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PER LA CERTIFICAZIONE DEI PRODOTTI MADE IN ITALY LA BLOCKCHAIN DEVE ESSERE GESTITA DAL PUBBLICO, non da associazioni

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L’interesse per l’utilizzo delle tecnologie blockchain nelle attività di tracking è sempre più diffuso: prossimamente anche uno di major del prossimo Master in BlockChain ed Economia delle Criptovalute della Link University sarà proprio sul tema dell’utilizzo della catena di blocchi per il follow up dei prodotti. La non corruttibilità, l’efficienza e la possibilità di rendere pubblici tutti i singoli passaggi di un prodotto sono elementi che rendono questa tecnologia per  la gestione dei dati ideale nella certificazione dei prodotti alimentari e questo ha fatto nascere l’attenzione anche di alcune associazioni di categoria, come già all’estero di soocietà della GDO, la grande distribuzione. Ad esempio una soluzione blockchain basata su un’applicazione IBM è utilizzata per il tracking dei prodotti alimentari freschi, soprattutto dopo che negli anni scorsi diversi casi di salmonella avevano messo in dubbio la capacità della GDO stessa di gestire la logistica in modo trasparente.

Se da queste applicazioni pratiche passiamo però a considerare la certificazione d’origine ed i successivi passaggi relativi ai prodotti alimentari Made In Italy però queste soluzioni private o anche a livello associativo, non sono efficienti e non dovrebbero essere considerabili. I motivi sono evidenti e semplici:

  • prima di tutto si rischia di ottenere un insieme eterogeneo di tecnologie blockchain, magari fra di loro incompatibili, che renderebbero complessa sia la gestione delle catena logistica sia la gestione delle App necessaria ai passaggi logistici e quindi al consumatore finale per seguire il prodotto e certificarne l’origine. Immaginate una situazione in cui, per fare esempi pratici, Coldiretti usasse uno standard, Confagricoltura un altro e la Coop un altro ancora. anche se esistono strumenti tecnici che permettono il passaggio dei dati da una blockchain ad un’altra, perchè non partire già, fin da subito, con uno strumento omogeneo?
  • in secondo luogo queste organizzazioni sarebbero giocoforza attratte nell’orbita di qualche grossa multinazionale che offrirebbe pacchetti “Chiavi in mano” per il servizio completo, mettendo però la certificazione dei prodotti italiani, ed il relativo valore aggiunto derivante, nella mano di terzi. Invece è opportuno che uno strumento con questa rilevanza strategica per il sistema produttivo italiano sia sviluppato In House, cioè internamente, anche perchè se applicato su larga scala ha lui la possibilità di imporsi come standard in una situazione di ancora forte frammentazione.

Per questi motivi si pone necessario che lo strumento di tracking alimentare dei prodotti su blockchain sia sviluppato, come standard, o direttamente dalla Pubblica Amministrazione o attraverso una fondazione che ne sia l’emissione e che , magari, contenga anche al proprio interno rappresentanti delle associazioni produttive. La base tecnologica può essere presa da una delle diverse fonti disponibili e le nostre università sono ricche di abili sviluppatori in grado di ottenere un prodotto tecnologico efficiente e sintetico, che poi possa essere messo a disposizione delle diverse filiere ed eventualmente adattato alle singole necessità, ma che abbia una base tecnologica omogenea e comune. Le risorse finanziarie esistono, e sono state messe a disposizione sia a livello nazionale, con l’ultima legge finanziaria, sia a livello europeo, con una serie di bandi ad hoc. Si tratta solo della volontà di mettere tutti i player attorno ad un tavolo e disegnare un cammino comune per l’interesse collettivo, economico e sanitario, della tutela della produzione alimentare nazionale. Perchè blockchain significa anche certificazione e controllo di tutta la catena logistica e produttiva, che, con l’utilizzo della IoT può inserire nella catena a blocchi i dati relativi, ad esempio, alla temperatura di conservazione dei prodotti, ai tempi di trasporto di un prodotto, alle caratteristiche fitochimiche alla partenza. Tutti elementi che devono essere gestiti su un database comune, senza frammentazioni e dispersioni per favori interessi specifici di singoli operatori.

 


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