Esteri
Oggi gli USA ed i suoi alleati hanno bisogno di un nuovo Plaza Accord: e se esistesse un piano tedesco-russo-cinese per affossare l’egemonia USA per via di un dollaro sopravvalutato?
Mio nonno mi diceva sempre di guardare il giro del fumo: alle pendici delle Alpi più alte il calore è un fattore di sopravvivenza in inverno. In relazione all’economia globale mi sembra che noi tutti stiamo guardando soltanto un gomito di una complessa conduttura di trasferimento fumi…
Oggi avremmo tutti bisogno di un nuovo Accordo del Plaza (1985). Tale accordo tra le potenze occidentali più il Giappone mirava a far svalutare il dollaro americano con la compiacenza di tutti i paesi coinvolti, in particolare Giappone e Germania quali grandi esportatori concorrenti degli USA. Cina e Russia naturalmente non erano invitati in quanto fuori dal sistema capitalistico dell’epoca. Il capolavoro dell’amministrazione Reagan fu quello di trovare un accordo con tutti, parallelamente all’introduzione di un boost all’economia interna agli USA via incremento del proprio debito e quindi ai consumi globali indotti, boost che trovò terreno fertile in alleati tipo l’Italia che in linea con l’indirizzo americano – finalizzato anche a non far soccombere il modello capitalista vis a vis di quello comunista, che poi crollò – decise di spingere l’acceleratore della crescita con la conseguenza di un enorme crescita del debito da un lato e della famosa Milano da bere /un’economia scoppiettante dall’altra (…).
Oggi un accordo siffatto non è più possibile soprattutto per due ragioni: la prima è che siedono al tavolo anche due soggetti che puntano dichiaratamente a scardinare il grip sull’economia globale degli USA. La seconda, un alleato del tempi dei Plaza – la Germania – si è trasformata in un vero e proprio competitor a capo di una propria valuta creata a propria immagine e somiglianza, soggetto per di più strutturalmente portato a fare alleanze con il vicino russo ricchissimo di quello che a lei manca, le materia prime.
Ed oggi siamo precisamente al punto di rottura, dimostrato dagli eventi di questi giorni: la salita del differenziale dei tassi USA-Europa post dichiarazioni di Draghi (tassi EU attesi in negativo per anni) sta facendo salire il dollaro quando invece la valuta USA dovrebbe invece scendere per via di un’economia americana molto traballante [sale solo per l’aumento relativo dei tassi USA a causa della discesa sotto zero di quelli europei, dopo gli annunci di nuovi QE di Draghi]: nel 1980 stava succedendo più o meno la stessa cosa prima degli accordi del Plaza ossia non appena la crescita reale [crescita GDP – inflazione] dell’economia USA iniziò prima ad andare sopra lo zero e poi a salire con vigore, il PIL iniziò sì a salire ma assieme alla crescita iniziò a crescere anche il dollaro, fatto che rischiava di deragliare la crescita dell’economia USA a termine annichilendo l’export. Gli accordi del Plaza non fecero altro che sterilizzare la salita della valuta USA per via politica a pegno di maggiori consumi USA a favore dei mercantilisti interessati ad esportare in America.
Oggi contropartite che gli USA possono dare al mondo non ce ne sono, anche perchè passerebbero per il ridimensionamento geopolitico americano: a fronte del differenziale dei tassi che andrà a concretizzarsi tra USA (con tassi in leggera salita) ed EU (con tassi in lieve discesa ma in territorio negativo) nessun accordo del Plaza sembra oggi possibile, ossia l’economia USA dovrebbe in teoria implodere per via di un dollaro alto. Bene, se questo deve essere l’epilogo ben si spiega la disponibilità di Washington anche di fare una guerra per evitarlo. O, alternativa, far crollare il dollaro; il che determinerebbe la di fatto fine dell’impero del biglietto verde e dei consumi senza limiti degli USA con una valuta che da lì in avanti inizierebbe a risentire degli enormi deficit commerciali e di bilancio americani svalutandosi. Ossia, alla fine ci perderebbero tutti, gli USA che si impoverirebbero e diventerebbero autarchici [avendo enormi risorse interne a cui attingere] e gli esportatori stile Germania e Cina che non saprebbero più a chi vendere le proprie merci! Ecco perchè oggi siamo al capolinea di un trend durato settanta anni e che temo dovrà essere cruento visti gli enormi squilibri in gioco.
La verità è che l’egemonia del dollaro come valuta di riserva globale ha coinciso per 70 anni con la possibilità di Washington da una parte di fare deficit commerciali e di bilancio enormi senza una conseguente svalutazione del dollaro, alla fine si sono pagati preziose merci con carta verde di dubbio valore per quasi un secolo. La seconda è stata poter imporre aggiustamenti del biglietto verde a proprio piacimento, in salita se era il caso ma soprattutto in discesa quando serviva, in effetti andando a vedere la situazione pre-accordi del Plaza si capisce il capolavoro fatto dal duo Reagan-Volcker ai tempi (assieme ad un stimolo all’economia fatto di abbassamento di tasse fino ad allora altissime, di investimenti interni – scudo stellare ad es. – e di credito al consumo). E, prima di iniziare a dare i dettagli della teoria, va introdotto il concetto che oggi siamo in condizioni assai simili a quelle che portarono quattro o cinque anni dopo agli accordi del Plaza ma oggi con la condizione aggiuntiva di avere oggi gli USA in veste di attore traballante come superpotenza globale dopo 7 anni di Presidenza Obama – una presidenza assolutamente fallimentare, da qualsiasi parte la si guardi –; ossia oggi non è assolutamente possibile far accondiscendere gli attori globali ad un alleviamento dei danni da eccesso di debito dell’economia americana (tra tutte le use colpe, una delle più grandi della corrente presidenza USA – assieme agli enormi errori in politica estera – è stata non correggere le storture che portarono alla crisi subprime del 2008 impedendo quindi la crescita dell’economia reale ma solo di quello finanziario, ndr).
