Economia
Petrolio in calo: l’attesa per il vertice USA-Russia pesa sulle quotazioni
Il prezzo del greggio registra la perdita settimanale più significativa da giugno. A pesare sulle quotazioni non è solo l’aumento dell’offerta OPEC+, ma soprattutto l’attesa per l’incontro diplomatico che potrebbe allentare le sanzioni su Mosca e cambiare gli equilibri energetici globali.

Il prezzo del petrolio ha chiuso la settimana con la perdita più consistente dalla fine di giugno, nonostante una seduta di venerdì relativamente stabile. A pesare sulle quotazioni è soprattutto l’attesa per l’imminente incontro tra i vertici di Russia e Stati Uniti, che potrebbe ridefinire gli equilibri geopolitici e, di conseguenza, l’offerta di greggio sul mercato globale.
Per quanto riguarda i principali benchmark, il Brent, il riferimento per il mercato europeo, ha chiuso la settimana in calo del 4,4%, assestandosi a $66,59 al barile. Ancora più marcata la flessione del West Texas Intermediate (WTI), il benchmark statunitense, che ha perso il 5,1% rispetto a venerdì scorso, chiudendo a $63,88 al barile.
Ecco i grafici del Brent:
ed ecco il WTI
Il vertice di Ferragosto in Alaska
Il fattore principale che sta orientando i mercati è l’attesa per il vertice diplomatico tra Washington e Mosca, che secondo le ultime indiscrezioni dovrebbe tenersi in Alaska il 15 agosto, giorno di Ferragosto. Gli operatori scommettono sulla possibilità che l’incontro possa portare a un accordo per una de-escalation nel conflitto in Ucraina.
Un’intesa di questo tipo aprirebbe la strada a un possibile allentamento delle sanzioni internazionali contro la Russia. Di conseguenza, una maggiore quantità di petrolio russo potrebbe riversarsi sul mercato, aumentando l’offerta globale e spingendo i prezzi al ribasso. Questa aspettativa, da sola, è bastata a innescare il sentimento ribassista che ha caratterizzato la settimana.
Le tensioni commerciali e l’aumento dell’offerta
A contribuire al calo delle quotazioni si aggiungono altri due elementi. Il primo riguarda le tensioni commerciali: le minacce del presidente Trump di imporre nuovi dazi a India e Cina, qualora continuassero ad acquistare greggio russo, alimentano i timori per un rallentamento dell’economia globale e, quindi, della domanda di petrolio.
Il secondo fattore è legato all’offerta. L’OPEC+ ha confermato l’aumento della produzione di 547.000 barili al giorno per il mese di settembre, proseguendo nella sua strategia di graduale ripristino dei livelli pre-pandemici. A questo si aggiunge un lieve incremento del numero di pozzi petroliferi attivi negli Stati Uniti, un indicatore di una futura maggiore produzione interna.
In sintesi, il mercato petrolifero si trova stretto tra la prospettiva di un’offerta crescente e i timori per una domanda indebolita dalle politiche tariffarie, con l’incognita geopolitica del vertice in Alaska che domina lo scenario a breve termine.
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