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Crisi

Ecco perche’ stando nell’Euro, l’impoverimento e’ inevitabile

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Abbiamo parlato tantissime volte della CRISI dell’EURO. C’e’ una correlazione incredibile tra l’andamento di tutte le variabili macroeconomiche, a partire dalla Produzione Industriale, e l’andamento del CLUP (Costo del Lavoro per Unita’ di Prodotto).

In estrema sintesi, coi cambi fissi, vince chi svaluta il COSTO DEL LAVORO.

Vediamo l’andamento di Germania, Italia e Spagna.

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In Germania vi fu un imponente svalutazione del CLUP, in particolare tra il 2004 ed il 2008. E’ in quegli anni che la Germania e’ passata dall’essere il “GRANDE MALATO D’EUROPA” all’essere locomotiva. La Compressione del CLUP avvenne attraverso le riforme Hartz IV, creando un enorme esercito di sottopagati (circa 7 milioni). L’operazione costo’ 3-4 anni di sforamento del Deficit sul parametro del 3%, amplio’ i margini aziendali, e le aziende tedesche simultaneamente ridussero gli investimenti: il tutto si tradusse in una compressione della domanda interna, ed un ampliamento epocale dell’attivo della Bilancia dei Pagamenti, essenzialmente a spese degli altri paesi europei. In pratica fecero una sorta di “Svalutazione Competitiva“.

La Crisi dell’Eurozona fu indotta da una crisi esterna, ma fu fortemente alimentata dalla politica Tedesca degli anni precedenti: l’abbiamo ampiamente spiegato e non ci torneremo su.

 

La Spagna tra il 2008 ed il 2013 ha reagito alla crisi, e l’ha fatto attuando una politica similare. In 5 anni ha dimezzato il differenziale di CLUP con la Germania. L’operazione e’ stata possibile grazie al fatto che la Spagna ha un Mercato del Lavoro abbastanza flessibile, ed aveva un Debito Pubblico non elevatissimo. In sintesi la Spagna ha espulso dal mercato del Lavoro 3,5 milioni di persone. Cio’ ha consentito di contenere il CLUP. Tale politica (in parte voluta, in parte causata dagli eventi) ha causato una forte compressione della Domanda interna, ed i Conti Pubblici si sono fortemente deteriorati (e lo sono tutt’ora). Qualche minimo segnale di ripresa dell’export lo si e’ intravisto solo di recente, ma la situazione resta drammatica su tutti i fronti dell’economia reale (la disoccupazione e’ al 26%), ma l’inflazione e’ stata imbrigliata, e la bilancia commerciale ha avuto netti miglioramenti.

 

Ma se, in un SISTEMA A CAMBI FISSI, la CHIAVE per una politica di ripresa e’ LA RIDUZIONE DEL CLUP, come e’ possibile ridurre il Costo del Lavoro per Unita’ di Prodotto?

Ovviamente in un sistema a cambi variabili, basta svalutare. Ma nell’Ipotesi di restare nell’Euro, serve ridurre il divario di CLUP con la Germania (il gap cumulato e’ del 22-23%). Come? Ci sono 3 modi:

A) RIDURRE IL NUMERO DI LAVORATORI sia nel sistema pubblico, che privato (per l’Italia, per colmare il Gap, significa ridurre di 5 milioni il numero di lavoratori, passando da 22,5 a 17,5 milioni)

B) RIDURRE I SALARI sia nel sistema pubblico, che privato (per l’Italia, per colmare il Gap, significa ridurre del 22-23% i salari)

C) RIDURRE DRASTICAMENTE IL CUNEO FISCALE (per l’Italia, per colmare il Gap, significa ridurre gli oneri sulle Imprese per 150-170 miliardi; in sintesi concentrare le riduzioni fiscali e contributive su IRAP, tassazione Utili aziendali, oneri a carico delle Imprese, in primis contributivi)

E’ del tutto evidente, che ciascuna di queste 3 soluzioni e’ semplicemente IMPRATICABILE, per una serie di ragioni; ne citiamo alcune:

– Tutte e 3 le soluzioni implicherebbero (esattamente come accaduto in Germania nei primi anni 2000, ed in Spagna nel 2008-13) un deterioramento dei Conti Pubblici, cosa che una nazione con Debito al 134% non puo’ fare.

– Crollerebbe la Domanda Interna

– L’Economia Reale sprofonderebbe per qualche anno

Dopo 15 anni di declino economico, una soluzione tra le 3 sopra indicate, che troverebbe effetto dopo 3-5 anni di cura, sarebbe insostenibile politicamente

L’Italia, negli ultimi anni (specie dal 2012) ha ridotto l’occupazione, ed in parte ha contenuto i salari, ma cio’ non ha comunque permesso neanche di iniziare a colmare il GAP competitivo con la Germania.

 

Avendo l’Italia vincoli di Debito Pubblico, se volesse solamente dimezzare il differenziale di CLUP cumulato con la Germania, dovrebbe fare una MANOVRA in 3-5 anni, con un MIX delle 3 azioni di cui sopra; in sintesi riducendo gli occupati (diciamo di 1 milione di unita’), i salari reali (diciamo di un 3-5%) e con un’azione sul Cuneo Fiscale (per la sola componente a vantaggio delle Imprese) di 30-50 miliardi, dimezzerebbe il differenziale di CLUP. Cio’ implicherebbe una riduzione della Spesa Pubblica consistente, per finanziare sia la riduzione del Cuneo Fiscale, sia gli ammortizzatori per la crescente disoccupazione, nonche’ una RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO molto consistente.

