Energia
Petrolio: L’OPEC+ continua la politica dei “piccoli passi”. Verso un modesto aumento a Dicembre, nonostante le tensioni
L’OPEC+ verso un altro mini-aumento di 137.000 barili. Pesa l’incognita russa e le sanzioni USA, ma Riad prosegue con cautela.

L’OPEC+, il cartello allargato dei maggiori produttori di petrolio (che include Russia e Arabia Saudita), sembra orientato a proseguire con la sua strategia millimetrica. Domenica si riuniranno e, secondo diverse fonti familiari con le discussioni, l’esito più probabile è un altro modesto incremento della produzione per dicembre. Si parla, ancora una volta, della cifra “tecnica” di 137.000 barili al giorno (bpd).
Dopo anni di tagli drastici per sostenere i prezzi (un’operazione keynesiana su scala globale, se vogliamo, per gestire l’offerta), il gruppo ha iniziato ad aprile a riaprire lentamente i rubinetti. L’obiettivo? Riconquistare quote di mercato perse.
Finora, otto membri chiave dell’OPEC+ hanno già aumentato gli obiettivi di produzione per un totale di oltre 2,7 milioni di bpd. Sembra tanto, ma rappresenta solo il 2,5% dell’offerta globale ed è meno della metà dei tagli cumulativi (5,85 milioni di bpd) decisi negli anni precedenti.
La decisione di novembre era stata identica: +137.000 bpd. Questo ritmo lento, da “contagocce”, aveva contribuito a spingere i prezzi al ribasso (toccando i minimi di cinque mesi il 20 ottobre), per il timore di un glut, un eccesso di offerta.
Poi, come spesso accade, è arrivata la geopolitica a sparigliare le carte. Le nuove sanzioni imposte dal presidente USA Donald Trump contro due colossi petroliferi russi hanno fatto impennare il greggio sopra i 66 dollari al barile, calmando (per ora) i timori di eccesso d’offerta.
Ed ecco il paradosso che il cartello deve gestire: proprio queste sanzioni rendono difficile per la Russia trovare acquirenti per la sua nuova produzione. Mosca, di conseguenza, è restia ad approvare aumenti più consistenti, come già dimostrato il mese scorso. L’Arabia Saudita e la Russia, i due pilastri del gruppo, dovranno trovare l’ennesimo compromesso.
Sul tavolo non ci sono solo le sanzioni. Altri fattori complicano la decisione:
- La domanda stagionale: Una quinta fonte interna al gruppo ha suggerito che l’OPEC+ dovrebbe considerare una pausa negli aumenti, tenendo conto del rallentamento stagionale della domanda con l’arrivo dell’inverno nell’emisfero settentrionale.
- La politica USA: Il principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, visiterà Washington il mese prossimo per incontrare Trump. In passato, il presidente USA non ha risparmiato pressioni (spesso via social) sull’OPEC e su Riad per far scendere i prezzi del greggio.
Per capire la strategia attuale, bisogna ricordare come erano composti i tagli totali da 5,85 milioni di bpd:
- Elemento 1: 2,2 milioni bpd (tagli volontari degli 8 membri) -> Già completamente annullati a fine settembre.
- Elemento 2: 1,65 milioni bpd (altri tagli degli 8 membri) -> È il “pacchetto” che stanno rimuovendo ora, con questi aumenti mensili da 137.000 bpd.
- Elemento 3: 2,0 milioni bpd (tagli dell’intero gruppo).
Domande e Risposte
Perché l’OPEC+ aumenta la produzione così lentamente se vuole riconquistare il mercato?
L’OPEC+ sta cercando un equilibrio molto difficile. Dopo anni di tagli drastici per sostenere i prezzi (evitando un crollo), ora sta riaprendo i rubinetti. Se aumentasse la produzione troppo velocemente, rischierebbe un “glut” (eccesso di offerta) facendo crollare i prezzi. Un aumento troppo lento, d’altro canto, favorisce i produttori esterni al cartello (come quelli dello shale oil USA). Il ritmo di 137.000 bpd è un compromesso tecnico per gestire questa transizione senza shock di mercato, tenendo conto anche della domanda globale.
Le sanzioni USA alla Russia non dovrebbero far diminuire l’offerta e quindi piacere all’OPEC+?
È un paradosso. Nel breve termine, le sanzioni hanno fatto salire i prezzi (sopra i $66) per paura di una minore offerta russa. Tuttavia, per l’OPEC+, la Russia è un membro chiave del patto. Se Mosca, a causa delle sanzioni, non riesce a vendere la sua quota di produzione aumentata, diventa restia ad approvare ulteriori aumenti per l’intero gruppo. Questo crea una forte tensione interna: le sanzioni sostengono i prezzi, ma allo stesso tempo frenano la strategia di uscita dai tagli concordata dal cartello.
Che ruolo gioca la politica americana in questa decisione?
Gli Stati Uniti, pur non essendo membri dell’OPEC+, sono il maggior consumatore e produttore mondiale di petrolio. Il presidente Trump ha spesso criticato l’OPEC, chiedendo prezzi più bassi (utili per contenere il prezzo della benzina per gli elettori). L’Arabia Saudita, leader de facto dell’OPEC, è un alleato chiave degli USA. Con l’imminente visita del principe ereditario saudita a Washington, Riad deve bilanciare gli obiettivi economici del cartello (prezzi stabili) con la necessità di mantenere buone relazioni diplomatiche con gli USA.









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