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PONTE DI GENOVA: avete ben poco da festeggiare. Parola di FAZ tedesca

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Abbiamo amici a cui piace girare il coltello nella piaga, certe volte a ragione, certe altre a torto e con un bel retrogusto di invidia e malevolenza. Oggi la FAZ tedesca ad esempio presenta un articolo molto polemico sulla riapertura del ponte di genova che, chi volesse, può ritrovare a questo link, e l’articolo attacca subito con una bella carica di malignità:

Quanto deve essere profonda l’autostima di una grande nazione e di una città orgogliosa se l’apertura di un “nuovo” ponte, che non avrebbe mai dovuto essere costruito, se il vecchio non si fosse  trasformato i in una tomba per 43 persone, viene vissuta  come una sorta di esperienza di rinascita? In ogni caso, il lutto non prenderà parte al “Festival per il ponte nato da una tragedia”, come ha detto il loro portavoce.

Le parole fanno veramente male, e sono dure per una città che ha pagato, ma si è anche molto impegnata, tramite il suo sindaco, per ricostruire nel minor tempo possibile un’opera della cui caduta non aveva responsabilità. Vero è che il festeggiamento sarebbe molto più completo se si fossero identificate le responsabilità politiche e penali del disastro. Su quelli politici, per la verità, un’idea di chi sia il responsabile c’è: Romano prodi, chi ha privatizzato le Autostrade cedendole ai Benetton. Per quelle penali c’è solo l’imbarazzo della scelta fra amministratori irresponsabili e tecnici compiacenti.

Andiamo avanti nell’articolo:
I costruttori del ponte di San Giorgio a Genova sono giustamente orgogliosi del fatto che i lavori siano continuati  senza sosta anche durante il periodo di blocco nazionale da marzo a maggio. In questo modo, hainno  dimostrato di poter continuare a lavorare se vengono seguite le misure protettive e igieniche pertinenti senza rischiare un’esplosione delle infezioni, ma il governo sotto il Primo Ministro Giuseppe Conte ha agito esattamente secondo il  modello opposto: Roma ha reagito allo shock dello scoppio della pandemia in Lombardia alla fine di febbraio paralizzando l’intero paese. Le conseguenze catastrofiche del più stretto e più lungo lockdown in Europa stanno diventando evidenti per l’economia italiana. Dall’introduzione dell’euro nel 1999, l’Italia ha avuto una crescita economica pressoché nulla per due decenni.

Dopo il crollo della prima metà del 2020, la potenza economica del paese è ora scesa al 91 percento del livello del 1998. Il debito pubblico salirà a quasi il 160 percento della produzione economica annuale. Le generazioni seguenti dovranno rimborsare questi soldi. Per essere più precisi, coloro che, vista l’attuale disoccupazione giovanile del 23%, non sono già emigrati da tempo.

Un quadro molto nero, in parte malevolo, ma in parte veritiero. Peccato che non ci si renda conto del fenomeno causa-effetto,m fra presenza dell’euro e distruzione dell’economia italiana, insieme anche all’altro fenomeno distruttivo, a cui la Germania non è estranea, dell’entrata della Cina del WTO. Però è evidente a qualsiasi italiano come l’euro sia stato , dal 1998, un elemento di distruzione economica. Se ne accorgono perfino i tedeschi…

Le cause della continua sofferenza dell’Italia sono note: una burocrazia tutto paralizzante che scoraggia gli investitori dall’estero e da casa; un sistema giudiziario estremamente lento e talvolta corrotto, i cui rappresentanti perseguono un’agenda personale o politica invece di garantire rapidamente la sicurezza giuridica; una struttura sociale paternalistica che causa il potenziale creativo di donne e giovani per appassire o scacciarli dal paese; una classe politica che ruota attorno a se stessa e serve la sua rispettiva clientela invece di rendere il paese di nuovo collegabile a livello internazionale.

Si mescolano qui verità e luoghi comuni. La partecipazione femminile al lavoro in Italia è ampia, se c’è domanda di lavoro, ma appare un po’ utopico parla di “Struttura paternalistica” quando il lavoro non c’è per entrambe i coniugi. Tra l’altro la differenza di paga media italiana è inferiore rispetto all’Italia. I giovani troverebbero ben lavoro, se ci fosse domanda dello stesso, come è avvenuto sino agli anni ’90. Senza domanda l’offerta è sterile, e questa regola, fondamentale, dell’economia, prima o poi la comprenderanno tutti. Per il resto, cioè i problemi derivanti dalla bruocrazia e dalla magistratura politicizzata, sono ben visti all’estero, come lo sono in Italia. Peccato nessuno abbia il coraggio di prendere il toro per le corna. Avete sinora sentito parlare di una seria riforma del CSM che spazzi via le correnti? Io no…


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