Seguici su

Energia

Petrolio a 50 dollari? La nuova, e un po’ ballerina, profezia di Citigroup

Citigroup scommette sul crollo del petrolio a 50 dollari con la pace in Ucraina. Ma i conti (e la pazienza dell’OPEC) tornano davvero?

Pubblicato

il

L’ultima previsione di Citigroup secondo cui il greggio Brent scenderà verso i 50 dollari a causa dell’allentamento delle tensioni tra Russia e Ucraina sembra più un’eco che una nuova previsione. Venerdì, Eric Lee, senior commodity strategist, ha dichiarato a Bloomberg che l’allentamento delle tensioni geopolitiche potrebbe “accelerare il movimento” verso lo scenario ribassista previsto dalla banca, nonostante il Brent sia già sceso di circa il 18% quest’anno, attestandosi a quasi 61 dollari, a causa di quello che alcuni definiscono un lento accumulo di eccedenze di offerta.

Ma il tono di Citi ha subito forti oscillazioni negli ultimi dieci mesi. A gennaio, la banca aveva infatti alzato le sue previsioni per il 2025 a 67 dollari per il Brent e 63 dollari per il WTI, citando “rischi geopolitici accresciuti e persistenti in Iran/Russia-Ucraina”. A distanza di pochi mesi, Citi avverte ora di un possibile crollo a 50 dollari qualora tali rischi dovessero svanire. Non si tratta di un cambiamento di opinione, ma di una svalutazione del 25% mascherata da una nuova narrativa.

All’inizio di questo mese, Citi aveva già espresso una nota ribassista, avvertendo che gli operatori di mercato si chiedevano se i 60 dollari potessero reggere come prezzo minimo in un contesto di aumento delle scorte globali. I dati di Vortexa hanno mostrato 1,2 miliardi di barili di greggio che ondeggiavano nei mari, il massimo dal 2016, anche se il costante accumulo di scorte da parte della Cina ha impedito che l’eccesso di offerta facesse crollare i prezzi.

Quindi, la tregua condannerà davvero il petrolio a 50 dollari? La storia dice che forse no. Ogni pochi trimestri, Citi lancia una nuova previsione ribassista, spesso legata alla notizia che sembra più urgente. In pratica, la moderazione dell’OPEC+, la domanda costante della Cina e il rifornimento delle riserve strategiche occidentali hanno costantemente mantenuto il Brent al di sopra della temuta soglia dei 50 dollari.

Semmai, la vera domanda è se Riyadh cederà per prima. Un Brent a 50 dollari comprometterebbe l’economia dello shale e restituirebbe il timone all’OPEC+. E mentre Washington potrebbe accogliere con favore un calo del prezzo del petrolio in vista delle elezioni, la pazienza dell’Arabia Saudita nel sovvenzionare gli obiettivi politici degli Stati Uniti è sempre stata… limitata.

Quindi il petrolio a 50 usd al barile potrebbe essere di breve tempo, se non un vero e proprio sogno

Domande e Risposte sul Testo

1) Perché Citigroup ha cambiato previsione in modo così drastico in pochi mesi? Le banche d’affari aggiornano le stime in base ai driver di mercato. A gennaio, i rischi geopolitici (Iran, Russia-Ucraina) erano percepiti come un fattore rialzista. Ora, Citi ipotizza che un allentamento di quegli stessi rischi possa innescare un crollo. Come nota l’articolo, queste oscillazioni appaiono ampie (una revisione del 25%). Le banche tendono a reagire alle notizie del momento (la potenziale tregua, l’eccesso di offerta visibile) piuttosto che ai fondamentali di lungo termine, che includono i tagli OPEC+ e la domanda asiatica.

2) Se c’è un eccesso di offerta così grande, perché il prezzo non è già crollato a 50 dollari? Nonostante l’evidente surplus di offerta (1,2 miliardi di barili in mare), agiscono dei “cuscinetti” stabilizzatori. In primis, l’OPEC+, guidata da Arabia Saudita e Russia, sta attivamente tagliando la produzione per sostenere i prezzi ed evitare un tracollo. In secondo luogo, la Cina continua ad assorbire grandi volumi di greggio, agendo da compratore strategico. Infine, alcuni paesi occidentali stanno lentamente ricostituendo le loro Riserve Strategiche (SPR). Queste azioni combinate forniscono un “pavimento” (floor) al prezzo del Brent.

3) L’Arabia Saudita non sarebbe contenta di un petrolio a 50$ che danneggia lo shale oil USA? Sebbene un prezzo a 50 dollari metterebbe in grave difficoltà i produttori di shale oil americani (loro concorrenti), quel livello è troppo basso anche per l’economia saudita. Riyadh necessita di un prezzo significativamente più alto (spesso stimato vicino agli 80 dollari) per mantenere in equilibrio il proprio bilancio statale e finanziare gli ambiziosi progetti di “Vision 2030”. Permettere un crollo a 50 dollari danneggerebbe prima di tutto le loro entrate. La pazienza saudita nel sovvenzionare gli obiettivi politici USA (come la benzina a basso costo) è storicamente molto limitata.

Google News Rimani aggiornato seguendoci su Google News!
SEGUICI
E tu cosa ne pensi?

You must be logged in to post a comment Login

Lascia un commento