Attualità
Il Paese dilaniato
L’Italia è da sempre una Nazione divisa e la storia contemporanea, dall’unità in poi, non ha fatto altro che confermare questo concetto. Probabilmente Ottone Bismarck aveva più che ragione quando definiva la nostra penisola “una entità geografica”. Quell’entità geografica a cui è sempre piaciuto essere, in un modo o in un altro, sotto il dominio straniero. Non ho la presunzione (e il tempo) di fare un riassunto della Storia contemporanea italiana: le mie sono solo delle riflessioni che sempre più mi perseguitano e di cui vi faccio partecipi.
Quando i Savoia , oppressi dai debiti provenienti da guerre infinite combattute nei secoli precedenti, dalla Francia arrivarono in Piemonte lo fecero per un solo scopo: il denaro. Approfittando di quelle divisioni di cui parlo e della scarsa propensione dei Borbone (anch’essi stranieri a cui più volte fu ventilata la possibilità di unificare l’Italia) a prendersi delle responsabilità di governo che andassero oltre Napoli, tramarono sotto traccia con gli inglesi e il malcontento di buona parte del Popolo meridionale fece si che Garibaldi, alla testa di un migliaio di uomini armati di pochissimi fucili, avesse la meglio sull’esercito borbonico.
Quella corte proveniente da oltralpe parlava francese, come lo stesso Cavour.
Quando Garibaldi, in quel di Teano, consegnò ai nuovi invasori il regno delle due Sicilie non a caso ebbe a dire la fatidica frase “abbiamo fatto l’Italia, adesso bisognerà fare gli italiani”. Ma ai nuovi regnanti poco importava dell’Italia, degli italiani e, soprattutto, dei meridionali: nel sud Italia seguirono 50 anni di predazione, deindustrializzazione, descolarizzazione e omicidi, regalando all’intero mezzogiorno i semi delle varie mafie. Il meridione, che all’epoca non conosceva il termine emigrazione, fu abbandonato da milioni di persone: i migliori andarono via subito. La destinazione più ambita il Sudamerica. Nei primissimi anni del ‘900 si ebbe il picco di partenze: in un solo anno circa un milione di italiani, in grandissima parte meridionali, abbandonarono il Paese. Nel sud Italia anche un’altra cosa era del tutto sconosciuta: la coscrizione obbligatoria e molti altri partirono per evitare di divenire “carne da cannone” agli ordini dei Savoia, mentre intere città meridionali che si ribellarono alla leva militare coatta vennero messe a ferro e fuoco.
Il primo conflitto mondiale, benché ci vide vincitori, segnò profondamente l’Italia. Una Nazione arretrata e poco amante delle guerre piombò in una grave crisi economica (con buona parte dell’Europa) che fu terreno fertile alla salita al potere di un brillante giornalista socialista: tal Benito Mussolini da Predappio. Il Mussolini prese il potere grazie alle divisioni degli altri partiti ma senza spargimento di sangue: buona parte della Nazione appoggiava il fascismo. Tante furono le buone riforme ma tanti furono anche i soprusi. Del resto chi appoggiò finanziariamente Mussolini (grande industria e latifondisti) l’aveva fatto per interesse e non vedevano l’ora di passare per la cassa. Comunque e probabilmente, senza la sciagurata alleanza con Hitler, Mussolini sarebbe stato il più grande statista del ‘900. L’innata maestria che aveva nell’arringare le folle lo portarono in breve tempo ad oscurare lo scarsissimo e non troppo benvoluto Re d’Italia.
Nel 1941, nonostante il Paese restava arretrato e poverissimo, Mussolini, benché NON amasse assolutamente i tedeschi, decise di entrare in guerra al loro fianco: era convintissimo di poter salire sul carro dei vincitori con il sacrificio di 4/5.000 soldati, in modo di poter perseguire il suo sogno: fare dell’Italia un Paese imperialista. Egli amava stare tra la gente e le sue apparizioni pubbliche con tanto di comizi erano all’ordine del giorno. Quanto accadde nel 1943 è Storia. Il Re con il subdolo Badoglio firmarono l’armistizio e fuggirono vilmente a Brindisi, lasciando l’esercito senza ordini e alla mercè dei tedeschi e Mussolini, liberato dagli stessi, anche per evitare che l’Italia fosse messa a ferro e fuoco dall’esercito d’occupazione nazista, si vide costretto a fondare la RSI, tenendo suo malgrado fede all’alleanza. Come si evince da lettere e conversazioni telefoniche con la sua amante Claretta Petacci emerse da non molto tempo, egli sapeva benissimo che tutto era perduto. Le sue apparizioni pubbliche dal 1943 in poi si contano sulle dita di una mano: era un uomo finito, prigioniero dei suoi stessi errori. Una quasi guerra civile scoppiò nel nord Italia. Mussolini stava affannosamente cercando il modo di avere una pace separata. Per evitare di essere equiparato ai nazisti pensò ad una resa onorevole che potesse mettere l’Italia nelle condizioni di rialzarsi velocemente e bramò di trattare direttamente e segretamente con gli anglo-americani: ancora oggi la sua morte è un mistero non del tutto svelato che ha a che fare con oro trafugato e valigette in pelle colorata mai ritrovate.
