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Occorre un nuovo modo di gestire banca e finanza (di Paolo Savona)

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Nell’intervista pubblicata sul Sole 24 Ore del 3 novembre, il Nobel per l’economia George Stiglitz ha affermato che gli economisti sono indietro nell’esaminare gli effetti sulla loro disciplina degli sviluppi dell’intelligenza artificiale.

Personalmente ritengo che il ritardo debba essere ancor più enfatizzato: si deve parlare di grave arretratezza, soprattutto nel comparto monetario e finanziario; limitandomi a quest’ultimo, le problematiche sollevate dagli sviluppi della telematica e dell’intelligenza artificiale riguardano il sistema dei pagamenti, quello del credito e la gestione del risparmio.

La tecnologia blockchain risolve il problema della protezione dalla messa a rischio del sistema dei pagamenti per l’uso che le banche fanno dei depositi per concedere il credito. L’economista Hyman Minsky aveva lungamente insistito sulla discrasia nascente dalla moneta serva di due padroni: per consentire gli scambi e per finanziare l’attività produttiva. È stato lungamente inascoltato ma, dopo la crisi finanziaria del 2008 è stato rivalutato, inducendo il prestigioso The Economist a presentargli le scuse postume per averlo ignorato in vita, rendendo omaggio alle sue idee. Allora non esisteva lo strumento affinché le due funzioni potessero essere scisse; oggi con la tecnologia blockchain è non solo possibile, ma necessario farlo a seguito del diffondersi delle criptovalute (bitcoin, ethereum, ecc.) che espropriano la sovranità monetaria dello Stato che passa nelle mani dei “minatori” privati. Il sistema dei pagamenti è ciò che gli economisti chiamano public goods – come sono la magistratura, l’ordine pubblico e la difesa – e lo Stato ha il dovere di fornire il servizio in un circuito privo di rischi ed efficiente, appunto quello fornito dalla citata tecnologia telematica.

Questo giornale segue attentamente gli sviluppi microeconomici, che portano vantaggi agli operatori, ma essi vanno integrati e posti in equilibrio con quelli di sistema, ossia macroeconomici.
Gli algoritmi basati sull’intelligenza artificiale (“algos” nel lessico finanziario) aprono nuove possibilità alla gestione oggettiva e sicura dei risparmi e del credito che i metodi tradizionali oggi usati non possono garantire. Nelle gestioni del risparmio gli algos sono frutto di elaborazioni di corposi data base (dai 2.500 e oltre variabili di diversa origine) che ottimizzano le scelte facendo ricorso a tecniche matematiche, fisiche e biologiche che si avvalgono della swarm intelligence, di reti neurologiche e di logica genetica. I termini possono stordire o indurre al sospetto, ma c’è sempre un modo per capirne il significato: la swarm intelligence è la tecnica che individua in un insieme di dati quelli che sono legati tra loro da una qualche logica, ossia fanno sistema; come se si osservasse il volo di uno stormo di uccelli (o sciami di api) in continuo movimento di forme, che ha però al suo interno una composizione che l’occhio umano percepisce, ma l’intelligenza artificiale decodifica con esattezza; le reti neurologiche colgono l’interazione degli impulsi provenienti da varie fonti (culturali, comportamentali e fisiche) per trarre conclusioni di come andranno le cose; la logica genetica coglie le tendenze evolutive di un fenomeno, come quelle che Darwin osservò in natura, che l’occhio umano non può cogliere, ma può l’intelligenza artificiale.

Se trattata con queste tecniche, l’evoluzione di qualsiasi attività finanziaria o indice di borsa lascia le proprie tracce, come l’impronta digitale di un uomo, rendendo le sue peculiari caratteristiche individuabili nel tempo. Per queste valutazioni l’occhio umano è tagliato fuori e viene normalmente sostituito dal “fiuto” (o “nasometro”) o da indicatori parametrici che però non possono cogliere la complessiva e variabilità degli andamenti. Da ciò deriva la caratteristica di oggettività e sicurezza del metodo.

Le gestioni del risparmio ricorrono già all’intelligenza artificiale, sia pure in misura ridotta rispetto alle possibilità, mentre per le scelte di merito di credito si è ancora molto, ma molto lontani. Le banche si sono dedicate a sfruttare le tecnologie di pagamento dove i guadagni sono certi e hanno abdicato alla loro funzione legittimante, quella di essere magistrati del merito di credito. Il sistema regolatorio pubblico diviene sempre più complicato perché insegue l’illusione che con i parametri di bilancio si possano raggiungere una protezione del risparmio e una concessione del credito più efficiente ed efficace. L’oggettivizzazione e la sicurezza che le nuove tecnologie telematiche e l’intelligenza artificiale possono garantire sono un ottimo sostituto dei metodi attualmente seguiti dai privati e dagli organi pubblici di vigilanza, a condizione che lo Stato (o la BCE) divenga monopolista della creazione monetaria, come deciso dalla Russia con il criptorublo; le criptovalute consentono di eliminare il possesso illecito di moneta o i costosi e inefficaci sistemi di lotta al riciclaggio di danaro sporco.

Questa è solo una rapida carrellata sul problema dell’arretratezza degli studi di economia sollevato da Stiglitz, ma vi è qualcosa di più profondo che riguarda anche la sua stessa ben nota produzione econometrica. Per semplicità sosterrò che, in economia, da John Stuart Mill in poi il metodo induttivo (ossia fiuto e rozzi parametri) è stato sostituito da quello deduttivo, diffondendo modelli interpretativi basati sullo sviluppo logico rigoroso di assunti secondo lo schema consueto del “se…allora…”; a seguito di raffinati sviluppi matematici questo metodo ha condotto a complessi modelli econometrici il cui uso a fini previsivi si basa sulla logica che il futuro continui a comportarsi come il passato; ciò avviene sempre meno, con continui mutamenti di previsione che rendono quasi inutili le previsioni. Il metodo induttivo, scacciato dalla porta delle università, rientra dalla finestra con caratteristiche scientifiche anche superiori, appunto quelle degli algos brevemente indicate (avverto però che di tecniche algos Pedro Domingos, nel suo Master Algorithm, ne indica sette).

Questa è la vera rivoluzione metodologica di fronte alla quale si trova la nostra professione. Continueremo ad assegnare tesi di laurea o PhD e mandare in cattedra chi ci riempie di econometria e dimostrazioni esclusivamente matematiche? Continueranno Governi, enti di ricerca pubblici e privati a spendere ingenti somme per continuare a produrre modelli econometrici poco utili per interpretare gli andamenti economici?

Paolo Savona, Il Sole 24Ore, 7 novembre 2017


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