Attualità
Perché la polizia attaccando le Università ad Hong Kong (e soprattutto una…)
Nello scorso weekend la polizia di Hong Fong ha concentrato la propria attenzione repressiva su alcuni obiettivi specifici: le università.
Poly U entrance in flames as riot police try to storm in #HK #HongKongProtests #StandwithHongKong pic.twitter.com/egcKyS4X5j
— James Pomfret (@jamespomfret) November 17, 2019
Gli scontri sono stati particolarmente forti attorno alla Chinese University of Hong Kong (CUHK) con scene da vera guerra civile..
Ai lanci di molotov e di frecce da parte degli studenti la polizia, con l’aiuto attivo degli “amici” dell’esercito popolare cinese rispondono con lacrimogeni, gas urticante, proiettili di gomma e cariche violentissime.
Ora tutte le università sono centri del dissenso contro Pechino e l’esecutivo di nomina cinese presieduto da Carrie Lam. Perché accanirsi allora contro la specificamente su una università, la CUHK, sino a giungere all’uso di mezzi quasi militari?
La spiegazione è semplice: la CUHK è la sete del principale, quasi unico, nodo web del territorio autonomo di Hong Kong. Il HKIX (Hong Kong Internet Exchange) situato nel campus controlla e gestisce il 99% del traffico web. Le autorità quindi hanno così duramente combattuto per riuscire a prendere il controllo delle comunicazioni verso l’esterno tramite web, per poter eventualmente filtrare o sopprimere completamente in caso si passasse ad una repressione più dura.
HKIX era nato come un progetto di ricerca e sviluppo all”interno della CUHK, che lo gestiva in modo gratuito attraverso la HKIX limited. La funzione è quella di mettere in contatto i service provider indipendenti, ISP, con le reti esterne internazionali. Quindi il controllo del campus permette il controllo di ogni comunicazione elettronica della città verso il mondo esterno.
Secondo i manifestanti l’intenzione di Pechino non è quella di chiudere il web, quanto di controllarlo come avviene nella Repubblica Popolare Cinese. Nella Patria comunista non solo esiste il “Great Firewall” che automaticamente impedisce ai cinesi di accedere a temi scomodi, come, ad esempio, la situazione in Tibet o per i musulmani cinesi, ma ormai è obbligatorio identificarsi personalmente per poter accedere alla rete. Sarebbe la fine della libertà di pensiero per la città.
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