Seguici su

CulturaScienza

Oplontis svela nuovi tesori: la Villa di Poppea si allarga sotto la città moderna. Tra pavoni, maschere e lusso imperiale

Oplontis, scoperte straordinarie sotto la strada: emerge il “lato nascosto” della Villa di Poppea con nuovi affreschi e sale mai viste.

Pubblicato

il

C’è qualcosa di quasi poetico, e al tempo stesso di squisitamente tecnico, nel modo in cui l’archeologia italiana continua a dialogare con il presente. Mentre sopra le teste degli archeologi scorre il traffico moderno di Torre Annunziata, sotto il livello stradale di via dei Sepolcri riemerge, intatto nella sua magnificenza, un pezzo di storia imperiale che credevamo perduto o, quantomeno, confinato nei libri di storia dell’arte.

Parliamo della Villa A di Oplontis, meglio nota come la Villa di Poppea, quella residenza d’otium che si presume sia appartenuta alla seconda moglie di Nerone. Un complesso che, per dimensioni e sfarzo, non ha nulla da invidiare alle residenze palatine, e che oggi ci regala una nuova pagina di storia grazie a una campagna di scavo complessa, nata dalla necessità di mettere in sicurezza le strutture e gestire i sottoservizi urbani.

Non si tratta solo di “vecchi muri”, ma di una ridefinizione degli spazi e del lusso romano che potrebbe riscrivere le guide turistiche della “Grande Pompei”.

Poppea Sabina, la scandalosa donna di Roma

Lo scavo: un’operazione chirurgica tra antico e moderno

L’intervento attuale non è il classico scavo a cielo aperto in mezzo alla campagna. Siamo nel cuore del tessuto urbano, dove la villa corre sotto il tracciato stradale che divide l’area archeologica dallo storico Spolettificio Militare. Il progetto, curato dal Parco Archeologico di Pompei, ha richiesto una sinergia non indifferente con il Comune di Torre Annunziata, arrivando persino alla chiusura temporanea di tratti stradali per permettere agli archeologi di operare.

L’obiettivo era duplice: chiarire lo sviluppo del lato occidentale della villa, finora solo intuito o parzialmente indagato, e risolvere annosi problemi conservativi legati alle coperture e alle infiltrazioni d’acqua. Il risultato? Una “liberazione” che ha portato alla luce porzioni inedite di ambienti di rappresentanza che lasciano, francamente, a bocca aperta.

Immagine di un Fauno trovata durante gli scavi

 

Il Salone dei Pavoni: la simmetria ritrovata

Il fulcro di questa campagna è stato senza dubbio l’ambiente 15, il celebre Salone dei Pavoni. Fino a ieri, conoscevamo bene solo la parete orientale di questa grande sala, con il suo famoso affresco in II Stile che simula un santuario di Apollo, completo di tripode e pavoni5555. Oggi, grazie allo scavo stratigrafico, è emersa la parete occidentale, restituendo all’ambiente la sua originaria unitarietà spaziale.

E qui, i dettagli fanno la differenza. Gli archeologi hanno rinvenuto una decorazione speculare a quella già nota, ma con variazioni significative che rompono la monotonia e aggiungono profondità semantica all’opera:

  • La Pavonessa: Sulla parete ovest è apparsa una figura integra di pavonessa, posizionata in perfetto asse con il pavone maschio della parete oppost6. Un gioco di richiami visivi che denota una progettualità decorativa di altissimo livello.

  • Il Tripode Dorato: Al centro della composizione, frammenti di intonaco hanno rivelato un tripode dorato inscritto in un oculus, una variante rispetto al tripode in bronzo della parete est7.

  • Architettura dipinta: La parete simulava un muro di quinta con tre varchi. Sebbene il fornice centrale sia stato trovato crollato, le indagini hanno mostrato tamponature antiche, suggerendo che l’ambiente avesse subito modifiche già in epoca romana .

La maschera di Pappus: quando l’archeologia si fa commedia

Forse il ritrovamento più curioso, e umanamente più vicino a noi, è quello relativo alle maschere sceniche. Se sulla parete orientale le maschere richiamavano la Tragedia, la parete occidentale ha deciso di cambiare registro.

Tra i frammenti è emersa una maschera riconducibile alla Commedia, e non una qualunque. Gli esperti hanno identificato il personaggio di Pappus, una delle figure fisse della Commedia Atellana9. Chi era Pappus? Rappresentava il vecchio rimbambito, l’anziano che tenta disperatamente di apparire giovane ma che finisce, regolarmente, per essere beffato e deriso10.

È ironico pensare come, in una villa imperiale di tale prestigio, i padroni di casa amassero circondarsi di raffigurazioni che prendevano in giro la vanità umana, un tema che, a ben vedere, non è mai passato di moda.

Nuovi spazi e il “verde” archeologico

L’indagine non si è fermata al salone. Lo scavo ha permesso di definire meglio il portico meridionale e il giardino (ambienti 13-19). Qui, la tecnica dei calchi — quella che a Pompei ci ha restituito i corpi delle vittime — è stata applicata alla botanica.

