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Petrolio, l’OPEC frena la produzione più del previsto: cosa significa per i prezzi e perché tutti ora guardano a Israele e Iran
L’ultimo report OPEC mostra un aumento della produzione di greggio inferiore agli obiettivi. Mentre alcuni paesi compensano la sovrapproduzione, le tensioni geopolitiche in Medio Oriente diventano il fattore chiave per il futuro dei prezzi.

L’OPEC ha registrato un aumento della produzione di greggio di 180.000 barili al giorno (bpd) a maggio, raggiungendo un totale di 27 milioni di bpd, secondo il recente Monthly Oil Market Report (MOMR) pubblicato lunedì.
Però l’incremento è stato significativamente inferiore rispetto all’obiettivo di 411.000 bpd previsto dall’accordo OPEC+, a causa delle compensazioni per la sovrapproduzione passata di alcuni membri. Un’analisi che rivela dinamiche cruciali per il mercato petrolifero globale, con implicazioni per l’economia e la geopolitica, specialmente alla luce delle crescenti tensioni tra Israele e Iran.
I cinque membri OPEC+ e l’aumento contenuto
I cinque paesi OPEC che hanno aderito ai tagli volontari nell’ambito dell’accordo OPEC+ – Arabia Saudita, Iraq, Emirati Arabi Uniti, Kuwait e Algeria – avrebbero dovuto incrementare la loro produzione combinata di 310.000 bpd a maggio, come parte di un graduale allentamento dei tagli. Tuttavia, il rapporto OPEC evidenzia che l’aumento effettivo è stato molto inferiore a questa cifra.
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Arabia Saudita, leader dell’OPEC e maggiore produttore, ha aumentato la produzione di 177.000 bpd, raggiungendo 9,183 milioni di bpd, un valore vicino all’obiettivo di 9,2 milioni di bpd stabilito per maggio.
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Iraq, invece, ha ridotto la produzione di 50.000 bpd, scendendo a 3,93 milioni di bpd, rispetto a un target di 4,049 milioni di bpd. Questo taglio riflette gli sforzi di Baghdad per compensare la sovrapproduzione passata, un problema che accomuna l’Iraq ad altri membri come Kazakistan e Russia (quest’ultima non appartenente all’OPEC ma parte dell’OPEC+).
Produzione OPEC+ totale e il caso Kazakistan
La produzione complessiva dell’OPEC+ a maggio 2025 ha raggiunto una media di 41,23 milioni di bpd, con un incremento di 180.000 bpd rispetto ad aprile. Gli otto produttori coinvolti nei tagli hanno aumentato la produzione di 154.000 bpd, ben al di sotto dell’obiettivo di 411.000 bpd, a causa delle compensazioni per la sovrapproduzione precedente.
Tra i membri più “ribelli”, il Kazakistan si distingue: a maggio ha prodotto 1,803 milioni di bpd, solo 21.000 bpd in meno rispetto ad aprile, ma ben 300.000 bpd sopra la sua quota di 1,486 milioni di bpd. Questo scostamento evidenzia la difficoltà di alcuni paesi di rispettare gli impegni presi nell’accordo OPEC+.
Obiettivi estivi e compensazioni
Uno degli obiettivi principali dell’aumento delle quote OPEC+ per l’estate 2025 è “fornire ai paesi partecipanti l’opportunità di accelerare le compensazioni” per la sovrapproduzione passata, come sottolineato più volte dall’OPEC. L’organizzazione ha pianificato tre incrementi consecutivi di 411.000 bpd nei prossimi mesi, ma il ritmo più lento del previsto a maggio potrebbe attenuare i timori di un eccesso di offerta sul mercato.
Mercato petrolifero e tensioni geopolitiche
Nonostante l’aumento della produzione sia stato inferiore alle attese, il mercato petrolifero sembra ora concentrarsi quasi esclusivamente sui rischi di interruzioni dell’offerta in Medio Oriente, a causa dell’escalation del conflitto tra Israele e Iran. Queste tensioni geopolitiche potrebbero avere un impatto significativo sui prezzi del greggio, rendendo il monitoraggio della produzione OPEC+ ancora più cruciale.
Prospettive per l’economia globale
L’andamento della produzione OPEC+ e le dinamiche geopolitiche continueranno a influenzare i mercati energetici nei prossimi mesi. L’attuale conflitto fra Iran e Israele influenzerà la capacità di Teheran di far fronte alle proprie quote produttive, ad esempio, anche senza attacchi diretti alle strutture produttive iraniane. Del resto un allargamento del conflitto, magari anche a strutture produttive petrolifero di altri paesi, potrebbe far calare l’output anche di altri paesi del cartello petrolifero.
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