Energia
Petrolio in Kenya: Gulf Energy vuole le prime spedizioni entro il 2026
Il sogno petrolifero del Kenya riparte: dopo il flop di Tullow Oil, la società locale Gulf Energy rileva il progetto Turkana e promette la prima estrazione entro il 2026.

Il sogno petrolifero del Turkana, a lungo in fase di stallo, ha trovato un nuovo motore. Gulf Energy Ltd., una società commerciale con sede a Nairobi, prevede di avviare la produzione di greggio dal bacino di South Lokichar entro la fine del 2026, quasi quindici anni dopo la scoperta originaria da parte di Tullow Oil. Gulf è posseduta da un gruppo di investitori asiatici ed occidentali interessati a sfruttare le risorse keniote.
Tullow ha venduto il suo progetto Turkana, a lungo rinviato, a Gulf Energy ad aprile per 120 milioni di dollari, ritirandosi finalmente dopo anni di tentativi falliti di estrarre il petrolio dal sottosuolo. I partner di Tullow, TotalEnergies e Africa Oil, si erano già ritirati l’anno prima quando il finanziamento del piano multimiliardario era fallito, lasciando Tullow con un progetto che non poteva più permettersi di portare avanti.
Il piano di sviluppo del giacimento della società britannica Tullow è stato successivamente respinto dal ministero dell’Energia del Kenya per mancanza di sostegno finanziario, costringendola di fatto ad abbandonare il progetto. Senza partner di peso la piccola società non era in grado di sfruttare il giacimento come vuole il governo keniota, e quindi ha ceduto. Il sogno petrolifero del Kenya riparte: dopo il flop di Tullow Oil, la società locale Gulf Energy rileva il progetto Turkana e promette la prima estrazione entro il 2026.
Il piano di Gulf Energy è stato approvato dal ministero dell’Energia e ora passa al Parlamento per l’approvazione definitiva, secondo il ministro dell’Energia Opiyo Wandayi. Se verrà approvato, la trivellazione potrebbe iniziare subito dopo, con la prima estrazione prevista per dicembre 2026.
Il progetto South Lokichar ha una stima di 560 milioni di barili recuperabili, con una produzione iniziale prevista nell’ordine di 60.000-100.000 barili al giorno. Un futuro oleodotto di 895 chilometri per l’esportazione a Lamu rimane sul tavolo, ma i primi carichi potrebbero essere nuovamente trasportati su camion a Mombasa, riecheggiando le esportazioni pilota di Tullow nel 2019. La produzione non è enorme, ma comunque fornirebbe risorse essenziali per l’economia keniota.
Per il Kenya, il passaggio da una multinazionale oberata dai debiti a un attore nazionale rappresenta una rara seconda opportunità per affermarsi come produttore di petrolio. Il governo ha reso più appetibile il clima degli investimenti con agevolazioni fiscali e nuovi cicli di esplorazione per 10 blocchi.
Se Gulf rispetterà i tempi previsti, il Kenya potrebbe finalmente unirsi all’Uganda e al Sud Sudan come produttori di petrolio dell’Africa orientale, trasformando un progetto un tempo considerato troppo lontano, troppo costoso e troppo sfortunato per il momento sbagliato nella prima vera prova dell’ambizione energetica nazionale.
Domande e risposte
- Perché Tullow Oil ha fallito mentre Gulf Energy potrebbe avere successo? Tullow è inciampata su ostacoli finanziari significativi, specialmente dopo che i suoi partner (TotalEnergies e Africa Oil) si sono ritirati, lasciandola sola a sostenere costi enormi. Gulf Energy, essendo un attore locale/regionale, potrebbe avere una struttura di costi più snella, un miglior accesso a finanziamenti regionali e, forse, una maggiore capacità di navigare la politica e la burocrazia keniota. Il fallimento di Tullow è stato più finanziario e strategico che tecnico.
- Quali sono i principali ostacoli che Gulf Energy deve ancora superare? Il primo è l’approvazione definitiva del Parlamento. Il secondo, e più complesso, è la logistica. L’oleodotto per Lamu è un progetto da miliardi di dollari; se non si troveranno i fondi, il trasporto su camion, sebbene fattibile, limita la scalabilità e aumenta i costi operativi, rendendo il progetto vulnerabile alle fluttuazioni del prezzo del greggio. Infine, dovrà gestire le aspettative delle comunità locali, un punto sempre delicato.
- Questo progetto porterà benefici reali all’economia keniota? In teoria, sì. Le entrate derivanti dal petrolio possono essere una manna per le casse dello Stato, finanziando infrastrutture e servizi (un classico obiettivo keynesiano). Tuttavia, il rischio della “maledizione delle risorse” è reale: corruzione, impatto ambientale e scarsa ridistribuzione della ricchezza sono pericoli concreti. Il successo dipenderà dalla trasparenza e dalla capacità del governo di investire i proventi in modo produttivo per l’intera nazione.








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