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OCCUPATI O INATTIVI (di Ilaria Bifarini)

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inattivi

Si chiama “Occupati e Disoccupati” l’ultimo report diffuso in questi giorni l’Istat che fotografa la situazione del mercato del lavoro italiano.

Come spesso accade in economia i dati, sebbene scientifici e oggettivi, si prestano a molteplici interpretazioni. Per una corretta interpretazione occorre uno scrupoloso repulisti da inclinazioni ottimistiche e pessimistiche, sia da parte di chi li trasmette che di chi le recepisce. Insomma, la tendenza innata a vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto nella scienza economica non è ammessa.

Partiamo dai dati congiunturali diffusi dall’Istat relativi al mese di dicembre 2015 rispetto al mese precedente: il tasso di occupazione rimane stabile, senza distinzioni di sesso. A fine 2015 le donne occupate rappresentano il 47,1% della popolazione, con un aumento di 0,1% rispetto all’anno precedente, mentre gli uomini occupati (considerata una fascia di età che va dai 15 ai 64 anni) sono il 65,9%, un punto percentuale in più rispetto al 2014. Più rosea invece la condizione femminile per quanto riguarda il calo della disoccupazione: nell’ultimo mese dell’anno ha registrato un calo dello 0,1% rispetto al precedente, mentre sull’arco temporale annuale si registra una sostanziosa diminuzione dell’1,7%. Dunque si riduce in termini tendenziali il gap tra il livello di disoccupazione femminile e maschile (11,8% control l’11,1%), ma non quello del livello di occupazione. Come mai? Ancora una volta la risposta è da ricercarsi nella categoria degli inattivi, ossia di coloro che non lavorano né cercano un’occupazione. La schiera delle inattive sembra infoltirsi, sia in termini congiunturali che tendenziali; al contrario gli uomini si rimboccano le maniche e abbandonano lo stato di inattività, mettendosi alla ricerca di un lavoro.

tabella 3 istat

Analizzata la variabile sesso, passiamo a quella dell’età: come si distribuisce il tasso di occupazione della popolazione in età lavorativa, che in Italia si attesta su una media del 56,4%, per fasce d’età? Tra i 35 e i 49 anni il 72,1% della popolazione lavora, e il tasso di disoccupazione molto basso, incidendo del 7% sulla popolazione totale. Questa fascia di lavoratori riscontra risultati positivi sui livelli di occupazione e di calo della disoccupazione, sia in ordine congiunturale che tendenziale. Stesso trend per lo scaglione di età successivo, quello che va dai 50 ai 64 anni. Quando invece ci spostiamo verso i giovani, con particolare attenzione per quelli tra i 25 e 34 anni, ossia la popolazione dei giovani formata che si affaccia al mondo del lavoro, il tasso di occupazione è inferiore al 60%, con un tasso di disoccupazione del 17,1%, di gran lunga superiore alla media nazionale. (per non parlare di quella europea! ma per ora non vogliamo infierire). Anche qui il livello di disoccupazione ha registrato una battuta di arresto, diminuendo dell’1% in un anno, ma non abbastanza da compensare il tasso di inattività che è cresciuto dell’1,4%.

tabella 6 istat

Il focus sul tasso di disoccupazione può dunque fuorviare da una valutazione sullo stato di salute del mercato del lavoro italiano. Per rilanciare l’occupazione italiana, soprattutto quella giovanile, occorre cambiare prospettiva e avviare una lotta congiunta alla disoccupazione e all’inattività, quella condizione di sconforto e sfiducia che porta i a non cercare un lavoro.

 


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