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LA POLITICA COME DROGA

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Anche se giubilati, trombati, esclusi dal grande gioco, i politici non si rassegnano. Vorrebbero comunque tornare a contare qualcosa nel campo che fu il loro. A costo di divenire sindaci di una cittadina dopo essere prima stati Presidenti del Consiglio dei Ministri (De Mita), a costo di presentarsi come allenatori di una squadra politica che non c’è (Fini).

Tutto ciò provoca una sorta di imbarazzo. Quasi ci si vergogna per loro e gli si vorrebbe ricordare il detto francese per il quale a volte “non si può essere ed essere stati”. L’ultimo dei calciatori sa che ha diritto a una stagione della vita e che già a quarant’anni farà un altro mestiere. Come mai i politici non lo capiscono?

Tutto dipende dal significato che può avere la propria attività lavorativa. Se si tratta soltanto della necessità di procurarsi di che vivere, si benedicono  con passione le domeniche e le feste comandate e si sogna addirittura il momento in cui si andrà in pensione. Allora si avrà tutto il tempo che si vuole per le cose che si amano: dai viaggi allo sport, dal bridge all’arte. Molti invece, o perché non hanno altri interessi, o perché fanno di necessità virtù, finiscono col legarsi visceralmente al loro mestiere che cessa di essere un modo di guadagnarsi da vivere e diviene la loro funzione nella società e quasi lo scopo della loro esistenza. Spinti dalla necessità dell’autostima, quando non dal narcisismo, desiderano far carriera e addirittura, il giorno in cui sono costrette ad andare in pensione, vivono questo momento come una diminutio: “E ora che farò?”

Non si vuol dire male di questi utili membri della comunità. La loro passione li rende altamente produttivi. Hanno magari una Werkzeugnatur, come direbbe Nietzsche, una natura di utensile, ma dopo tutto, se  danneggiano qualcuno, è soprattutto sé stessi. Sono così dediti alla missione di trainare il carro che, quando ne sono orfani, invece di mettersi a correre si siedono disperati.

Naturalmente bisogna distinguere dalla massa coloro che realmente primeggiano. E non sono moltissimi. Parliamo degli uomini di successo, di quelli che hanno un lavoro difficile da ottenere, che si raggiunge dopo aver superato mille ostacoli e vincendo una concorrenza spietata. Pensiamo ai concertisti, ai ballerini classici, ai luminari della scienza, ai principi del foro, a tutte quelle attività in cui si è inseriti in una sorta di eterno campionato del mondo. Foss’anche quello (australiano) di velocità nella tosatura delle pecore. In queste competizioni si ha successo soltanto se si ha una spinta irrefrenabile, con la quale ci si identifica fin nelle fibre più profonde. Fino a divenire workaholic, il corrispondente lavorativo degli alcolisti.

A questa categoria appartengono anche i politici di successo. La loro attività, altissimamente concorrenziale, offre una ricompensa fra le più ambite: il comando. Non mancano il rispetto, l’agiatezza, l’adulazione e a volte la ricchezza: ma tutto questo, contrariamente a ciò che pensa la gente, è secondario. L’ex ministro che nessuno cerca e a cui nessuno telefona rinuncerebbe volentieri alla sua vita comoda e tranquilla se soltanto potesse tornare in gioco. Anche guadagnando di meno. Anche essendo soltanto un sottosegretario. Un consulente. Un portaborse. Fra l’altro, accetterebbe queste posizioni subalterne perché le vedrebbe inevitabilmente come trampolini di partenza per una “rentrée”, una nuova carriera e un nuovo successo.

Come non si accorgono, coloro che sono stati in cima, che ora inducono al compatimento? La Ferrari è sempre ai primi posti ma da anni non vince un campionato e molti la guardano con malcelato disprezzo. Il terzo gradino del podio, che per altri sarebbe una grande notizia, per il Cavallino Rampante è la conferma che non è più quella d’un tempo. Ecco perché l’idea di Giancarlo Fini suscita ironia, ad andar bene. Se si è stati bambini prodigio, se si è stati i numeri due della formazione politica che comandava il Paese, come accontentarsi di uno strapuntino? Eppure la passione è irrefrenabile. Se pregato adeguatamente, il vecchio contralto, divenuto nonna, canterà con voce tremolante qualche vecchia romanza.

Ci sono mestieri in cui non si è mai disposti a scendere dal palcoscenico. Molti uomini hanno delle passioni che ravvivano la loro vita, altri hanno delle passioni che la loro vita l’occupano come un esercito invasore.

Gianni Pardo, pardo.ilcannocchiale.it

9 luglio 2014


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