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Porsche in crisi abbandona il sogno del 100%: i clienti sceglieranno i motori. Disastro cinese per il marchio
Porsche abbandona l’obiettivo del 100% elettrico: i motori a benzina e ibridi saranno mantenuti, anzi , come per VW, sarà il cliente a scegliere la motorizzazione. Il mercato cinese è in caduta libera. I taglieranno anche i costi all’osso
In Germania è tempo di esami di coscienza. Dopo che venerdì Mercedes ha annunciato di “voler rivoltare ogni pietra” per ridurre i costi, è il turno di Porsche di fare un’inversione di rotta. Del resto in un’Europa sempre più povera chi può permettersi auto piene di orpelli inutili e costosissime.
Di fronte a una situazione di crisi in Cina e a una crescita dei veicoli elettrici più debole del previsto in Europa, il costruttore sta cambiando la sua strategia in questo settore: “Vogliamo mantenere i veicoli a combustione ancora a lungo e avere la massima flessibilità”, ha dichiarato il direttore finanziario di Porsche, Lutz Meschke, venerdì pomeriggio, in occasione della pubblicazione dei risultati del terzo trimestre. Quindi addio elettrificazione totale, e benvenuta realtà.
Questo segue il disegno della filiale Volkswagen, che intende garantire che i nuovi modelli previsti esclusivamente elettrici siano disponibili anche con motore ibrido plug-in o a combustione, rendendo la scelta della motorizzazione una facoltà del cliente.
L’azienda auspica inoltre un cambiamento della politica europea. “Il divieto di circolazione dei veicoli a combustione nel 2035 deve finire”, ha dichiarato il CFO.
Stop alle ambizioni di elettrificazione totale
Finora, Porsche ha avuto una strategia di elettrificazione molto ambiziosa, con l’obiettivo di raggiungere l’80% delle vendite in questo settore entro il 2030. L’intera gamma doveva passare all’elettrificazione, ad eccezione della 911.
Nell’ambito di questo piano, la Porsche 718, la Cayman, la Boxster e la Cayenne dovevano essere alimentate elettricamente. Il restante 20% doveva provenire dalla Porsche 911, per la quale non c’era ancora un progetto definitivo di diventare 100% elettrica.
Ma la crisi attuale ha cambiato tutto. Dopo aver lanciato un profit warning alla fine di luglio, il marchio di lusso ha annunciato venerdì che il suo utile operativo per i primi nove mesi dell’anno è sceso del 27% a 4,04 miliardi di euro.
Il margine operativo è sceso di 4,2 punti, al 14,1%, e le vendite sono diminuite del 5,2% nel periodo, a 28,6 miliardi di euro. Tutto questo nonostante il marchio abbia rinnovato quest’anno cinque dei suoi sei modelli di auto.
“Ogni circuito da corsa ha parti più lente e parti più veloci. Lo stesso vale per un esercizio finanziario”, ha dichiarato sobriamente Lutz Meschke. Per ora la Porsche sta affrontando le strette chicanes, oppure corre sul tortuoso circuito di Montecarlo.
Vendite in caduta libera in Cina
In realtà, il marchio di lusso sta soffrendo enormemente in Cina, dove sta affrontando una crisi quasi strutturale. La quota di vendite del mercato cinese è scesa dal 24% al 18% nei primi nove mesi del 2025, mentre le consegne di Porsche in Cina sono diminuite di oltre il 30% in termini di volume. Nel terzo trimestre hanno raggiunto il livello più basso degli ultimi dieci anni.
La scelta delle case autobilistiche tedesche di puntare tutto, o quasi, sul mercato cinese, insieme a quello di lettrificare in modo estremo, si stanno rivelando un errore clamoroso, che rischia di danneggiare la competitivtà a livello globale del marchio e di minarne la solidità finanziaria.
Per Porsche, questa situazione rischia di intensificare le critiche degli investitori nei confronti di Oliver Blume, che unisce la gestione di Porsche a quella del gruppo Volkswagen, anche se gli interessi degli azionisti Porsche e VW non sono necessariamente gli stessi.
“Siete l’unica società del Dax ad avere un presidente part-time, quindi questo può essere solo temporaneo”, ha detto Hendrik Schmidt, responsabile della società di gestione patrimoniale DWS Investments, in occasione dell’assemblea generale annuale di Porsche lo scorso giugno.
Come Mercedes, l’azienda vuole controllare meglio i costi per far fronte al rallentamento della Cina e contrastare il crollo dei margini. A tal fine, l’azienda attuerà un programma di risparmio, i cui dettagli non sono ancora noti. In Porsche è partita la caccia ai costi. Però anche questa scela rischia di essere pericolosa, perché un marchio del lusso rischia di esser percepito come austero e povero. Se mi offrono un’auto con componentistica cinese o vietnamita per risparmiare qualche centisimo, alla fine perché non dovrei comprare un’auto cinese o vietnamita?
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