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Perchè l’Italia non può permettersi un nuovo Steve Jobs? (Di David Lisetti)

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Quale è la ricetta che ha reso la Apple quello che è oggi la Apple?

Perchè non siamo anche noi capaci di creare imprese così innovative?

Perchè siamo lontani anni luce dalla sylicon valley, culla delle start-up?

Da Apple – dipendente quale sono ho sentito il dovere di approfondire la storia dell’uomo che mi ha così tanto semplificato la vita. I device Apple sono semplici, intuitivi a tal punto che anche un ignorantone tecnologico come me riesce ad utilizzarli agevolmente, ma quando si cercano informazioni su Apple e su Steve jobs le storie diventano quasi mitologiche. Lui giovane e in controtendenza, fonda questa idea di società nel garage di casa, con il tempo, con il sudore, prendendosi innumerevoli rischi riesce a farla diventare l’azienda leader mondiale nella tecnologia retail.

In tanti hanno cercato di spiegare la formula del successodi Jobs per fare in modo che limprenditoria italiana si “dia una svegliata”. La sua celebre frase “stay hungry stay foolish” (siate affamati, siate folli) è tatuata sul petto degli aspiranti “Self Made man”.

Lui è diventato (suo malgrado) l’icona dell’uomo che credendo nelle sue idee, nelle sue visioni del mondo, nelle sue passioni è riuscito a raggiungere i suoi obbiettivi “contro tutto e tutti”. Questa “immagine sacra” viene usata soprattuto nelle sessioni di Marketing, negli incubatori di start-up, dai crowdfounder, dagli imprenditori ad “alto tassi innovativo”, nei corsi per diventare “leader”* per motivare i giovani e meno giovani “nati stanchi” della penisola italica. C’è da sottolineare a tal proposito come alcuni commentatori si siano lanciati in uno sport altrettanto redditizio ovvero l’autoafflizione, infatti articoli come questo mostrano un panorama imprenditoriale e culturale desolante, un contesto economico “non collaborativo”, fatto di ruffiani, ladri di bottega, truffatori istituzionali, colmo di inefficienze e chi più ne ha più ne metta.

Insomma alla fine quello che viene fuori dal vociante mondo intellettuale e lavorativo Italiano è che per motivi fisiologici e comportamentali in Italia uno Steve Jobs non lo vedremo mai.

Dalle nostre parti la regola numero 1 è “mai soffermarsi sulla pochezza analitica che contraddistingue l’informazione e le aule di formazione in Italia”, e questo è ciò che ha fatto la professoressa Marianna Mazzucato con il suo libro “Lo stato innovatore”. Lei, insegnante nel dipartimento SPRU, (Science and Technology Policy Research università del Sussex) ha studiato nel dettaglio i modelli di business di maggior successo al mondo tra cui chiaramente la Apple ed è bastato grattare il sottile strato strato di propaganda mitologica che avvolge la silicon Valley per scoprire come stanno realmente le cose. La realtà è lontana anni luce da quello che media e commentatori ci riportano.

Jobs oltre ad essere un imprenditore unico, circondato da un team di ingegneri altamente qualificati ha avuto anche la fortuna di vivere in un contesto economico “collaborativo” poiché l’ironia della sorte vuole che sia proprio grazie all’aiuto dello Stato che Jobs ha potuto sviluppare i suoi prodotti.

Le tecnologie che rendono un device Apple un concentrato di tecnologia unica sono le seguenti:

1-microprocessore o unità di elaborazione centrale

2-memoria dinamica ad accesso casuale

3-micro dischi rigidi

4-schermi a cristalli liquidi

5-batterie al litio-polimero

5-elborazione digitale dei segnali basata sugli algoritmi della trasformata di Fourier veloce

6-Internet

7-protocollo di trasferimento ipertestuale

8-reti di telefonia mobile

9-sistema di posizionamento globale

10-navigazione con rotella cliccabile e schermo tattile multitouch

11-Inteligenza artificiale con interfaccia vocale

Tutte queste tecnologie sono di derivazione governativa, ognuna di esse deve la sua scoperta a finanziamenti e ricerche realizzate con finanziamenti pubblici, molto probabilmente senza lo stato il macbook 11 pollici con cui in questo momento sto scrivendo non esisterebbe.

La DARPA, il Dipartimento della difesa, il progetto navistar, la CIA, l’NSF sono stati i diretti finanziatori dei brevetti che hanno reso la Apple quello che oggi è la Apple.

Se si analizzano le percentuali di fatturato mobilitato in R&C (ricerca e sviluppo) salta subito all’occhio quanto l’azienda di

Cupertino sia poco disposta a spendere per fare vera innovazione.

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(fonte Dediu e Schimdt 2012)

Appare quindi chiaro che la ricetta del successo di Apple si basa, più che sullo sviluppo di tecnologie innovative, sullutilizzo di brevetti creati in larga parte da agenzie governative che vengono poi inseriti in oggetti di design ingegneristico altamente attraenti, come dire Jobs ci ha messo la “forma” e lo stato ci ha messo la sostanza”.

Nel titolo dell’articolo è riportato il verbo “permettere”, ed ho voluto usarlo volontariamente ed anche a scopo provocatorio in quanto noi come Italia e come Europa non ci potremmo mai permettere aziende veramente innovative a causa delle assurde politiche di austerità che distruggono le università e la ricerca di base. Le limitazioni fiscali a cui gli stati si sono sottoposti per andare incontro ad un modello economico conservatore e neo mercantilista minano le basi del progresso tecnologico ed evolutivo di un continente che fino a qualche anno fa era l’epicentro dell’innovazione industriale.

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Sarà forse per tutti questi motivi che tempo fa ad una conferenza MMT coprii la mela del mio Apple proprio con il libro di Marianna. Lei ovviamente ha ritwittato, l’accaduto :-).


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