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Cultura

Polonia e Russia, fra crisi ucraina e vecchi simboli di un passato da negare

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Varsavia, Aprile 2014. Fino a poche settimane fa il Palazzo della Cultura e della Scienza, completato nel 1955, risplendeva acceso di giallo e di blu, i colori della bandiera ucraina, in nome della solidarietà al vicino dell’ Est, scosso in questi mesi dagli eventi che tutti conosciamo. Eventi difficili da interpretare e che tutti i leader, da quelli europei al Presidente americano Obama, non si sono invece fatti mancare l’occasione di strumentalizzare, utilizzando i media e toni da Guerra Fredda. Ancora una volta la Russia viene stigmatizzata con connotati negativi e i vecchi rancori vengono di nuovo alla luce, forse mai sopiti. Infatti, pochi mesi fa, il 21 Febbraio,  il  primo ministro polacco Donald Tusk invitò il popolo polacco ad accendere candele in segno di solidarietà per l’Ucraina e dichiarò che da Giovedì 20 il Palazzo della Cultura e della Scienza sarebbe stato illuminato con i colori ucraini fino a data da stabilirsi.

 

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I vecchi simboli del passato comunista ancora una volta utilizzati in nome della propaganda, questa volta non più sovietica ma europeista e occidentale.  Il Palazzo della Cultura e della Scienza di Varsavia (in polacco Pałac Kultury i Nauki)  torna ad essere emblema ingombrante delle vicende storiche . Progettato dall’ architetto russo Rudnev su modello dell’ Università Statale di Mosca, con i suoi 231 metri e 42 piani si eleva nel distretto finanziario di Varsavia, dono di Stalin alla città ed edifico fra i più detestati dai polacchi  che ne vedono esclusivamente la sintesi in pietra del periodo sovietico. Dopo la caduta del Comunismo se ne propose l’abbattimento, poi fortunatamente escluso, ed oggi questo è ancora l’edificio più alto di tutta la Polonia, sebbene siano in costruzione grattacieli che ne ruberanno il primato. A Varsavia è possibile  notare lo stesso atteggiamento di negazione  verso tutti i simboli sovietici ancora presenti in città, difficili da conoscere e non inseriti purtroppo fra i luoghi prettamente turistici. Fra tutti la sede del Partito Comunista Polacco, che, per ironia, è  stata fino al 2001 sede della Borsa e oggi del Centrum Bankowo-Finansowe, o anche di Piazza della Costituzione, splendido esempio dell’ urbanistica sovietica e del Realismo Socialista ed oggi in parte maltrattata da grandi insegne pubblicitarie. Il visitatore della Varsavia del 2014 fatica a comprendere l’importanza storica e architettonica di questi edifici, sembra infatti che la città voglia fare di tutto per ripresentarsi con una veste nuova, sfavillante, votata al Consumismo e ai valori occidentali. Solo il Palazzo della Cultura e della Scienza con la sua mole e i blocchi abitativi socialisti sono impossibili da non notare e spiccano fra le nuove torri moderniste e le insegne delle multinazionali.

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 Piazza della Costituzione, Varsavia

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Casa del Partito, Varsavia

Ma la storia non si cancella e  Varsavia è una delle poche città storiche dove questa si ripresenta in nuove forme, viva e contemporanea. Le origini dell’insofferenza dei Polacchi verso la politica russa vanno fatte risalire all’evento conosciuto come “la Resistenza di Varsavia” ( in polacco powstanie warszawskie ) , considerato come il più vasto singolo momento di resistenza durante la Seconda Guerra Mondiale, portato avanti dall’ Armata di Resistenza Polacca contro gli occupanti tedeschi, in concomitanza con l’avvicinarsi delle truppe sovietiche. Iniziato il 1 Agosto del 1944, si concluse 63 giorni dopo con la quasi totale distruzione del centro città e migliaia di morti, senza nessun aiuto risolutivo da parte dei Sovietici, che rimasero oltre i limiti della città al di là dl fiume e non risposero alle richieste radio delle forze di resistenza polacche.  Va sottolineato per maggiore comprensione che uno degli scopi primari era liberare la città prima dei russi in modo da poter poi istituire uno stato polacco indipendente e si può perciò ipotizzare come fosse interesse dei Sovietici stroncare la resistenza per poi poter prendere possesso della città in un secondo momento, come poi in effetti accadde. Non ci fu aiuto aereo, nonostante fosse presente una postazione a poca distanza e non fu permesso agli aerei americani di utilizzare le piste russe per atterrare. Questo evento, insieme all’Invasione della Polonia del 1939 e alla precedente rivolta del Ghetto Ebraico di Varsavia del 1943, brutalmente stroncata, lasciarono una città distrutta per l’85 %, l’alba dopo il ritiro delle truppe tedesche.

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 Ferite difficili da rimarginare e che si trascinano quindi fino ad oggi, rinnovate forse da propaganda e strumentalizzazione politica. La Polonia ha più volte chiesto conferma della Protezione Nato, quasi come se fosse mai possibile una invasione russa in terra polacca e il nervosismo serpeggia nell’opinione pubblica. Inoltre in queste settimane si è avuta notizia del blocco di importazione totale di alcuni prodotti  di carne suina polacchi e lituani , per via di  infezioni riscontrate da Febbre Suina Africana,  che stanno mettendo in seria difficoltà diverse aziende locali. Il blocco di questi prodotti è stato esteso ora ai prodotti della stessa tipologia di tutta l’ Unione Europea ed i negoziati non stanno avendo fino ad ora un seguito positivo.


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