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Oggi veniva firmato l’Armistizio di Villa Giusti: momento glorioso della storia italiana, e prodromo delle crisi del dopoguerra

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Oggi è un giorno particolare, ma dimenticato. 104 anni fa veniva firmato, il tre novembre 1918, veniva firmato l’armistizio fra le forze alleate, Italia in primis, e l’Austro-Ungheria. L’armistizio venne firmato a Villa Giusti, in località la Mandria, proprio il mattino del tre novembre 2018, ma l’effetto doveva iniziare il giorno dopo alle ore 15 per dar tempo alle truppe italiane di consolidare l’avanzata e le proprie linee. Una vera e propria corsa contro il tempo che contraddistinse le ultime 24 ore di guerra.

A condurre e firmare le trattative furono un’ampia rappresentativa militare austro-ungarica e italiana, ma non tedesca, per cui l’Italia proseguiva la guerra contro l’impero tedesco. Il comando militare austriaco aveva informato l’omologo tedesco invitandolo a inviare una rappresentanza, ma questi aveva rifiutato. Quindi era un armistizio “Separato”, ma che avrà un effetto di pietra tombale nella guerra: infatti l’armistizio prevedeva il libero passaggio dell’esercito italiano in Austria, lasciando intendere che quindi si sarebbe potuto aprire un fronte sud contro la Germania, con un attacco alla Baviera. Berlino aveva già enormi problemi a contenere gli alleati sul fronte occidentale, ormai giunti al confine del Reich, la rivoluzione si accendeva a Monaco e a Berlino, e dopo una settimana veniva costretta a firmare un armistizio che pose fine in modo definitivo alla guerra.

In realtà, almeno sul fronte italiano, l’andamento della guerra era già chiaro da giugno, quando era stata arrestata in modo sanguinoso la famosa, e molto preparata “Offensiva del Solsistio”: infatti se le offensive di primavera-estate tedesche avevano segnato delle avanzate tedesche, pagate a caro prezzo, che avevano illuso sulla possibilità di una vittoria degli imperi centrali, l’Offensiva del Solstizio (Nome dato da D’Annunzio all’attacco austro-ungarico) era stata respinta da un comando italiano efficiente, preparato, ben armato e, per una volta, informato in anticipo dal servizio segreto. Da quel momento era chiaro che la strada verso la sconfitta austro ungarica era segnata, ma erano da definire i tempi.

Diaz era stato molto cauto nell’ordinare un attacco, nonostante le vittorie alleate sul fronte occidentale di settembre. Pensava che l’esercito austro- ungarico fosse ancora solido e non voleva sacrificare le vite dei soldati in vuoti attacchi. Sotto pressione politica iniziò ad attaccare il 24 ottobre e subito la resistenza austriaca sembrò decisa e dura, ma le truppe di prima linea non avevano più supporto di riserve. Una volta superato il Piave il 27 ottobre fu chiaro che, con il ritiro delle truppe jugoslave, non c’erano forze per in contrattacco e il 28 ottobre fu possibile sfondare chiaramente nella pianura. Da quel momento fu chiaro il disfacimento dell’esercito austriaco, ormai quasi solo quello, dopo che perfino l’Ungheria ordinava alle proprie formazioni di smettere di combattere e ritirarsi. Gli austriaci cercarono subito il colloquio che iniziò il primo novembre, per concludersi il tre.

L’Italia vinse la propria guerra e fu decisiva nella vittoria alleata, ma oggi nessuno se ne ricorda. Eppure quasi ogni famiglia italiana ha un bisnonno o trisavolo “Cavaliere di Vittorio Veneto” o caduto in guerra.

 

 


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