Togliatti, altro statista italiano di primo piano, riparatosi in URSS per non fare la stessa fine del Matteotti, rimase così innamorato del socialismo reale che, pensandola sotto l’egida di Stalin, preconizzava lo stesso percorso per l’Italia, ovvero consegnando il Paese ancora una volta allo straniero di turno, forse il peggiore in assoluto dell’epoca.
Con il plebiscito l’Italia decise che poteva fare a meno dei Savoia: ci liberammo finalmente dei francesi e ci consegnammo “anema e core” agli americani che ci avevano “liberato”.
Probabilmente e giulivamente in quell’occasione passammo dalla padella alla brace.
Ancora oggi siamo ostaggio degli USA molto più di quanto possa apparire realmente e quasi certamente MAI ci libereremo dal suo mortale abbraccio. Le ingerenze e i diktat imposti dagli americani a tutti i governi italiani dal 1948 ad oggi sono state una costante obbligatoria. Le BR, gli attentati, le stragi di stato, la P2, Ustica, l’Italicus, piazza della Loggia, il caso Moro, la strage di Bologna, “mani pulite” ecc sono figlie di un’unica strategia della tensione creata per tenerci a bada.
Gli USA fornirono le linee guida alla creazione della UE che nacque da una costola della loro costituzione: il liberomercato. La sudditanza che l’Italia ha oggi della Germania conferma il nostro amore-timore per lo straniero. Oramai è parte integrante del genoma italico. Agli occhi dei più siamo sempre troppo “piccoli” per poterci barcamenare nel mondo globale: gli esempi degli ancora più piccoli Paesi del nord Europa, della Svizzera, della Corea del sud ecc (per non parlare di Inghilterra e Giappone) a nulla servono. Ci deve essere sempre qualche potenza straniera che ci tracci la strada e che ci prenda sotto la sua “benevola protezione”.
L’Italia è come un infante che ha bisogno costantemente di una madre che lo tuteli e lo nutra e non potendo avere quella naturale si accontenta della matrigna di turno: poco importa che sarà sgridato costantemente e riceverà solo gli scarti dei suoi figli legittimi.
A mio modo di vedere, e con tutti i distinguo possibili, l’epoca fascista che va dal 1922 sino all’armistizio del 1943 è l’unico periodo dai tempi dell’impero romano dove, forse, l’Italia è stata una Nazione autodeterminata e padrona (nel bene e nel male) del proprio destino.
Quanto va da prima a dopo tale periodo sono state epoche di profonde divisioni: Guelfi contro Ghibellini, clericali contro anti-clericali, filo-piemontesi contro filo-borbonici, fascisti contro anti-fascisti, settentrionali contro meridionali, comunisti contro anti-comunisti e infine berlusconiani contro anti-berlusconiani. In una parola: TUTTI contro TUTTI, e il tutto mentre il potere costituito ha continuato a governare al soldo dello straniero di turno e a danno di gran parte del Popolo.
In queste ore un manipolo di NON eletti sta cambiando la costituzione e sta spianando la strada ad un prossimo e sempre più inevitabile insediamento della trojka che tanto bene ci farà, come la Grecia testimonia.
L’italiano è al di sopra di queste quisquiglie e si fida ciecamente del ciarlatano di turno: egli di sicuro gli toglierà le castagne dal fuoco.
Eco di balli di gruppo giungono dalle spiagge semi-deserte mentre il Paese sprofonda sempre più velocemente nel baratro.
Si, è vero, Bismarck aveva ragione: l’Italia continua ad essere solo un’entità geografica.
Siamo un Paese dilaniato dall’interno, vittime predestinate e costanti del “dividi et impera” di romana memoria.
Roberto Nardella.
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