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PARALLELISMI FRA RENZI E BERLUSCONI

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Osservando la storia, si ha spesso una perplessità: in che misura, a volte, un uomo può determinare gli eventi, in che misura, a volte, gli eventi fanno sorgere l’uomo che li guiderà?

Il problema si pone a proposito di Silvio Berlusconi e Matteo Renzi. Ambedue sono inimitabili, eccezionali nella fulmineità dell’azione che li ha portati al potere. Li accumuna soprattutto l’aver compreso il presente nel momento stesso in cui gli altri rimanevano impigliati nel passato. Berlusconi ha capito che, se era morta la Democrazia Cristiana, non era morto il suo elettorato: e bisognava soltanto offrirgli qualcuno che lo capeggiasse. Renzi ha capito che la politica di sinistra, fino al suo arrivo, è stata un’accumulazione di errori da cui era necessario uscire. E soprattutto da cui, finalmente, era possibile uscire.

Queste grandi intuizioni li fanno giganteggiare ma rimane vero che essi non avrebbero potuto inserirsi nella storia se le circostanze fossero state diverse. Se il più grande partito italiano non si fosse praticamente sciolto al sole, nel 1993, Berlusconi non avrebbe avuto la minima possibilità di smuovere il roccioso establishment democristiano. Un establishment tenuto insieme da un legame ben più forte di quello ideologico: l’interesse.

Analogamente, Renzi è arrivato quando il Pd sembrava aver perso la sua spinta propulsiva, con un Pierluigi Bersani implorante ai piedi di un M5S non disposto a sostenerlo, ed ha avuto il fiuto di comprendere che le grandi mura della cittadella della sinistra erano di cartone. Se bisognava difenderla, bisognava farlo  con armi nuove. Angelo Panebianco, in un suo pregevole articolo(1), gli attribuisce questi meriti: ha spazzato via l’antiberlusconismo, per vent’anni vero collante della sinistra; “ha aggredito il tabù della Costituzione più bella del mondo“; “ha detto la verità sul conservatorismo della Cgil e sugli interessi che essa difende a scapito di quali altri interessi”. E già solo per questo, ammettiamolo, bisognerebbe togliersi il cappello dinanzi a lui. Ma, si ripete, ha potuto dire tutte queste cose (di “fare” ancora non si parla) perché la temperie storica è cambiata.

Può darsi che l’antiberlusconismo sia stato un grave errore, in sé: ma sarebbe stato molto più difficile attaccarlo quando Berlusconi aveva un grande potere e il Pd si sentiva Orazio Coclite sull’ultimo ponte. Ora che è all’opposizione potrebbe invece essere un utile compagno di strada per realizzare quelle utili riforme che la sinistra non ha sino ad ora permesso a nessuno . E la sinistra potrebbe intestarsene il merito. L’antiberlusconismo, se prima è stato un errore, ora sarebbe un anacronismo.

Più interessante è l’attacco ai sindacati. Anche qui Renzi dimostra coraggio e fiuto per la sensibilità popolare. Prima, quando le cose andavano relativamente bene, i sindacati facevano la voce grossa e condizionavano il governo, ora che l’Italia è veramente nei guai, ora che ci sarebbe bisogno di un Mosè che ci aiutasse a traversare il Mar Rosso, sono muti e impotenti, certificando così la loro irrilevanza. Essi sono bravi a “strappare qualcosa a chi ha di più”, ma se si tratta di produrla, la ricchezza, e non di toglierla a qualcuno, non sono capaci di nulla. Dunque il benessere di un tempo non l’avevano certo creato loro. E Renzi è capace di irriderli.

È vero, ci sono dei sindacati – come la Fiom – che neanche a Pomigliano d’Arco hanno accettato la realtà. Gli altri sindacati ci mettono la faccia, loro si comportano come quei mariti che, “per coerenza”, dicono risoluti no, e infine, “per far piacere alle mogli”, dicono quel sì che sapevano ragionevole sin dal principio.

Anche per quanto riguarda la magistratura, Renzi ha capito che il vento è cambiato. Non è impossibile ottenere qualche successo cavalcando la stanchezza della gente nei confronti di una casta ferocemente attaccata ai propri privilegi e intenzionata a condizionare la politica. La mossa di renderla indifendibile per le ferie e gli altissimi stipendi è stata poi geniale. Sono cose secondarie ma facili da capire. Mentre adottando altri argomenti, magari più seri, la discussione sarebbe rimasta fra i competenti.

E c’è un altro elemento da sottolineare, per quanto riguarda il parallelo fra Berlusconi e Renzi. Il primo è al centro della politica da vent’anni, Renzi è arrivato alla notorietà da meno di un anno. Non sappiamo dunque se sarà per parecchio tempo una figura importante, nella storia nazionale, come il Cavaliere di Arcore, o se sarà un fenomeno passeggero. Fino ad ora i risultati sono scarsi, e può darsi che  prevalga la confraternita dei frenatori, come altre volte. E tuttavia, contro un ragionevole pessimismo, bisogna sperare che si riesca a fare qualcosa per questo sfortunato Paese.

Gianni Pardo, [email protected]

28 settembre 2014

(1)http://www.corriere.it/editoriali/14_settembre_28/veleni-interni-barriere-infrante-f234b634-46d5-11e4-b58c-ffda43e614fc.shtml


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