Economia
Pattegiano pene lievi gli autori della truffa milionaria del gruppo Gedi all’INPS

Non si può dire che sia certo un bel momento per la carta stampata. Tutti i principali quotidiani italiani, tranne qualche sporadica eccezione, sono in forte calo di vendite in edicola da mesi. Molto colpito dal calo delle vendite è tutto la galassia del gruppo Gedi, che sta da tempo cercando di disfarsi di un investimento che si è rivelato fallimentare da tutti i punti di vista truffa sui prepensionamenti farlocchi organizzati con artifizi dal gruppo editoriale Gedi (che pubblica quotidiani come La Repubblica, La Stampa, Huffington Post, mentre lo scorso anno è stata ceduta la testata genovese de il Secolo XIX) negli anni in cui la holding apparteneva alla famiglia De Benedetti, è arrivata a un punto di svolta, dopo lunghe e laboriose indagini.
Due imputati eccellenti e cinque società della holding avevano deciso nel 2023 di patteggiare. Ora a distanza di due anni è arrivata la sentenza e il braccio di Carlo De Benedetti ( perché la truffa si riferisce ancora al periodo in cui proprietario delle testate era il gruppo De Benedetti) Monica Mongiardini ha ottenuto il patteggiamento e la pena di 5 mesi per la truffa milionaria all’Inps del gruppo che all’epoca lei guidava. Un successo per la Procura guidata da Giuseppe Lo Voi che sembra sia riuscita a portare a casa una sorta di ammissione di colpevolezza (anche se i puristi del garantismo inorridiranno per questa semplificazione) da parte degli imputati.
Non è noto, però, quanto società e imputati abbiano concordato di pagare come contropartita in denaro e in mesi di detenzione per il danno cagionato e l’ingiusto guadagno, così da ottenere il via libera dei pm al patteggiamento Assolti 2 imputati e sospeso il procedimento con Messa alla Prova per altre 7 persone fisiche. Al netto delle somme confiscate e al pagamento delle sanzioni, secondo quanto spiega Primaonline, il giudice ha inoltre disposto la restituzione al Gruppo GEDI di 19,2 milioni di euro che erano stati precedentemente sequestrati
Due anni fa il gip Andrea Fanelli del Tribunale di Roma aveva rigettato l’istanza di patteggiamento di alcuni imputati eccellenti, tra cui Mondardini e Moro, proposta che era stata approvata dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e dalla pm Claudia Terracina. L’inchiesta era quella sui prepensionamenti truccati del gruppo Gedi (i requisiti venivano raggiunti in vari modi, modificando i libretti di lavoro o demansionando i dirigenti o spostando i dipendenti da un’azienda all’altra), ossia della casa editrice all’epoca di proprietà di De Benedetti, e Fanelli aveva ritenuto che l’offerta di Mondardini e Moro e delle cinque società (Gedi Gruppo editoriale Spa, Gedi news network Spa, Gedi printing Spa, A. Manzoni & C. Spa ed Elemedia Spa) che si sono offerte di patteggiare fossero davvero troppo morbide.
Fanelli nella sua decisione aveva scritto che non erano concedibili le attenuanti “in quanto il vantaggio ricavato non è “minimo” come richiesto dalla norma (essendo – anche a voler accogliere la tesi degli istanti in ordine alla quantificazione del profitto conseguito- superiore a un milione e mezzo di euro) e, soprattutto, in quanto non può assolutamente definirsi “particolarmente tenue” il danno cagionato all’Inps (pari a oltre quindici milioni)». Il gip aveva definito la pena concordata con la Procura da Mondardini e Moro «manifestamente incongrua per difetto rispetto al disvalore dei fatti loro contestati e al ruolo dagli stessi rivestito nell’ambito dell’attività delittuosa“. E non solo basta. Per il giudice “le loro condotte avevano consentito agli enti del gruppo Gedi di conseguire un consistente profitto e, soprattutto, avevano cagionato all’Inps un danno di entità assai rilevante“.
Inoltre, sempre per Fanelli, “gli stessi avevano rivestito un ruolo di primo piano nell’ambito della realizzazione della complessa truffa ordita in danno dell’Inps“. All’epoca l’ingiusto profitto ottenuto da Gedi, gruppo editoriale che aveva evitato di pagare contributi previdenziali e stipendi, era stato valutato in circa 38,9 milioni. Una gran brutta storia che tutto sommato si chiude con pene lievi malgrado l’entità della truffa commessa. Una truffa milionaria che per anni è stata silenziata da una stampa che continua ad usare due pesi e due misure, soprattutto quando si parla di questioni inerenti in qualche modo la galassia di Gedi, sempre pronto con la sua testata Repubblica ad imbastire processi mediatici contro altri ( che poi molto spessi risolti con un nulla di fatto), mentre sono sempre molto riservati, quando le inchieste toccano da vicino il gruppo editoriale da cui dipendono. Infine per De Benedetto l’ennesima tegola di una esperienza imprenditoriale che sta riservando all’Ingegnere molto più dolori che gioia, dal momento che molte delle sue attività ( a cominciare dal Domani che brucia milioni di euro, lo scorso anno in rosso di 1,5, mentre nel 2023 aveva perso quasi 2 milioni di euro) sembrano in grande sofferenza.









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