Economia
OPEC+ aumenta la produzione ma c’è il rischio crisi: gli Emirati sfidano quote e Arabia Saudita. Il Cartello verso la fine?
OPEC+ alza la produzione di luglio, ma è allarme rosso: gli Emirati Arabi producono ben oltre la quota, sfidando Riad. Tensioni al vertice che potrebbero segnare la fine del cartello.

L’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio e i suoi alleati (OPEC+) ha annunciato il 31 maggio 2025 un aumento della produzione di greggio di 411.000 barili al giorno (b/d) a partire da luglio, segnando il terzo incremento consecutivo in altrettanti mesi.
Questo aumento, pari all’1,2% della domanda globale, rappresenta un’accelerazione significativa rispetto ai piani dello scorso anno, quando l’OPEC+ prevedeva un incremento di appena 122.000 b/d al mese. Tuttavia, nonostante l’OPEC+ fornisca circa la metà del petrolio mondiale e miri a mantenere i prezzi elevati, il cartello sta affrontando una crisi che potrebbe segnarne il declino, con, questa volta, gli Emirati Arabi Uniti (EAU) come principale fonte di instabilità.
Gli EAU, terzo maggior esportatore dell’OPEC, stanno sfidando le regole fondamentali del cartello, che vietano di produrre oltre le quote concordate. Sebbene ufficialmente dichiarino di rispettare la quota di 2,9 milioni di b/d, diverse stime indipendenti suggeriscono che la loro produzione effettiva sia molto più alta. L’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) ha stimato una produzione di 3,3 milioni di b/d ad aprile, mentre alcune fonti del settore arrivano a ipotizzare 3,4 milioni di b/d, mezzo milione oltre il limite. I dati sulle esportazioni, che si attestano a 2,8 milioni di b/d, sembrano confermare questa sovrapproduzione, perché non considera il greggio destinato a raffinerie locali, che quindi viene esportato come prodotto finito, o stoccaggi. Questo comportamento mina la coesione dell’OPEC+, e l’Arabia Saudita, tradizionale “poliziotto” del cartello, sembra incapace di intervenire.
Perché l’Arabia Saudita, che ha rapporti tesi con gli EAU, tollera questa trasgressione? La risposta risiede nella posizione strategica degli Emirati. Gli EAU dispongono della maggiore capacità inutilizzata rispetto alla loro produzione totale all’interno dell’OPEC+, una situazione che genera frustrazione ad Abu Dhabi. Dopo la ripresa della domanda post-Covid, gli EAU hanno minacciato due volte di lasciare il cartello in seguito a dispute sulle quote, un’eventualità che potrebbe essere fatale per l’OPEC. Di conseguenza, i leader sauditi temono che un’ulteriore pressione sugli Emirati possa spingerli a un’uscita definitiva, destabilizzando ulteriormente il gruppo.
La situazione è aggravata dalle differenze economiche tra i due Paesi. Gli EAU possono permettersi prezzi del petrolio più bassi, con un punto di pareggio fiscale stimato a 50 dollari al barile, mentre l’Arabia Saudita, impegnata in ambiziosi progetti immobiliari, necessita di prezzi intorno ai 90 dollari. Inoltre, gli EAU stanno investendo massicciamente per espandere la loro capacità produttiva: entro il 2027, Adnoc (la compagnia petrolifera nazionale) prevede di raggiungere i 5 milioni di b/d, rispetto ai 3,6 milioni del 2021.
Tuttavia, le quote OPEC non hanno seguito questo aumento, alimentando il malcontento emiratino. Sebbene l’anno scorso gli EAU abbiano negoziato un incremento di 300.000 b/d, da implementare in 18 mesi, il 28 maggio 2025 l’OPEC+ ha rinviato al 2027 una revisione più ampia delle quote, inizialmente prevista per quest’anno.
Questo rinvio potrebbe esacerbare le tensioni.
Gli EAU non sembrano disposti ad accettare ulteriori restrizioni, e un analista con contatti in entrambi i governi, riportato da Economist, prevede un conflitto aperto tra Arabia Saudita e EAU. Un’escalation di disordini, alimentata dallo scontro tra il primo e il terzo esportatore dell’OPEC, potrebbe rendere il cartello ingovernabile, segnando l’inizio della sua fine. In un contesto in cui la domanda globale di petrolio potrebbe raggiungere il picco entro il prossimo decennio, e i Paesi produttori cercano di diversificare le loro economie, l’instabilità interna all’OPEC+ rappresenta una minaccia senza precedenti.
Forse, ma solo forse, siamo alla vigilia di un cambiamento epocale nel mondo dell’energia.
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