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Perchè per i cittadini la crisi non è “alle spalle”? Un indicatore economico ce lo spiega.

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Come rilevato dal nostro pezzo precedente a firma di Fabio Lugano al trionfalismo governativo su occupazione e ripresa non corrisponde nell’esperienza quotidiana una realtà altrettanto rosea. I giovani restano disoccupati e le famiglie non si sentono più ricche.

Una prima spiegazione è che l’occupazione aumenta principalmente per due fenomeni che non migliorano nè il benessere nè tantomeno la ricchezza dei lavoratori:

  • trascinamento delle coorti di età over 50, impossibilitate ad andare in pensione a causa della legge Fornero: dal 2011 sono circa 500mila posti di lavoro apparenti in più, in realtà mancati pensionamenti
  • aumento massiccio del part-time e del lavoro precario e temporaneo, fortemente incentivato dal Jobs Act come “nuovo normale”.

Nella nostra cerchia di amici e parenti tutti noi abbiamo esempi di precariato e incertezza estrema del domani, che colpiscono duramente i ventenni-trentenni anche molto qualificati. A un aumento degli occupati non corrisponde dunque un aumento della capacità di spesa, di vita autonoma e di costruzione di una famiglia con investimento in beni durevoli.

Come denunciato da molti, noi compresi, l’obiettivo delle riforme chieste dalla UE e introdotte dagli ultimi governi è manifestamente quello di aumentare la produttività e quindi la competitività attraverso la riduzione delle retribuzioni.

Riduzione ottenuta cancellando le tutele legali o aumentando la competizione – specialemente delle classi lavoratrici meno qualificate – con l’immissione massiccia di immigrati. Altri paesi hanno preceduto l’Italia su questa strada: Grecia, Portogallo, Irlanda e Spagna, ma non solo. I giovani “autoctoni”, per usare un espressione cara al PD, scelgono la strada dell’emigrazione verso paesi europei in ciclo positivo, e vengono sostituiti nelle intenzioni delle élites da giovani africani e asiatici.

L’effetto voluto e ricercato delle scelte di chi ci governa in Italia ed Europa, oltre a quello di produrre una emigrazione di massa dei giovani italiani, si sintetizza in qualche dato:

  • diminuzione delle ore lavorate annue per occupato, da 1.818 (2007) a 1.717 (2016)
  • diminuzione delle ore lavorate medie da 38 (2008) a 36 (2016)
  • rallentamento delle retribuzioni, con potere d’acquisto cresciuto appena del 3% nel ventennio 1995-2016

Da retribuzioni e potere d’acquisto passiamo a un indicatore economico forse meno noto ma molto interessante ai nostri fini, il reddito disponibile delle famiglie. Questo indicatore cumulativo spiega perchè la propaganda degli occhiali rosa non convinca quasi nessuno in Italia.

Reddito disponibile delle famiglie
“Parte del reddito nazionale che rimane alle famiglie dopo aver tenuto conto della redistribuzione effettuata da parte dello Stato mediante le imposte dirette, i contributi sociali e i trasferimenti.”

Tra 2007 – fatto 100 – e 2016 il reddito disponibile delle famiglie italiane è diminuito fino a un massimo del 10% nel 2013 (dati OCSE). Negli ultimi tre anni il reddito disponibile è leggermente risalito, restando comunque sempre molto inferiore al 2008.

 

Tenendo conto che il risparmio medio delle famiglie italiane si attestava sul 7-8% del reddito, è evidente che la riduzione ha intaccato sia i consumi che i risparmi delle famiglie e continua a farlo.

Si nota un’incoraggiante seppur lieve ripresa negli ultimi 3-4 anni, diremmo quasi fisiologica dopo i disastri della crisi esterna e dell’austerità montiana.

Va però ricordato che l’effetto degli 80 euro ha beneficiato solo alcune categorie (meno della metà delle famiglie), particolarmente appetibili dal punto di vista elettorale del PD, categorie fortemente beneficiate che alzano la media in barba a tanti altri cittadini rimasti a bocca asciutta.

Riteniamo che solo un miglioramento sensibile di tutti gli indicatori legati al benessere di lavoratori e famiglie potrà farci dire che “la crisi è alle nostre spalle”. Fino ad allora dobbiamo tenere alta la pressione sulla classe politica per impedire che, magari con la scusa che la crisi è passata, si aggravino ulteriormente le condizioni dei cittadini attraverso le nuove tasse di cui si parla da tempo: IVA, patrimoniali, successione, riforma catasto.

 

 


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