Energia
Perché il più promettente giacimento africano non ha ancora liberato le proprie ricchezze?
Namibia vs. TotalEnergies: Il Gigante del Petrolio “Venere” Rischia di Arenarsi sul Gas. Tutti i Dettagli sulle Trattative che Decideranno il Futuro Economico Africano.
Il deserto del Namib, si sa, è avaro di sorprese facili, ma il suo mare sembra essere una miniera d’oro. La scoperta del giacimento Venus (Venere) nel Bacino dell’Orange, annunciata da TotalEnergies nel febbraio 2022, è l’evento che da decenni fa illuminare gli occhi dei dirigenti petroliferi e, soprattutto, fa sognare i governi africani di ricchezze inattese.
Si tratta di una delle maggiori scoperte africane degli ultimi decenni, stimata in 1,5 miliardi di barili di petrolio greggio leggero di alta qualità (45° API) e ben 4,8 Tcf (migliaia di miliardi di piedi cubi) di gas naturale. Le proiezioni di massima parlano di un picco produttivo attorno ai 150.000 barili al giorno, con un orizzonte temporale produttivo che potrebbe estendersi per 30-40 anni. Eppure, per ora, questa ricchezza non ha dato ancora i suoi frutti:
La Scommessa della Namibia e la Struttura di Proprietà
Per la Namibia, un Paese che non ha mai avuto una produzione petrolifera su larga scala, Venus rappresenta un vero e proprio spartiacque economico. Le stime più ottimistiche prevedono che il progetto possa far aumentare il PIL nazionale del 20% entro il 2030.
L’assetto proprietario riflette un mix di capitale globale e partecipazione statale:
Partner | Quota di Partecipazione |
TotalEnergies | 45,25% |
QatarEnergy | 35,25% |
Namcor (Compagnia di Stato Namibiana) | 10% |
Impact Oil & Gas (UK) | 9,5% |
Le sfide immani del progetto ultra-profondo
Tuttavia, come spesso accade con i grandi tesori, l’accesso è tutt’altro che semplice. Il giacimento di Venus è situato in acque ultra-profonde, a 3.000 metri sotto la superficie del mare e a 300 chilometri dalla costa. Questo lo colloca di diritto tra i progetti offshore più esigenti e costosi al mondo dal punto di vista tecnico.
L’elemento di maggiore tensione e complessità è il gas associato.
- L’Idea della Namibia: Trasportare il gas a terra (onshore) per alimentare la produzione energetica domestica, gettando le basi per una sicurezza energetica a lungo termine e generando ulteriori entrate.
- Il Piano di TotalEnergies: Reiniettare il gas nel serbatoio per mantenere la pressione, una necessità tecnica dettata dalla bassa permeabilità delle rocce e per limitare i costi in un progetto già al limite della sostenibilità commerciale.
Questa discordanza non è solo tecnica; è politica e finanziaria, e sta rallentando in modo significativo il processo negoziale. La Namibia non vuole rinunciare a questa ricchezza, ma senza la pressione garantita dal gas la produzione petrolifera rischia di essere insufficiente.
Strategia e geopolitica del barile
TotalEnergies, che dopo il ritiro di Shell è rimasta di fatto l’unica grande operatrice nell’area, ha già rivisto al ribasso la propria strategia, abbassando la proiezione di picco da 200.000 a 150.000 barili al giorno. La mossa riflette una filosofia che privilegia il valore sulla quantità, puntando a un plateau produttivo più lungo (sette-otto anni) per ammortizzare al meglio gli ingenti investimenti infrastrutturali che graveranno principalmente sulle sue spalle.
Le negoziazioni, ora gestite direttamente dalla nuova presidente della Namibia, Netumbo Nandi-Ndaitwah, sono diventate un campo di battaglia. La Namibia è determinata a non ripetere l’errore della Guyana, dove un contratto del 1999 con ExxonMobil lasciò al governo una royalty di appena il 2%. L’obiettivo di Windhoek è evitare quel “precedente allarmante” e garantire condizioni fiscali più vantaggiose.
