo quando ci sono delle guerre in cui queste sono utilizzate, e, per fortuna, per olra questo avviene solo in Ucraina.

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