Situazione attuale: oggi l’economia USA non parte ma i tassi sono a zero, ossia prima o poi dovranno salire. Nella logica della finanza a tassi alti corrisponde inevitabilmente una salita del dollaro, fatto che implicherebbe una minore competitività della produzione a stelle e strisce e quindi un indebolimento a termine dell’economia. Insomma, da qui non si esce, gli USA non hanno come la Germania paesi periferici da far quasi fallire (Grecia, Italia, Spagna, Irlanda, Cipro, Portogallo, forse in futuro – a tempo debito – anche la Francia) per giustificare a proprio vantaggio una discesa della moneta unica sui mercati internazionali. Ancora, effetti il punto è che gli USA hanno una economia a se stante, la Germania si scherma dietro all’EU per crescere più degli USA con una valutata svalutata rispetto a quello che sartbbe il marco…
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Se poi uno ci pensa bene, il colpevole – direi anche il traditore – non può essere che uno, la Germania: unico soggetto tra quelli oggi influenti ad essere stato presente a NY nel 1985. Ossia, oggi la Germania ha la sua agenda e non è assolutamente interessata ad un indebolimento del dollaro, ucciderebbe la propria economia fatta di export e pur anche la sua creatura, l’EU, che le ha portato più vantaggi di una guerra continentale vinta. Infatti un indebolimento del USD comporterebbe prima di tutto il default delle economie meno solide e con produzioni a minore valore aggiunto, a partire dall’Italia che si vedrebbe in ogni caso tagliata selettivamente fuori ad esempio dalle forniture alle aziende tedesche stile VW in quanto per i teutonici in momenti di crisi va sempre messo al primo posto l’interesse del paese, quindi prima lavorano i fornitori tedeschi poi quelli stranieri (…). Parallelamente fu proprio la Germania ad evitare nel 2008 un indebolimento della NATO ad est con l’Ucraina, si sa i rapporti tra Putin e Merkel sono sempre ottimi, come lo devono essere tra un comandante del KGP ed un suo sottoposto. In tutto questo schema si è aggiunta la Cina, coinvolta da una presidenza innominabile come quella Obama che con la guerra in Ucraina non ha fatto altro che allontanare l’opinione pubblica dalla causa americana e soprattutto ha fatto entrare in scena la Cina come salvatrice di Mosca con lo swap finanziario Rublo-Yuan che fu alla base della fiammata del dollaro dalla metà dello scorso anno. In tutto questo è facile scorgere un piano di lungo termine atto a ridimensionare il ruolo USA nel mondo e a questo piano necessariamente partecipa – ed anzi ha come regista – la Germania. Il piano è semplice: uccidere gli USA minando la sua economia e quindi la pace interna di Washington per via economica. E per fare questo sembrerebbe che tutti gli indizi vadano verso un fare in modo di rafforzare il dollaro, uccidendo di debito Washington e facendo in modo che le proprie aziende non siano più competitive. Proprio quanto sta accadendo oggi, si spera alla viglia di una qualche forma di Plaza Accord successivo – o immediatamente precedente – all’aumento dei tassi USA. Fatto salvo che gli USA non facciano salter il banco. Ad esempio con una guerra seria.
Tutto chiaro?
Ossia, oggi gli USA devono far svalutare il dollaro se vogliono riprendersi il ruolo di potenza egemonica – ruolo che inevitabilmente passa per un vigore della propria economia – ma essendo in presenza di un ambiente esterno ostile: se è vero è che il Giappone resta un solido alleato [ma rimane inesistente a livello geopolitico], Cina e Russia sono decisamente contro, interessate a prendersi una fetta del potere oggi in mano agli USA e quindi interessate a deragliarne l’economia. In più gli alleati storici di Washington non pesano più come prima, troppo spesso immolati sull’altare tedesco (ad es. l’Italia di Berlusconi e gli UK di Cameron, ormai ininfluenti in Europa, possono solo allearsi [infatti, ndr]).
O meglio, per indebolire il dollaro, condizione necessaria per la ripresa USA, è necessario un macro evento o anche una serie di macro eventi: il conundurum è come fare ad indebolire il la valuta statunitense in assenza di un accordo stile Plaza – oggi impossibile a livello geopolitico – dovendo necessariamente (prima o poi) aumentare i tassi dallo zero attuale? Anche le aspettative dei mercati contano, e tanto! E, prima di questo, come fare ad attivare l’economia USA ? Si ricordi che la forza di una sistema – e quindi il titolo di dominus – si vede anche e soprattutto quando si riesce a fare muovere la propria valuta anche in momenti di difficoltà, anche svalutando se necessario.
Forse alla seconda domanda la risposta può essere relativamente semplice: investimenti interni, autarchia –ossia consumo prima i miei beni – e sviluppo del proprio mercato continentale ancora in via di sviluppo, ad es. il sud America. Ma come fare per indebolire il dollaro? Le possibilità ci sono e possono essere un mix di attivismo – e coraggio – finanziario ed attivismo in politica estera, anche in forme poco convenzionali per quanto riguarda la seconda voce. Ma questo sarà argomento di un successivo intervento, oggi lo scopo è solo individuare il problema.
Mitt Dolcino
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