Sul tavolo c’è anche il nodo del breakeven price (il prezzo di pareggio).
- TotalEnergies Sostiene: $20 al barile, una cifra che appare più una tattica negoziale.
- L’Analisi Tecnica: Progetti di deepwater comparabili si aggirano sui $35 al barile, e Venus, con la sua estrema profondità (oltre 3.000 metri) e l’alto rapporto gas/olio, è presumibilmente ancora più costoso.
Il rischio, come dimostrato dall’abbandono di Shell a inizio 2025 dopo una svalutazione di $400 milioni, è che la geologia avversa o un contenuto di gas eccessivo possano rendere l’estrazione antieconomica.
Ma il Gioco Geopolitico non si Ferma: Mentre TotalEnergies è impegnata nei colloqui, la Cina si sta consolidando come il maggiore investitore straniero della Namibia, interessata a uranio, rinnovabili e infrastrutture. Ogni ritardo nelle trattative con il colosso francese, avvertono gli analisti, potrebbe offrire un’opportunità strategica ai concorrenti orientali per espandere la loro influenza in un continente cruciale per la strategia africana di TotalEnergies. Prima o poi la Namibia perderà la pazienza e potrebbe girare le concessioni a una società di Pechino. Una situazione molto pericolosa.
Venus, insomma, è una prova del fuoco: può ridisegnare l’economia della Namibia e rafforzare il cash flow di TotalEnergies, ma solo se si riuscirà a superare presto gli ostacoli tecnici e, soprattutto, quelli politici sul gas e sui ricavi. Il termine del 2029 per il first oil, con la decisione finale di investimento ancora in stallo, sembra già una data difficile da mantenere.
Domande e Risposte
- Perché il gas associato è diventato il principale ostacolo nelle negoziazioni tra Namibia e TotalEnergies?
Il gas associato (presente nel giacimento insieme al petrolio) è il punto di rottura perché le due parti hanno esigenze opposte. La Namibia vuole trasportare il gas a terra (onshore) per sfruttarlo nella generazione di elettricità, creando una base per la sicurezza energetica nazionale e generando entrate a lungo termine. TotalEnergies, invece, preferisce reiniettarlo nel giacimento per mantenere la pressione necessaria all’estrazione del petrolio, considerata la bassa permeabilità delle rocce. Questa reiezione è la soluzione meno costosa e rischiosa per la compagnia in un progetto di per sé molto complesso e al limite della redditività commerciale.
- Quali sono i rischi economici e tecnici che rendono il progetto Venus così impegnativo rispetto ad altri giacimenti deepwater?
Venus presenta sfide estreme. È situato in acque ultra-profonde, oltre 3.000 metri, rendendolo più costoso e tecnicamente complesso dei progetti di ExxonMobil in Guyana (1.700 metri) o del pre-salt brasiliano (2.000 metri). Inoltre, la presenza di un alto rapporto gas/olio, se non gestito correttamente (il che è incerto senza dati precisi), potrebbe ridurre significativamente i rendimenti netti, rendendo l’investimento meno redditizio del previsto. L’esempio del ritiro di Shell, che ha riscontrato problemi simili, dimostra che non tutte le scoperte nel Bacino dell’Orange sono automaticamente commerciali.
- Perché la Namibia sta usando l’esempio della Guyana per spingere per migliori condizioni contrattuali?
Il governo della Namibia è determinato a evitare il precedente contrattuale della Guyana, che nel 1999 concesse a ExxonMobil una royalty di appena il 2% sulla produzione. Questa situazione è vista come uno sfruttamento delle nazioni emergenti, desiderose di attirare major occidentali a qualsiasi costo. Con la nuova leadership, la Namibia ha rafforzato il proprio potere negoziale e sta spingendo per ottenere una maggiore quota dei profitti e del controllo, assicurandosi che il giacimento Venus si traduca in un beneficio sostanziale e duraturo per l’economia nazionale (stimato in un +20% del PIL entro il 2030).
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