In sintesi, se l’Italia partisse con tale politica OGGI, nel 2017-18, inizierebbe a vedere degli effetti sulla propria competitivita’ e sulla sostenibilita’ della propria economia reale. Il problema e’ che nel frattempo la disoccupazione sarebbe esplosa ulteriormente, i conti pubblici continuerebbero a deteriorarsi a ritmi consistenti, la Domanda interna e la Ricchezza Nazionale avrebbero un’ulteriore netta flessione.

E’ bene che chi sostiene l’EURO dica queste cose. Quanto sopra s’e’ gia’ visto bene in GRECIA e da noi s’e’ visto solo l’antipasto.

La nostra permanenza dell’EURO dipende da queste misure e non da altre, visto che la Germania continua e continuera’ con una politica di contenimento della propria domanda interna, del proprio Costo del Lavoro e senza nessuna mutualizzazione (Eurobond, Trasferimenti, etc).

A Parte il fatto che nessuno in Italia ha la forza (e forse le idee chiare) per fare la politica sopra decritta, una politica del genere, fatta a valle di 15 anni di impoverimenti (di cui 5 anni di crisi nera) e’ sostanzialmente insostenibile, perlomeno nella misura sopra riportata.

Ecco perche’ l’Italia nei prossimi anni non riuscira’ a colmare il GAP di CLUP con la Germania, se non in minima parte, e cio’ significa inevitabilemente un ulteriore impoverimento del paese, con aggravamento della situazione e di tutti i parametri.

In caso di forte ripresa internazionale, ovviamente, il processo di cui sopra, sarebbe attenuato nella sua drammaticita’, ma comunque prima o poi i NODI VERRANNO AL PETTINE.

 

A questo punto e’ bene porsi una domanda: CHE FUTURO CI ATTENDE?

La premessa e’ che l’Italia perde da 17 anni ininterrottamente l’1% di PIL pro-capite all’anno sulla media Europea, e quasi il 2% di Produzione Industriale. Abbiamo visto che questa tendenza e’ destinata a proseguire nel medio termine, stante i cambi fissi.

Anche la persona piu’ sprovveduta al mondo, guardando il grafico della “Performance relativa della produzione industriale italiana rispetto a quella tedesca”, potrebbe dire quale sara’ la tendenza nel 2014, 2015, 2016…..

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Se il nostro futuro e’ l’Impoverimento e la deindustrializzazione, COSA ACCADRA’?

In questo articolo sul Sole 24 Ore, la Bundesbank ci anticipa la soluzione:

Lo Bundesbank, poi, propone che se uno Stato è a rischio default sul proprio debito sovrano non dovrebbe ricorrere ai soldi dei contribuenti europei né guardare alla Bce, quanto piuttosto imporre una patrimoniale sulle ricchezze private dei propri cittadini. La banca centrale tedesca non fa esempi di Paesi, tuttavia, si può presumere che ci si volesse riferire a Grecia, Italia e Spagna, i cui cittadini, secondo i dati diffusi dalla Bce, dispongono di patrimoni privati pro capite superiori a quello dei tedeschi. Una patrimoniale una tantum «risponde al principio della responsabilità nazionale, secondo la quale i contribuenti sono responsabili degli obblighi assunti dai propri Governi prima di poter reclamare solidarietà da altri Paesi», si legge nel Bollettino. Nel contesto dell’attuale crisi finanziaria, si legge ancora, «balza agli occhi come la fiducia nel servizio del debito da parte di alcuni Paesi sia scesa anche se a questo debito pubblico corrispondono patrimonio pubblici e privati molto ampi» e che «in percentuale rispetto al pil sono più elevati di quelli nei Paesi creditori». La proposta, comunque, appare di difficile e rischiosa attuazione, scrive la Bundesbank, aggiungendo che, quindi, dovrebbe essere riservata a situazioni eccezionali, e cioé nel rischio concreto di un default sovrano. Importante sarebbe, soprattutto, chiarire ai mercati che si tratterebbe di un’iniziativa una tantum, destinata a non essere ripetuta nel tempo, perché altrimenti investimenti e capitale lascerebbero subito il Paese in questione.

 

Chiaro? Dopo averci “cotto” a puntino, sottratto fette di economia produttiva, suggerito politiche di austerity (il tutto col consenso delle nostre inette classi dirigenti), se i conti pubblici saltassero (cosa inevitabile in un costesto di impoverimento progressivo di lungo periodo), bisognerebbe garantire i “Creditori” e fare una bella “Patrimoniale”, che altro non e’ che uno spostamento di ricchezze accumulate dal settore privato Italiano al settore pubblico Italiano, e da questo ai Creditori esteri.

Che tradotto significa: “prima ti tolgo il lavoro, e poi ti tolgo la casa”.

Alzi la mano chi crede che realmente non andra’ cosi’, e se lo fa, ci spieghi il perche’.

 

Articolo postato in Gennaio 2014 e riproposto in reload

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