Sono stati individuati i vuoti lasciati dalle radici degli alberi che ornavano il giardino. Questi “fantasmi” vegetali ci dicono che le piante erano allineate con le colonne del portico, raddoppiando visivamente il colonnato1111. Sebbene non ci siano foglie fossili per la certezza assoluta, le analisi precedenti suggeriscono che potesse trattarsi di alberi di limoni o, molto probabilmente, di uliv.

Le nuove camere dell’rea termale

 

Inoltre, la villa si è letteralmente “allargata”. Sono stati individuati quattro nuovi ambienti (numerati dal 100 al 103) oltre il limite precedente dello scavo. Si tratta di spazi decorati in IV Stile, con cornici in stucco ancora in situ, che estendono la planimetria verso ovest e comprendono un ambiente absidato verosimilmente legato al quartiere termale.

La sorpresa geologica: il torrente dimenticato

Ecco una chicca per gli appassionati di geoarcheologia. Lo scavo ha rivelato che la storia della villa non è finita con l’eruzione del 79 d.C. Gli strati hanno mostrato le tracce di un “lavinaio”, un torrente stagionale formatosi probabilmente dopo l’eruzione del 1631.

Questo corso d’acqua ha eroso parte dei depositi vulcanici e persino le strutture della villa, utilizzandole come argine. È la testimonianza di come il paesaggio vesuviano sia stato, nei secoli, un organismo vivo e mutevole, capace di cancellare e poi proteggere le opere dell’uomo.

Ecco una sintesi tecnica dei principali ritrovamenti:

Ambiente / AreaRitrovamento PrincipaleDettagli Tecnici / Note
Ambiente 15 (Oecus)Parete Ovest Affrescata

II Stile. Pavonessa, Tripode dorato, Maschera di Pappus 16.

 

Portico (Amb. 13-19)Colonne e Decorazioni

Colonne rivestite in stucco, decorazioni a squame bianche e rosse17171717.

 

GiardinoCalchi di radici

Alberi ad alto fusto (prob. ulivo) allineati al colonnato18181818.

 

Nuovi AmbientiStanze 100, 101, 102, 103

IV Stile, cornici in stucco. L’amb. 103 è absidato (termale) 19.

 

InfissiTracce di pigmento

Cinerite con residui di pittura azzurra, rossa e gialla su legno20.

 

Conclusioni: un patrimonio in divenire

Questi scavi confermano che Oplontis non è un sito “chiuso”, ma una miniera di informazioni ancora attiva. La scoperta di decorazioni intatte, di dettagli architettonici come le finestre con i loro pigmenti originali (un motivo a “denti di lupo” rosso e giallo), e l’ampliamento della planimetria, ci offrono una visione sempre più nitida della vita dell’élite romana.

In un’epoca in cui spesso ci lamentiamo della gestione del patrimonio, operazioni come questa, che uniscono tutela, ricerca scientifica e collaborazione tra enti, dimostrano che l’Italia ha ancora molto da insegnare — e da scoprire — sotto i propri piedi.


Domande e risposte

Chi era Pappus e perché è importante il suo ritrovamento nella villa?

Pappus è una maschera fissa della Commedia Atellana, un genere teatrale popolare nell’antica Roma. Rappresenta un vecchio avaro e lussurioso, spesso raggirato, simbolo di una vanità senile ridicola. Il suo ritrovamento nel Salone dei Pavoni è significativo perché bilancia le maschere tragiche della parete opposta, mostrando un gusto raffinato dei proprietari per l’intera gamma teatrale, dalla tragedia greca alla farsa italica, e suggerisce un’atmosfera di intrattenimento colto ma anche ironico all’interno della villa imperiale.

Cosa ci dicono i calchi delle radici sul giardino della villa?

I calchi delle radici, ottenuti colando gesso nei vuoti lasciati dal materiale organico decomposto, hanno rivelato un disegno del giardino estremamente curato. Gli alberi, probabilmente ulivi o limoni, erano piantati in perfetto allineamento con le colonne del portico, creando un “doppio colonnato” verde. Questo dimostra un’integrazione totale tra architettura costruita e architettura naturale, tipica dell’otium romano, dove la natura era addomesticata per riflettere l’ordine e la ricchezza del dominus.

Perché lo scavo si svolge sotto una strada moderna?

La Villa di Poppea si estende ben oltre i confini del parco archeologico visibile, finendo sotto l’attuale tessuto urbano di Torre Annunziata, in particolare sotto via dei Sepolcri. Lo scavo è stato necessario per risolvere problemi strutturali e di infiltrazioni che minacciavano la villa, e per gestire i sottoservizi cittadini. Questo tipo di intervento, tecnicamente complesso, permette di recuperare la storia senza bloccare completamente la vita della città moderna soprastante, in un difficile ma necessario equilibrio tra tutela del passato ed esigenze del presente.

Google News Rimani aggiornato seguendoci su Google News!
SEGUICI
E tu cosa ne pensi?

You must be logged in to post a comment Login

Lascia un commento